venerdì 14 maggio 2021

Didattica a bassa direttività: la strada che vedo, la strada che percorro

Venerdì 14 maggio, ore 10:00

Pausa di un'ora nella mia attività didattica di oggi su digitale. I bambini, al momento, sono impegnati con l'attività di religione o di alternativa, e io sono qui che, ancora una volta, faccio fatica a trattenere l'emozione di ciò che ho osservato questa mattina, durante i primi cinquanta minuti di attività.
Davanti a me, i bambini, organizzati in stanze, impegnati a completare le risposte alle domande sui consumi digitali che hanno preparato loro stessi per la nostra indagine destinata ai compagni della scuola. Devono testarle e individuare, tra le risposte, le voci da inserire nel questionario che abbiamo deciso che sarà prevalentemente a scelta multipla per facilitare la raccolta e l'elaborazione dei dati.
Nel mio schermo ho tutte le stanze, compresa la plenaria, nel caso in cui qualcuno abbia bisogno di me, ma attivo l'audio di una alla volta e mi immergo, tanto che faccio fatica a spegnere per attivare l'audio della successiva. I coordinatori svolgono il compito in modo impeccabile e i gruppi si sono autogestiti per gli altri incarichi. Ogni tanto si divaga - e meno male, visto quello che arriva - ma c'è sempre chi riconduce al compito. Le domande sono sulla chat, le risposte nei blocchi personali delle bozze. E c'è un gruppo che è arrivato alla fine del lavoro. Così decido di trattenermi di più mentre rileggono ogni domanda e le risposte. Sono stati raccolti i pensieri di tutti tutti. Io osservo: organizzazione, attenzione alla consegna, la loro capacità argomentativa, il linguaggio, i consigli che offrono e raccolgo informazioni sui loro consumi digitali di cui sapevo poco o niente e nomi di applicazioni che so già che non saprò nemmeno scrivere.
Così sono qui che ragiono su una scuola che ancora separa, quando per tanti è diventato praticamente l'unico luogo in cui stare insieme attorno a progetti comuni. Penso al valore dei loro scambi tra pari, di come si supportano, delle contaminazioni. E penso che questo che ho davanti oggi, già da solo, trasforma la scuola in un'altra cosa.
Eppure siamo ancora lì. Agli alunni distanti, alla collaborazione tenuta fuori a vantaggio della competizione e della classificazione - Non aiutatevi, devo capire che cosa sai fare tu, proprio tu, da solo - all'errore demonizzato, al controllo costante dell'adulto.
Chi mi conosce sa che c'è una parola che ripeto di continuo e che trova spazio in tanti incontri che organizzo. Questa parola è "costruire". Ecco, per me la scuola è questa. È quella che costruisce, che mette insieme, che riconosce il valore aggiunto dell'apprendimento collaborativo, senza che gli insegnanti vengano meno al ruolo di creare contesti, mettere a disposizione materiali, guidare la metacognizione e gli approfondimenti.
Per me la scuola è quella che non ha fretta di valutare, ma è luogo in cui si osserva molto, di continuo, e con le osservazioni guida, sostiene, offre strumenti su misura. Ma sa aspettare. Sa che certe conquiste hanno bisogno di tempo. Di fiducia.
Ieri sera, ero con tante insegnanti, genitori, dirigenti, studenti universitari a ragionare di Cittadinanza. E parlavamo di una cittadinanza che non può stare racchiusa in un'ora dedicata all'educazione civica, ma che si costruisce giorno dopo giorno.
Oggi, sempre con più chiarezza, so che, per farlo, più di qualunque altra cosa, conta chi scegliamo di essere e la scuola che facciamo.
Sono felice di avere scelto di documentare tutto questo in modo puntuale. Essere su digitale mi ha offerto la possibilità di una documentazione impossibile in presenza, non con i nostri strumenti. E io sento di avere un tesoro fra le mani perché questi materiali dicono più di qualunque libro.
Basta sostare davanti a queste immagini vive per leggere il valore aggiunto della bassa direttività e fugare ogni dubbio.
È un lavoro impegnativo, certo, ma io, che pure vivo nel dubbio continuo, sento che la strada è questa.

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