lunedì 25 febbraio 2019

A proposito di didattica a bassa direttività


La mia didattica la chiamo da tempo "a bassa direttività", e ho difeso sempre questa mia definizione anche davanti a chi sosteneva, e sostiene, che una bassa direttività non esista, per intendere che dietro qualunque scelta didattica, anche con spazi di autonomia, c’è sempre una progettualità forte, una chiara intenzionalità che guida ogni scelta. Vero.
E a questo aggiungo un'organizzazione forte, tant’è che considero la capacità organizzativa una competenza fondamentale del docente.
Però quella bassa direttività la difendo, e la difendo sempre di più, per la necessità, dandole il nome, di riconoscerle, con piena consapevolezza, uno spazio tutto suo.
Per me c'è un momento dell'apprendimento nel quale il docente deve davvero spostarsi e so quanto per tanti sia difficile, ne sono prova le numerose esperienze con ospiti in classe, i quali, nonostante io ne faccia esplicita richiesta, in modo inconsapevole, finiscono sempre per entrare.
Per me è a bassa direttività quel momento dell'agire didattico in cui passo la palla ai bambini e mi sposto. Lascio che si misurino con la richiesta, che cerchino un loro modo di organizzare il lavoro, che si confrontino nel cercare strade, che sbaglino.
Questo dopo una chiara fase organizzativa e dopo aver condiviso anticipatamente la rubrica (ingresso recente, con una forma adatta anche ai bambini molto piccoli) con la quale dovranno autovalutarsi nelle diverse dimensioni a conclusione del lavoro.
Lo so che non dico cose nuove; lo so che di queste pratiche sono pieni i manuali e le riviste. Il punto è che poi il vero assente dalle nostre pratiche è proprio il momento in cui ci spostiamo. E lo stesso vale in famiglia. Spesso è la volontà di economizzare il tempo, di vedere un risultato immediato a non consentirci di vedere quanto – proprio il tempo – diventi un investimento importante in prospettiva.
Insomma, io credo che i nostri bambini si trovino a fare i conti con la nostra difficoltà di liberare.
Ma come consentire ai bambini quella capacità di "smontare e rimontare significati", di costruire un proprio personale metodo di lavoro, di sviluppare autonomia e responsabilità?
Certo in questo agire diventa fondamentale il tempo che si dedica alla fase metacognitiva, allo spazio per la riflessione sulle proprie scoperte e per il riposizionamento e arricchimento (quella che negli EAS è definitiva fase ristrutturativa). Ma anche in questo spazio è molto importante guidare e non sostituirsi, per poi entrare alla fine.
Spostarsi significa anche tenere la motivazione alta; evitare - per dirlo con Freinet - di dare da bere al cavallo prima ancora che senta lo stimolo della sete, e scegliere che i nostri alunni provino vero e proprio piacere nel giocare con i saperi.
Può farsi divertente una partita se noi sottraiamo di continuo la palla?
Quella a bassa direttività è dunque una didattica che richiede chiarezza progettuale, cura dell'organizzazione, dal setting ai mezzi e strumenti a disposizione. Ma ad essere necessari, più di tutto, sono fiducia, l’assenza di fretta e uno sguardo lungo.

Provo a darne un esempio pratico dal percorso svolto in classe la scorsa settimana.
Sono attività proposte durante il Visiting (alla presenza di un gruppo di colleghe neo immesse in ruolo, accompagnate dal referente USR) e durante Aula aperta (alla presenza dei genitori).

Parliamo di una bassa direttività con proposte ancora molto strutturate.
Siamo in prima elementare, nel mese di febbraio. Abbiamo appena cominciato a costruire.

Si tratta di un lavoro sulla sintassi articolato in tre attività che si succedono in tre giorni diversi.

PREMESSA

Scelgo di lavorare sulla struttura della frase anche se la strumentalità di base non è completamente acquisita. Anzi, utilizzo la proposta per sollevare il tiro anche in questa direzione: sollecitare la lettura autonoma e la produzione scritta.
Organizzo l’attività in modo collaborativo, formando delle coppie eterogenee (oltreché per il mio privilegiare l’apprendere insieme, si tenga conto che queste sono proposte che al momento sarebbe impossibile svolgere individualmente). In ogni coppia inserisco un bambino che legge scorrevolmente e uno che ancora mette insieme i suoni ma ha bisogno di più tempo per recuperare il senso complessivo, con l’impegno – i bambini questo lo imparano in fretta – che collaborare non significa mai sostituirsi.

PRIMA ATTIVITÀ

Recuperando un’esperienza proposta precedentemente con una sola frase, rinforzata anche con un’attività al pc, invito i bambini al riordino di dieci frasi con un tempo di 45 minuti scanditi da una clessidra visibile a tutti sulla LIM.
A ogni coppia consegno una busta contenente dieci frasi in disordine, tratte da esperienze vissute (le parole sono scritte con un carattere molto grande e in stampa maiuscola che, al momento, è ancora il nostro unico allografo) e una tabella nella quale registrare le frasi una volta ricomposte. Questa è suddivisa in due colonne: a sinistra il numero della frase, a destra lo spazio per la trascrizione. Più righe per ogni cella.
L'indicazione è quella di leggere bene prima ogni parola (mi interessa sollecitare lettura e comprensione), fino a riconoscerle con rapidità, in modo da facilitare la ricomposizione delle frasi.
L'unica regola stabilita, oltre quelle che caratterizzano ogni lavoro di gruppo, è che non può essere presa una nuova frase fino a che non siano stati completati l'ordinamento e la trascrizione della precedente.
Parte il timer, per 45 minuti (che si sono rivelati troppi!). I bambini lavorano senza supporto alcuno. Gli adulti sono presenti ma possono solo osservare.
Si rilevano difficoltà organizzative (mancato riordino dei materiali prima di pescare la frase successiva; interessante per dare indicazioni a posteriori sul metodo di lavoro) e nell’utilizzo della tabella (avendo inserito due righe per cella, i bambini tendono a registrare le frasi di seguito, senza fare attenzione allo spazio riservato a ogni singola frase).



A fine lavoro, dopo aver riordinato tutto, procediamo con una riflessione collettiva partendo dalla rubrica che in una seconda fase sarà proposta individualmente.

Voci individuate:
  • ho capito la consegna;
  • ho letto le parole con facilità;
  • ho riordinato le frasi senza difficoltà;
  • ho collaborato con il mio compagno (o compagna);
  • ho partecipato alla copiatura delle frasi;
  • ho rispettato le regole del lavoro di gruppo.


Subito dopo, mostrando sulla LIM le tabelle fotografate a fine lavoro, diamo lettura delle frasi riordinate, lasciando che siano i bambini a rilevare quando le frasi non hanno senso, sino a proporre una nuova struttura.
Al termine, i bambini, con opportuna sollecitazione, muovendo proprio dalle frasi senza significato, hanno imparato che una frase non è un gruppo di parole (qualcuno di loro aveva introdotto l'analogia con i numeri: la parola è un'unità, la frase un gruppo, terzina, quartina, cinquina.... a seconda del numero di parole che la compongono). Ma hanno anche appreso che per parlare di frase non è sufficiente disporre di più parole, ma è necessario che siano composte in modo da avere un senso.


SECONDA ATTIVITÀ

Ripropongo le stesse coppie della volta precedente (ormai saranno le stesse fino alla conclusione dell’intero percorso) e rinforzo quanto appreso con la prima attività invitando i bambini ad esprimersi.
Subito dopo metto a disposizione un cestino con tante parole (do anche un nome all'attività-gioco: "Il pescaparole") e lo posiziono in un banco facilmente raggiungibile da ogni postazione.
Questa volta la consegna è quella di pescare le parole, una alla volta, produrre una frase con ognuna per poi trascriverla nella tabella che consegno. In questa sono previste due colonne: nella prima devono essere riportate le parole pescate; nella seconda le frasi. La tabella è del modello di quella precedente ma l’ho riorganizzata tenendo conto delle difficoltà osservate nella prima attività.
Faccio partire il timer sulla LIM (40 minuti, anche questa volta troppi) e mi sposto completamente. Lo stesso fanno i papà che sono in classe: girano tra le isole ma non intervengono.
Le osservazioni sono interessanti. Inizialmente qualche coppia, nonostante i bambini abbiano dimostrato di avere chiaro che la frase non è una parola e che, per definirsi tale, deve essere comprensibile, scrivono solo parole o compongono frasi senza senso. Ma piano piano, quasi per osmosi, rileviamo un'evoluzione incredibile in tutte le coppie. Le frasi prendono forma ed iniziano ad essere organizzate. Anche qui è importante lo sforzo di scrittura autonoma, che alcuni garantiscono supportandosi con l'alfabetiere per quei suoni con i quali hanno ancora difficoltà. Prima di scrivere, condividono la frase e, solo dopo, se la autodettano con un buon livello di collaborazione.



Scaduto il tempo, proprio come con l'attività precedente, procediamo con una riflessione collettiva partendo dalla rubrica.
Subito dopo, leggiamo le produzioni dei bambini.
La classe rileva gli errori con immediatezza: parola e non frase (come detto, alcune coppie, inizialmente avevano riportato solo questa, mostrando di non aver compreso la consegna); frasi di senso compiuto e frasi che necessitano di una struttura più adeguata (riorganizzazione dei sintagmi e/o integrazione degli aspetti mancanti).
Dopo la lettura e la correzione con i contributi degli alunni, rileviamo che le frasi funzionano bene quando sono presenti chi o di che cosa si parla e che cosa fa (per ora è assolutamente prematuro introdurre il cosa è o come è: predicato nominale), così procediamo ad aggiungerli in tutte quelle frasi in cui risultano mancanti (chiaramente rendiamo espliciti anche i soggetti sottintesi).
Al termine chiedo ai bambini che cosa abbiamo imparato.
A sorprenderci in modo incredibile è Samuele che si esprime con estrema chiarezza: una frase è formata da più parole, ma questo non basta: deve dire di chi o di che cosa si parla, che cosa fa e deve essere comprensibile.
Rinforziamo ritornando su qualche frase e ci fermiamo.

TERZA ATTIVITÀ

Con la stessa organizzazione delle altre attività, propongo agli alunni la ri-scrittura delle frasi. Consegno a ogni coppia quanto prodotto nella fase precedente e una nuova tabella meglio organizzata (avevo rilevato la necessità di aggiustare ancora lo strumento).
Quindi spiego ai bambini che dovranno riscrivere le frasi tenendo conto di ciò che abbiamo appreso e che ci fermiamo a ricordare ancora tutti insieme.
Invito a scrivere con il maggiore impegno possibile, ma a non preoccuparsi di sbagliare. È normale, diversi non sono ancora pronti per una scrittura autonoma e la mia attenzione, in questo momento, non è sull'ortografia ma sulla sintassi. Ciò che mi fermo a chiarire bene è la differenza tra lavoro di copiatura e di riscrittura.
Parte l'attività e io mi sposto.
I bambini rileggono le frasi, aggiungono le parti mancanti, riordinano, riscrivono. A onore del vero devo dire che le mamme non sono riuscite a garantire lo stesso ruolo esterno garantito dagli ospiti dei giorni precedenti (le colleghe del visiting e i papà sono stati più attenti a non intervenire), ma hanno comunque supportato esclusivamente negli aspetti organizzativi e nell’autodettatura, non nella struttura delle frasi.


Al termine del lavoro, condividiamo e prendiamo atto del fatto che, nel complesso, le frasi rispettano le caratteristiche precedentemente apprese.
Ciò che rileviamo – e meno male, perché questo ci ha offerto una bella opportunità – è che una coppia non ha prestato la dovuta attenzione alla consegna. Avendo lavorato già molto bene nella fase precedente, infatti, non ha svolto un lavoro di riscrittura, ma di copiatura.
Questo mi ha dato la possibilità di spiegare che, essendo il lavoro già adeguato, avrebbero potuto comunque intervenire per scrivere delle frasi più ricche. Per sollecitare l'arricchimento, ho preso qualche frase e ho fatto loro delle domande (che cosa? quando? dove? con chi?...). Abbiamo così scoperto che una frase può essere semplice (contenere solo le parti essenziali: di chi o di che cosa si parla e che cosa fa) e più ricca (espansa), aggiungendo più informazioni.

QUARTA ATTIVITÀ

Isoliamo alcune frasi estrapolandole dai lavori delle diverse coppie e le riportiamo sul quaderno.
A questo punto, chiudiamo il lavoro con il gioco completamente gestito da me. Inizio guidando i bambini a ricordare ancora una volta le caratteristiche della frase, per poi individuare in ognuna di chi o di che cosa si parla (il soggetto) e che cosa fa (il predicato verbale), se è una frase semplice (frase minima) o ricca (frase espansa).
Infine, guido i bambini a individuare le domande che stanno dietro a ogni espansione.
Questo primo percorso è chiuso. Il lavoro proseguirà con una serie di attività di rinforzo nelle quali individuare, ed evidenziare con i colori, i due sintagmi fondamentali.
Ma ciò che conta, più di tutto, è che abbiamo costruito basi solide sulle quali costruire i futuri apprendimenti. Sarà sufficiente ritornarci in modo ricorsivo per arricchire e per dare i nomi a ogni sintagma.


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