venerdì 15 aprile 2016

Vola!

Oggi, tornati dal Liceo, abbiamo deciso di leggere la fine del nostro libro: “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”. Mancavano due soli capitoli, meglio non aspettare il rientro dopo il referendum.
Così, ho preso la sedia azzurra, quella della lettura, l’ho messa al centro dell'aula, in modo da essere visibile da tutte le isole, e ho iniziato a leggere.
Il silenzio è arrivato subito, per lasciare spazio alle immagini che ogni volta prendono forma davanti ai nostri occhi.
Ed è successo di nuovo. Quelle parole sembravano essere state messe lì proprio per noi. Sembravano parlare alle riflessioni che mi hanno accompagnato questa mattina quando, seduta in un angolo della sala del Liceo, osservavo la presentazione dei nostri bambini.

Quando è arrivato il momento tanto atteso, carichi d'emozione, abbiamo aperto le braccia come fossero ali e, tutti insieme, abbiamo accompagnato il primo volo di Fortunata.
Poi, ancora insieme, ci siamo spostati sul cuore di Zorba, lo abbiamo ascoltato, fino a sentirlo completamente. Felice e malinconico allo stesso tempo.
Non è facile lasciare andare. Ma è il compito di chi sa voler bene.
Il compito dei genitori, di noi insegnanti.
Possiamo tenere al sicuro, trattenere, controllare. Ma proprio come i gabbiani, anche i bambini sono nati per volare.
Per tutti noi una ricompensa. La meraviglia di apprezzarli in volo.

(…)

<<Ho paura>> stridette Fortunata.
<<Ma vuoi volare, vero?>> miagolò Zorba.
Dal campanile di San Michele si vedeva tutta la città. La pioggia avvolgeva la torre della televisione, e al porto le gru sembravano animali in riposo.
<<Guarda, si vede il bazar di Harry. I nostri amici sono laggiù>> miagolò Zorba.
<<Ho paura! Mamma!>> stridette Fortunata.
Zorba saltò sulla balaustra che girava attorno al campanile. In basso le auto sembravano insetti dagli occhi brillanti. L'umano prese la gabbiana tra le mani.
<<No! Ho paura! Zorba! Zorba!>> stridette Fortunata beccando le mani dell'umano.
<<Aspetta. Posala sulla balaustra>> miagolò Zorba.
<<Non avevo intenzione di buttarla giù>> disse l'umano.
<<Vola!>> miagolò Zorba allungando una zampa e toccandola appena.
Fortunata scomparve alla vista, e l'umano e il gatto temettero il peggio. Era caduta giù come un sasso. Col fiato sospeso si affacciarono alla balaustra, e allora la videro che batteva le ali sorvolando il parcheggio, e poi seguirono il suo volo in alto, molto più in alto della banderuola dorata che corona la singolare bellezza di San Michele.
Fortunata volava solitaria nella notte amburghese. Si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare le gru del porto, gli alberi delle barche, e subito dopo tornava indietro planando, girando più volte attorno al campanile della chiesa.
<<Volo! Zorba! So volare!>> strideva euforica dal vasto cielo grigio.
L'umano accarezzò il dorso del gatto.
<<Bene, gatto. Ci siamo riusciti>> disse sospirando.
<<Sì, sull'orlo del baratro ha capito la cosa più importante>> miagolò Zorba.
<<Ah sì? E cosa ha capito?>> chiese l'umano.
<<Che vola solo chi osa farlo>> miagolò Zorba.
<<Immagino che adesso tu preferisca rimanere solo. Ti aspetto giù>> lo salutò l'umano.
Zorba rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di pioggia o lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del porto.

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