giovedì 13 agosto 2015

Augurio ai nuovi colleghi

Sono giorni di immissioni in ruolo e io mi trovo a sorprendermi davanti a messaggi inaspettati ricevuti da tante persone che ho avuto modo di incontrare come supervisore all'Università, durante i corsi abilitanti, o a scuola, nel periodo destinato al tirocino formativo. A volte si tratta di vere e proprie lettere, altre di poche frasi, ma in tutti è presente la volontà di ricordarmi che custodiscono con cura quella passione educativa che è cresciuta durante il nostro percorso insieme, costruita sulla convinzione che un’altra scuola sia possibile. 
Ho risposto singolarmente, ma qui mi permetto di mettere insieme i miei pensieri, per voi, che ho avuto il piacere di conoscere, e per tutti i colleghi che entreranno in ruolo in questo difficile anno scolastico.

Vi auguro che la scuola sappia accogliere il vostro entusiasmo e che voi sappiate difenderlo. Che non consideriate questo momento un traguardo, ma un punto di partenza, con la consapevolezza che questa è una professione in cui i ferri del mestiere non sono mai pronti una volta per tutte. Vanno rivisti di continuo e, spesso, messi da parte per costruirne di nuovi su misura.
Vi auguro di sapervi spogliare dei modelli dei brutti insegnanti che avete incontrato, fermi in cattedra, incapaci di implicarsi e di vedere davvero, e che sappiate portare in classe i veri maestri, quelli che si sanno avvicinare, che sanno riconoscere, che sanno accompagnare. Quelli che hanno capito che a scuola si deve stare bene, tutti, insegnanti e studenti, perché solo dove si sta bene è possibile costruire qualcosa di buono. Quelli che sentono la responsabilità di trasmettere i saperi, ma che sanno che il vero obiettivo è aiutare a essere cittadini attivi, consapevoli e critici e che, per questo, partono sempre da chi hanno di fronte e non conoscono il bisogno di isolare la scuola dal mondo. Anzi, spalancano, pronti a incontrare e ad accogliere tutte le opportunità. 
Vi auguro di saper posare lo sguardo su ognuno e tutti, impegnandovi perchè i vostri alunni possano respirare accoglienza, inclusione, ricevere e praticare la cura. Che sappiate unire e non dividere, costruendo la collaborazione laddove troppo spesso si pratica la competizione.
Vi auguro di non lasciarvi mai travolgere dai ritmi incalzanti, che centrifugano tutto e fanno perdere di vista ciò che conta. Il viaggio, lo sapete bene, è importante quanto e più della meta. Dunque, non abbiate paura di perdere tempo, di utilizzare sempre tutto quello che è necessario. Il tempo per l’ascolto, per la riflessione, o anche solo per sedervi e aspettare perchè non tutti gli appuntamenti si possono stabilire in anticipo.
Il mio consiglio, se posso permettermi, è di diffidare di una scuola che vuole inseguire i modelli e i ritmi di una società che sta implodendo perché ha dimenticato che cosa nutre la sua sopravvivenza.
Vi auguro di non avere paura di sbagliare e di accogliere gli errori vostri e quelli dei vostri alunni come un’opportunità per conoscervi, mettere in discussione le vostre certezze, per migliorare.
Vi auguro di costruire un rapporto tiepido con i voti, capaci solo di dividere, attenti a misurare le performance ma ciechi davanti ai progressi individuali. E su questo, vi prego, non dimenticate mai che non ci sono misure uguali per storie diverse. 
Vi auguro di saper guardare alle famiglie come alleate, non come antagoniste, di non dimenticare mai di assumere anche il punto di vista dell’altro. Non c’è un genitore che non voglia il bene del proprio figlio. Se non lo fa è perché non ne è capace. 
Ascoltatele per conoscere meglio i vostri studenti e dite chi siete, condividete le vostre scelte e aprite a un dialogo continuo. L'alleanza è la più grande forza, quella con la quale potrete fare qualunque cosa.
Infine, un consiglio. Difendete la vostra professionalità da tutti, anche da voi stessi, quando la stanchezza rischierà di farvi fare la cosa sbagliata. E non abbiate paura di osare anche da soli. Non sempre abbiamo i giusti compagni di viaggio, a volte dobbiamo attenderli per tanto tempo, senza neanche la certezza che arriveranno.
E non pensate mai, neanche nelle giornate più difficili, che non valga la pena. Il nostro lavoro vale sempre la pena perché consegna un futuro migliore alle vite che incontriamo e alla nostra comunità. 
Vi saluto con le parole di Giuliana Martirani. Si tratta di un pezzo tratto dalla risposta a Lettera a una professoressa. Me le sono ritrovata in mano proprio oggi in un libricino che raccoglie Pensieri e parole di don Milani.

(…) L’educatore ha mani per toccare, è disposto a sporcarsi, a non restare affacciato al balcone, guardandosi lo spettacolo di liberazione che si sta svolgendo sulla piazza della vita. Si tuffa nella mischia pronto a ribaltare le sue “sicurezze”, a scommettere sui perdenti della vita e a gareggiare insieme a loro, neanche sapendo come andrà a finire, anzi sapendo che nella logica umana ciò è una follia, ma in quella della storia è invece un “irrompervi”. (…)

2 commenti:

  1. Carissima Enrica,
    aprendo le pagine del tuo blog, non assiduamente come durante l’anno scolastico, ma certamente almeno una volta alla settimana, durante quest’estate calda e afosa, ho sempre trovato interessanti riflessioni e ho rivissuto le emozioni dell’anno scolastico trascorso insieme con tutte le esperienze e le opportunità di crescita personale e professionale che mi hai saputo offrire.
    Voglio offrirti un mio commento “da insegnante ad insegnante” agli auguri per i nuovi insegnanti assunti in ruolo, perché ho apprezzato molto le parole che hai usato per motivare il loro entusiasmo nell’essere insegnanti ed educatori e migliorare la loro professionalità.
    La traccia per la mia riflessione prende spunto dall’ultimo corso di aggiornamento di IRC concluso a fine giugno che ha presentato il metodo educativo e pedagogico di Don Bosco come ancora attuale e valido ancora ai nostri giorni e per le nuove generazioni e condivisibile nei suoi principi dagli insegnanti di oggi.
    Il metodo educativo propone una concezione pedagogica con i valori che noi abbiamo sempre condiviso insieme, infatti si basa su questi principi:
    FIDUCIA, vista come benevolenza e accoglienza dell’altro, come capacità dell’educatore di suscitare nel bambino l’interesse ad apprendere, le motivazioni per affrontare con energia la fatica di crescere, riconoscendo le proprie potenzialità;
    INCONTRO, come sensibilità verso la condivisione degli apprendimenti, dove l‘insegnante-educatore è in grado di osservare, capire, riflettere, sviluppare, verificare le capacità di ciascun alunno attraverso proposte operative flessibili, in modo da rendere efficace la sua azione, ovviamente tenendo conto delle irrinunciabili scelte di fondo educative e didattiche;
    DIALOGO (si può sicuramente affermare che Don Bosco è stato un “grande comunicatore”), perché la difficoltà maggiore che può incontrare l’insegnante è quella di riuscire a comunicare in modo appropriato.
    Il suo metodo richiede per una corretta interazione educativa una duplice comunicazione: personale e ambientale.
    Un buon insegnante deve affinare le sue doti espressive, utilizzare una pluralità di linguaggi comunicativi extralinguistici, impostare il proprio metodo didattico attraverso una “situazione educativa”.
    La parola comunicata interagisce sempre con altri fattori non verbali (comportamenti, atteggiamenti, gesti, decisioni operative, scelta dei luoghi e dei tempi più idonei per comunicare…) eloquenti spesso più della parola stessa e, in ogni caso, tali da concorrere all’esito positivo del rapporto comunicativo.
    Inoltre nella convinzione che l’apprendimento è anche il risultato dell’ambiente, inteso come l’insieme delle persone, dei mezzi di comunicazione, anche multimediali. Si deve cercare di predisporre un ambiente strutturato negli spazi e l’organizzazione del tempo, creando un clima di amicizia e di condivisione nel gruppo classe, attraverso anche momenti espressivi e ludici che favoriscano uno sviluppo armonico e integrale del bambino;
    ALLEANZA EDUCATIVA, vista come un “accompagnare“, porre le condizioni per la costruzione di un rapporto basato sulla volontà di cooperare e di “camminare insieme”.
    Punto di partenza è l’accettazione incondizionata da parte dell’insegnante del gruppo classe, dei suoi alunni “così come sono”, e non come vorrebbe che fossero.
    Un'accettazione che s’impone a livello dell’essere e non dell’avere.

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  2. SEGUITO
    E, infine, quello che oggi è un termine inusuale, insolito e forse “fuori moda”... l’AMOREVOLEZZA, intesa come amore intensamente pedagogico, fatto di sensibilità emotiva, di amabile cordialità, di affetto sincero, paziente, attento ma anche esigente e fermo nelle scelte educative e didattiche, condivise anche dalle famiglie.
    Concludo, senza la presunzione di chi vuole insegnare qualcosa a qualcuno, che sicuramente tutte queste cose e parole le conosce, le vive e le sperimenta tutti i giorni... ma ai nuovi insegnanti immessi in ruolo voglio dire… Fare l’insegnante non è solo una professione, “è un mestiere del Cuore”. Questa è la mia convinzione.
    Ti saluto e ti abbraccio, Enrica, con le parole semplici di Don Bosco tratte dall’Epistolario, sorgente della sua passione educativa.
    …La vita, seme e dono prezioso di “DIO AMANTE DELLA VITA “, ha bisogno di un terreno buono, la famiglia, per poter germogliare e portare frutto. Al dono deve unirsi lo sforzo paziente e laborioso del contadino che si prende cura della fragile pianticella: questa è l’immagine e la vocazione dell’insegnante e dell’educatore.
    Maestra Francesca

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