Negli ultimi anni mi sono fermata molto a osservare le
classi, il cambiamento delle relazioni tra alunni, tra alunno e insegnanti e
tra insegnanti e genitori. Contemporaneamente, fuori da scuola,
richiamava la mia attenzione il modificarsi del linguaggio anche
negli spazi più formali, senza parlare degli scambi comunicativi cui mi sono
trovata spettatrice per strada.
Spesso, come credo a tanti di noi, il mio pensiero é tornato
alle regole della mia infanzia, a scuola e in famiglia, a quei punti fermi che
regolavano tutto. E, pur essendo una docente orientata all'innovazione, su
quest'aspetto ho deciso che era venuto il momento di recuperare dalla
tradizione le regole di buona educazione, e di farlo in modo intenzionale e
sistematico.
E' arrivato subito un appunto: “Cosa pensi di fare se a casa
si esprimono così, se questi sono i modelli che respirano?" Lo capisci che
siamo impotenti?”.
Ma sono andata dritta per la mia strada, convinta che siano numerose
le persone che si guardano indietro con nostalgia e che hanno voglia di
relazioni rispettose dei ruoli (bambino-adulto, figlio-genitore,
alunno-insegnante...) e delle regole di buona educazione, e che tante famiglie
sarebbero felici di un supporto in questo senso. Ho anche guardato alla scuola,
già in forte sofferenza, e ho pensato a quanto certi piccoli interventi
avrebbero fatto bene al riconoscimento del ruolo educativo e sociale di questa
istituzione nella quale io credo tantissimo.
E ho lavorato, intransigente prima di tutto con me stessa, ferma nella
convinzione che il modello passa prima di qualunque parola, e che cambiamenti
di questo tipo non si fanno appendendo un cartello alla parete, con regole più o
meno condivise, ma modificando i piccoli comportamenti quotidiani.
Il mio lavoro, così mi sembra giusto chiamarlo, l'ho
orientato in tre principali direzioni: educazione di base (saluto, relazione
con l'adulto, comportamento nei diversi contesti), cura dello spazio classe e
del proprio setting di lavoro, puntualità (orari, consegne, comunicazioni
scuola-famiglia).
L'eventuale discordanza con la gestione delle regole in
famiglia, io non l'ho vissuta come un ostacolo. La scuola può comunque proporre
un proprio sistema di regole che può essere assunto, certo la cosa migliore, o essere sua peculiarità. In ogni caso, fa bene alla scuola e fa bene
al gruppo che lavora insieme.
Io, tuttavia, guardo con fiducia agli effetti delle tante ore
che i nostri alunni trascorrono a scuola.
Così, se venendo a trovarci, sarete accolti da bambini che
vi saluteranno alzandosi in piedi, senza sedersi fino al cenno
dell'insegnante, o osserverete una classe in cui nessuno inizia a
consumare la merenda senza aver ripulito con cura i banchi, apparecchiato con la tovaglietta e aver atteso di essere tutti pronti per darsi il collettivo
buon appetito; se doveste osservare dei bambini lavorare con il solo necessario
ben disposto nel loro spazio, sempre pulito e curato; se, consegnando un avviso, avrete la soddisfazione
di ritrovarlo subito firmato e pronto sul banco per essere riconsegnato al
momento dell'appello… non pensate di essere tornati indietro nel tempo. Sentitevi
dentro l'investimento per un futuro migliore.
E ricordate che un sistema di regole non serve al controllo,
quanto a un clima sereno e al rispetto di tutti, fondamentali per un ambiente
di apprendimento in cui si vuole che regnino la collaborazione e una didattica
a bassa direttività.
Per capirci: le regole sono la base per una buona
organizzazione che é la base per una didattica partecipata.
Perché condivido questa riflessione? Perché proprio nei
giorni scorsi, prendendo in mano il numero di settembre de “La vita scolastica”,
ho avuto il piacere di leggere di educazione nell’editoriale di Carla
Ida Salvati, direttrice della rivista, e ho provato un piacere infinito, convinta che se a crederci fossimo in tanti sarebbe davvero un'altra cosa.
Diciamolo chiaro:
se possiamo accontentarci di costruire un sistema di regole ricondotto solo
alla scuola, non possiamo essere efficaci se noi insegnanti parliamo una lingua
diversa.
Su regole, buona educazione e organizzazione, questa ne fa
ben parte, bisogna avere il coraggio di dirlo, la diversità non é ricchezza, ha
un solo nome. E questo nome é caos.
"Il bello è che la buona educazione è contagiosa…
il brutto è che lo stesso vale per la cattiva!!!"