Ieri, il rientro nel nuovo anno è stato caratterizzato da una giornata di
lavoro intensa e ricca di novità e io voglio raccontarvela come avrei fatto su
un diario di bordo.
Se dovessi dare retta ai dubbi, probabilmente lascerei queste pagine a perdersi tra i tanti appunti che prendo e che mi vergogno di condividere. Ma ho deciso di non farlo.
Mi piace l'idea di aprirvi le porte anche così, di farvi guardare dentro le piccole scelte che guidano gli apprendimenti dei vostri bambini.
La nostra mattinata si è aperta come sempre con l'appello fonologico, ma con
un avvertimento... i nomignoli associati ad ognuno non potevano essere ancora in
tema natalizio, le feste sono finite! Così abbiamo avuto delle nuove sorprese.
Le più curiose? Chiara Costituzione e Daniele Dna :-) Chi se l'aspettava! Una
cosa è certa, non mi è stato possibile passare dritta. Così, 7 gennaio 2015,
seconda elementare, il primo giorno del rientro è stato destinato a scoprire se
e come i bambini sapessero qualcosa su Costituzione e Dna per poi arricchire...
Non male come inizio.
Subito dopo, spostamento nella parete in fondo dove sono rappresentati i
mesi dell'anno. Come tutti i cambi mese era arrivato il momento di trasferire la
freccia rossa a quello successivo. Ma non poteva certo essere fatto con
leggerezza. Questa volta, con dicembre, salutavamo l'anno intero per
passare a quello nuovo. Perciò saluto solenne, per poi riflettere sul fatto che
il 2015 ci avrebbe trovato tutti più "vecchi". Quindi: cambio mese,
i nati a dicembre (durante le vacanze), i nati a gennaio, quanti anni compiremo in questo
anno, in che stagione siamo, quale era la precedente, quale sarà la successiva…
insomma un bel rinforzo. Ma soprattutto… che anno è finito? Arriva la risposta
da Lucilla “L’anno solare!”. Bene. “Perché si chiama anno solare?” E così
abbiamo avuto di nuovo il sole (Daniele) e la terra (Erica) per vedere il
movimento della terra intorno al sole e, contemporaneamente, intorno a se
stessa e parlare ancora una volta del tempo: un giorno (24 ore), il tempo di
rotazione della terra intorno a se stessa; un anno (365 giorni), il tempo di “rotazione”
della terra intorno al sole. Ci torneremo ancora per capire tutta un’altra
serie di cose… ma per ora va bene così.
Cambio posizione, torno davanti, ritorno ai compleanni. È il momento di
festeggiare Davide (non possiamo mica trascurarlo perché compie gli anni durante
le vacanze?). E poi lo sappiamo bene che anche se festeggiano fuori da scuola,
aspettano il momento del canto tutti insieme, del loro turno per essere presi
in braccio a volare e girare (sì avete capito bene…) e in cui spetta loro
scegliere un piccolo dono (proprio simbolico). Niente di che, ma tutto questo è
speciale perché avviene a scuola, con i compagni.
È il momento di proseguire. Io penso… è il caso di raccontare le vacanze e
vedere ora le attività svolte? No, penso proprio di no. Dico ai bambini che, dato che è da tanto che non si vedono, avranno una ricreazione lunga in cui potranno raccontarsi le cose e giocare
insieme, e passo oltre…
Trecentosessantacinque i giorni dell’anno. Questo numero lo voglio
recuperare. Vado alla lavagna in ardesia (noi malati di LIM siamo ancora senza
lampada!), scrivo il numero: 365. Chiedo di leggerlo, chiedo da che cosa è
formato. Le risposte arrivano naturali. Prendo i BAM. Tre piatti, sei lunghi,
cinque corti. Li sollevo, contiamo insieme. Ricordiamo i nomi: piatto/centinaia,
lungo/decine, corto/ unità. Li riosserviamo uno ad uno e ne diciamo il valore: unità
1, decina 10 unità, centinaio 100 unità/10 decine. Bene, nessuna difficoltà.
Scrivo alla lavagna qualche altro numero e ne chiedo la scomposizione. Il centinaio è ripreso. È una quantità che ha
una forma e di cui hanno chiara la composizione.
Nel frattempo ho deciso… meglio continuare oralmente. Oggi sul quaderno
lavorerò solo con l’italiano. Mi sembra il giorno giusto per “aprire” ciò che
poi approfondiremo nelle prossime settimane.
Prima vado a verificare alcuni contenuti.
Scrivo le decine una dietro l’altra: 10, 20, 30, 40… 100 e chiedo ai bambini
il numero precedente e successivo. Si sa, a volte il precedente di questi
numeri crea qualche difficoltà. I bambini rispondono tutti senza problemi.
Procedo.
Di nuovo alla lavagna. Voglio verificare ancora. Rappresento una specie di
sole, metto al centro il numero 10 e alla fine di ogni raggio con la freccia
verso il centro scrivo i numeri da 1 a 9. Poggio il dito su ognuno e chiedo la
coppia, passo dall’uno all’altro veloce. Nessun problema. Modifico il disegno.
Aggiungo uno 0 dappertutto, i bambini mi seguono a voce alta. 10 diventa 100, 1
diventa 10, 2 diventa 20, 3 diventa 30… Faccio la stessa richiesta e le risposte
arrivano veloci e sicure. Solo due o tre stentano, ma poi si ritrovano. Su
queste cose abbiamo lavorato molto, sono la base per il calcolo mentale.
Ancora… li vedo svegli e attenti. Guardo l’orologio: le nove e venti. Posso
continuare.
Illustro un numero: quarantaquattro. Quarantaquattro palline con la
rappresentazione analogica.
Mi sposto sui bambini: “Ditemi un modo per formare il quarantaquattro”.
Sicurissimi vanno con addizioni e sottrazioni. Dennis e Alessandro come sempre
propongono sottrazioni grandi. Dennis apre: 100–56 e Alessandro addirittura
continua riprendendone la logica 300–256. Qualcuno si stupisce, per molti è
ancora il tempo di calcoli più semplici. Ma non importa, tutti sono esposti a
questi nuovi ragionamenti e si interrogano e chiedono… per il resto, nessun
problema, il numero è lì con una rappresentazione chiara e i bambini hanno
capito come smontarlo e rimontarlo. Poco importa se ancora avremo 10+5+5+5+5+14 o 50–6. Va benissimo! Però c’è qualcuno che stenta. Due o tre. In un
caso questa attività fa spuntare le lacrime. Io le vedo e per il momento passo
oltre. Poi illustro un numero più piccolo, uso una maschera come facilitatore e
ripropongo la domanda. Le risposte arrivano e il sorriso ritorna. Non
sopporterei di lasciare qualcuno con la convinzione di non saper fare qualcosa.
Riduco la difficoltà, li guido, ma voglio far trovare soddisfazione con la
stessa richiesta. Devono scacciare le ombre e riuscire a vedere.
Dovrei aver finito? E invece no, loro sono abituati ai tanti stimoli.
L’attenzione è ancora alta… procedo!
Scrivo un’addizione in colonna con il cambio (non ne abbiamo ancora fatto):
59+25. Chiedo di cosa si tratti. Nessuno dice “È una più”, come succedeva
qualche volta. Ora dicono subito “È un’addizione!”, sanno bene che più è il
segno e non il nome dell’operazione.
Ma non mi basta. Chiedo di che addizione si tratti. Allora rispondono… “In colonna!”. Voglio sapere ancora per quale motivo alcune operazioni si facciano in colonna. Rispondono e chiedo di risolverla. Dennis dice subito il risultato. Lo accolgo e chiedo
come abbia fatto. Ne approfitto per ragionare ancora sul fatto che il calcolo a
mente vada prima sulle decine.
Prendo atto del fatto che i “matematici della classe” calcolano a mente
anche con il cambio. Interessante… sfrutteremo questa capacità perché riescano
ad esprimere il loro ragionamento in modo che sia utile anche agli altri.
Ritorno all’operazione in colonna. Qualcuno interviene: “Prima le unità e
poi le decine!”. Sommano le unità e si accorgono che il risultato è 14. Io lo
scrivo sotto le unità e aspetto una reazione. I bambini mi dicono
immediatamente che le decine non posso lasciarle lì. Capisco che sono pronti,
questo è quello che succede quando il momento della presentazione di un nuovo
contenuto arriva solo a “etichettare” un apprendimento che scorre in modo
naturale.
Procediamo e concludiamo senza problemi. Però non mi può bastare.
Prendo il banco di Alessia e lo metto al centro, in modo che sia visibile a
tutti. Scrivo un’altra addizione e chiamo due bambini. Li invito a formare con
i BAM il primo addendo e il secondo
addendo mostrando i blocchi ai compagni.
A questo punto chiedo di unire le unità. Sono 17. I bambini dicono subito
che 17 non possono tenerle, che possono prendere un lungo al posto di 10. Sono
lì e non devo fare praticamente niente. Fanno tutto loro. Intervengo solo
perché utilizzino il termine giusto. Chiedo quale sia l’azione che consente di
fare questo. Non ci arrivano. Così chiedo loro cosa facciano solitamente quando
uno vuole una figurina al posto di un’altra. Ecco, ci siamo: “Le scambiamo!”
“Allora qui l’azione che devo fare qual è?” “Lo scambio!”.
“Va bene”, dico io, “Si chiama
cambio!”
Si avvicinano alla cassetta dei BAM e cambiano dieci unità con una decina,
tornano nel banchetto e sommano tutto. Rappresentiamo alla lavagna quanto hanno
svolto e ormai non ci sono dubbi.
Ma non può bastare ancora. Rinforziamo con qualche altra operazione. Nel
frattempo io vado con il pensiero alla LIM. Accidenti, penso, se fosse
funzionante ora con il software di Ivana Sacchi potrebbero tutti ripetere
velocemente l’esercizio con e senza BAM. Pazienza…non c’è. Non sarà l’assenza
della LIM a condizionare il nostro lavoro.
Dico ai bambini che quanto prima metterò la consegna con il software su
Edmodo, mentre dopo la merenda chi dovesse avere problemi a casa potrà utilizzarlo in classe.
Con la matematica basta. Abbiamo aperto abbastanza. Nelle prossime settimane
ci sarà tempo per rinforzare ed esercitarsi.
Guardo l’orologio. Sono le 10.10. Incredibile quante cose si riesca a fare
con il lavoro orale. Ecco perché non mi ha mai convinto il fare sempre tutto per
iscritto. Spesso e volentieri significa sacrificare gli stimoli, rallentare il
pensiero…mi sembra uno spreco. L’importante è sapere che non sono apprendimenti che butti lì. Bisognerà tornarci ancora.
Decido di andare avanti fino alle 10.45. Guardo Soana, la collega di sostegno,
e mi interrogo. Starò esagerando? Ma io li vedo e procedo sicura. Poi so che
quando cambio completamente attività e modalità, loro sono pronti a
ricominciare.
“Prendete il quaderno di italiano! Ma aspettate non scrivete ancora la data…”
Sui banchi fino a quel momento vuoti, vedo comparire solo i quaderni. Nessun
astuccio, tutto sotto il banco. Ormai lo sanno “setting pulito”. Sul tavolo solo ciò che serve.
Ci siamo. Vado verso l’armadio. Prendo una confezione di penne cancellabili tenute
insieme da un nastro celeste. Non dico niente. Mi porto al centro dell’aula e
le mostro.
“Che cosa sono?”. Ci mettono un po’ a ricordare. Ma poi le riconoscono: “Le
penne che ci ha regalato maestra Maria Efisia!”
Indago: “Quando ce le ha regalate?” “Secondo voi perché ha voluto lasciarci proprio
questo dono?”
Arrivano le risposte. Il pensiero torna indietro all’anno scorso, al giorno
della proclamazione ufficiale delle promozioni. Al momento in cui abbiamo
dovuto salutare una maestra a noi tutti tanto cara. Sì, era quello il momento.
Sì, ce le ha regalate perché dopo essere stata con noi per la conquista del
corsivo, voleva essere ancora con noi in questo importante passaggio.
Faccio in modo di dare solennità a questo momento. Sono tappe importanti, voglio
che le sentano e che le ricordino.
Le penne riportano una piccola etichetta con il nome di ciascuno. Con il
pensiero ringrazio maestra Maria Efisia che, anche a distanza, mi aiuta nella
forza che voglio dare a tutto questo. Provo le penne su un foglio di carta e li
chiamo ad uno ad uno per consegnarle.
Loro felici le ritirano e se le guardano. Cosa saranno, ne hanno già visto tante…
Ma non è così. Questa è la loro prima penna e oggi la utilizzeranno per
scrivere.
Siamo quasi pronti, ma non ancora. Spiego la differenza fra la penna e la
matita e do qualche consiglio d’uso. Invito a cancellare solo i piccoli errori e
a sottolineare se si tratta di pezzi più grandi. Spiego che questo è un passaggio intermedio perché, nei prossimi anni, utilizzeremo la penna non
cancellabile.
Ora siamo pronti. “Scrivete la data!”
L’emozione la potete immaginare da soli. A questo punto c’era l’impegno dei
primi esercizi in corsivo e maestra Maria Efisia era lì. Io la vedevo, e forse
anche loro…
Grazie maestra, grazie collega preziosa.
A questo punto, è finito il tempo delle “aperture”. Detto una consegna. È un
esercizio in cui proporrò una prima analisi strutturata delle frasi (analisi
logica) e dei nomi in esse contenuti (analisi grammaticale). Ma non dico
niente. Scriviamo e basta. Spiegherò tutto dopo la pausa della ricreazione.
Scriviamo, controlliamo e tutto sotto il banco.
Sono le 10.45, è arrivato il momento di fermarsi. Riprenderemo alle
11.45/12.00, dopo il bagno, la merenda, la registrazione dei libri della
biblioteca di classe, le chiacchiere, i giochi…
Dopo la ricreazione è tempo di “completamento”. Il lavoro previsto è semplicemente
quello di fare per iscritto qualcosa che abbiamo già fatto tante volte
oralmente. E se non dovessimo finire oggi, non importa. Il quaderno si chiude e
si riapre domani.
Li guardo e mi sento bene. Stamattina, come tutti, sarei rimasta volentieri
a casa. Non è mai facile rifare i conti con le responsabilità. Ma è bastato
poco per ricordarmi che questo lavoro mi piace proprio.
Sì, siamo di nuovo qui.
Buon anno!