martedì 26 agosto 2014

A proposito di buona educazione



Negli ultimi anni mi sono fermata molto a osservare le classi, il cambiamento delle relazioni tra alunni, tra alunno e insegnanti e tra insegnanti e genitori. Contemporaneamente, fuori da scuola, richiamava la mia attenzione il modificarsi del linguaggio anche negli spazi più formali, senza parlare degli scambi comunicativi cui mi sono trovata spettatrice per strada.
Spesso, come credo a tanti di noi, il mio pensiero é tornato alle regole della mia infanzia, a scuola e in famiglia, a quei punti fermi che regolavano tutto. E, pur essendo una docente orientata all'innovazione, su quest'aspetto ho deciso che era venuto il momento di recuperare dalla tradizione le regole di buona educazione, e di farlo in modo intenzionale e sistematico. 
E' arrivato subito un appunto: “Cosa pensi di fare se a casa si esprimono così, se questi sono i modelli che respirano?" Lo capisci che siamo impotenti?”.
Ma sono andata dritta per la mia strada, convinta che siano numerose le persone che si guardano indietro con nostalgia e che hanno voglia di relazioni rispettose dei ruoli (bambino-adulto, figlio-genitore, alunno-insegnante...) e delle regole di buona educazione, e che tante famiglie sarebbero felici di un supporto in questo senso. Ho anche guardato alla scuola, già in forte sofferenza, e ho pensato a quanto certi piccoli interventi avrebbero fatto bene al riconoscimento del ruolo educativo e sociale di questa istituzione nella quale io credo tantissimo.
E ho lavorato, intransigente prima di tutto con me stessa, ferma nella convinzione che il modello passa prima di qualunque parola, e che cambiamenti di questo tipo non si fanno appendendo un cartello alla parete, con regole più o meno condivise, ma modificando i piccoli comportamenti quotidiani.
Il mio lavoro, così mi sembra giusto chiamarlo, l'ho orientato in tre principali direzioni: educazione di base (saluto, relazione con l'adulto, comportamento nei diversi contesti), cura dello spazio classe e del proprio setting di lavoro, puntualità (orari, consegne, comunicazioni scuola-famiglia).
L'eventuale discordanza con la gestione delle regole in famiglia, io non l'ho vissuta come un ostacolo. La scuola può comunque proporre un proprio sistema di regole che può essere assunto, certo la cosa migliore, o essere sua peculiarità. In ogni caso, fa bene alla scuola e fa bene al gruppo che lavora insieme.
Io, tuttavia, guardo con fiducia agli effetti delle tante ore che i nostri alunni trascorrono a scuola.
Così, se venendo a trovarci, sarete accolti da bambini che vi saluteranno alzandosi in piedi, senza sedersi fino al cenno dell'insegnante, o osserverete una classe in cui nessuno inizia a consumare la merenda senza aver ripulito con cura i banchi, apparecchiato con la tovaglietta e aver atteso di essere tutti pronti per darsi il collettivo buon appetito; se doveste osservare dei bambini lavorare con il solo necessario ben disposto nel loro spazio, sempre pulito e curato; se, consegnando un avviso, avrete la soddisfazione di ritrovarlo subito firmato e pronto sul banco per essere riconsegnato al momento dell'appello… non pensate di essere tornati indietro nel tempo. Sentitevi dentro l'investimento per un futuro migliore.
E ricordate che un sistema di regole non serve al controllo, quanto a un clima sereno e al rispetto di tutti, fondamentali per un ambiente di apprendimento in cui si vuole che regnino la collaborazione e una didattica a bassa direttività.
Per capirci: le regole sono la base per una buona organizzazione che é la base per una didattica partecipata.

Perché condivido questa riflessione? Perché proprio nei giorni scorsi, prendendo in mano il numero di settembre de “La vita scolastica”, ho avuto il piacere di leggere di educazione nell’editoriale di Carla Ida Salvati, direttrice della rivista, e ho provato un piacere infinito, convinta che se a crederci fossimo in tanti sarebbe davvero un'altra cosa. 
Diciamolo chiaro: se possiamo accontentarci di costruire un sistema di regole ricondotto solo alla scuola, non possiamo essere efficaci se noi insegnanti parliamo una lingua diversa.
Su regole, buona educazione e organizzazione, questa ne fa ben parte, bisogna avere il coraggio di dirlo, la diversità non é ricchezza, ha un solo nome. E questo nome é caos. 



"Il bello è che la buona educazione è contagiosa…
il brutto è che lo stesso vale per la cattiva!!!" 

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