lunedì 3 dicembre 2018

Festival Scirardini: il giorno dopo

È difficile che dopo qualcosa di importante per noi ci si senta completamente soddisfatti. C'è sempre il pensiero di qualcosa che avremmo potuto fare meglio, dire meglio; di qualcosa a cui non abbiamo dato la forma che avremmo voluto. Ieri no.
Forse era l'energia che ci siamo portati appresso; forse la consapevolezza della straordinarietà di essere lì, a Cagliari, in fiera, di domenica, con ex alunni e genitori. Forse il fatto che questi incontri siano arrivati alla fine di un percorso intenso che ci ha fatto riflettere molto. O, forse, semplicemente, il fatto di sapersi accolti esattamente per quello che siamo. Fatto sta che ieri siamo rientrati stanchi da morire ma senza spazio per nessun però. Con noi la consapevolezza di essere stati avvolti dalla bellezza e di aver donato tutto quello in cui crediamo, il modo in cui ci muoviamo. Quello che siamo.

Un grazie di cuore a Giovannella Dall'Ara e a Paola Foddi, con le quali ho sentito una vicinanza straordinaria. Scirarindi è stato un festival bello da tutti i punti di vista. Per me, una sorpresa inaspettata. Lo spazio scuola uno spaccato davvero interessante che ci ha consentito di apprezzare numerose presenze motivate, in giornate in cui è insolito dedicarsi alla scuola, a ricordarci che siamo in tanti a riconoscerle un ruolo importante. In tanti impegnati con convinzione per una scuola-comunità che sappia restituire centralità alla persona; in tanti impegnati in scelte didattiche capaci di lasciare spazio a un dialogo attivo con i significati. In tanti a credere in una scuola aperta al mondo e capace di camminare con le famiglie. E fra tutti, una convinzione comune: il cambiamento può nascere solo da dentro.
Sì, è vero, c'erano tanti sognatori a Scirarindi. Tanti l'hanno detto a voce alta. Ma come dare torto? È possibile un cambiamento senza la capacità di immaginare "un altro come ancora non è"?

Mentre ripenso ai fortunati incontri, alle belle condivisioni e alle tante restituzioni che terrò strette per i momenti difficili, voglio rivolgere il grazie più grande ai miei "bambini" e alle loro famiglie.
Ieri, davanti a loro, ho sentito un nodo in gola; quando hanno recitato Primo Levi. mi è stato impossibile trattenere le lacrime.



Io so bene di non avere meriti per ciò a cui sto assistendo, sono tutti loro. Di mio c'è esclusivamente l'essermi fidata, l'aver lasciato loro lo spazio per costruire autonomia, responsabilità; avergli insegnato a lavorare insieme e avergli trasmesso l'importanza di essere rigorosi nel progettare i loro percorsi, passo dopo passo, e di presentarsi puntuali a ogni appuntamento; aver fatto sì che le buone contaminazioni trovassero spazio.
Gli effetti non potevo immaginarli neanche io. Ciò che so è che loro sono la risposta a ciò che può succedere se la scuola smette di muoversi con i freni tirati; se si diventa capaci di liberare e di liberarsi, di aprire porte e finestre e di prendersi tempo. Quanto? Tutto quello che serve.

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