martedì 24 settembre 2019

C'è un'improvvisazione che fa bene alla scuola

Quando uno studente in formazione, o un giovane collega, mi chiede quali siano per me, a livello didattico, le competenze del docente che ritengo fondamentali, rispondo, con sempre maggiore consapevolezza, che, accanto a quella del promuovere una didattica a bassa direttività, capace di liberare, e quindi di garantire un tempo autogestito per smontare e rimontare saperi e significati; l’altra, fuori da ogni dubbio, è quella tanto presente nelle aperture delle mie mattinate: l'utilizzo intenzionale delle anticipazioni cognitive.

Sono quelle che io ho sempre chiamato “anticipazioni funzionali”, denominazione che continuo a privilegiare in quanto mi riporta alla centralità di ciò che faccio: leggo con attenzione il contesto e favorisco, ogni volta che è possibile e utile, delle riflessioni, che si traducono in anticipazioni funzionali ai nuovi apprendimenti.

Una pratica di cui nel tempo ho potuto rilevare la grande efficacia, tant’è che mi ha visto impegnata ad affinare la mia attenzione a vantaggio di questa forma di improvvisazione che fa bene alla scuola, per liberarla dall’episodicità e cercare strategie che la rendessero più significativa.

Io ne sono davvero convinta: questa competenza del docente, che sta tutta nella capacità di leggere le opportunità del contesto e nella consapevolezza di ciò che interessa portare dentro, fa davvero la differenza nella costruzione di apprendimenti significativi e stabili.

È chiaro che questa rende necessario uno sguardo lungo, che affonda in una conoscenza profonda delle indicazioni nazionali e nella capacità del docente di sapere identificare quei saperi e quelle abilità che, a breve o a lungo termine, saranno al centro dei nostri percorsi.

Nessuna situazione, infatti, se pur proposta in analogia alla realtà, può essere significativa quanto la realtà stessa.
Le anticipazioni, dunque, possono essere lette semplicemente come la capacità di sollevare veli e di mostrare agli alunni ciò che è già lì ma che non riescono a vedere. In questo modo, quando le proposte didattiche apriranno su determinati saperi, questi non saranno mai nuovi. L’attenzione sarà allora tutta orientata a creare le condizioni per riflettere sugli stessi, facendo leva sui diversi incontri, per poi procedere verso percorsi che garantiscano un’appropriazione profonda.

Una sorta di trasposizione di quello che avviene con la lingua. I nostri alunni la conoscono, ne fanno uso costante, la parlano. Il nostro lavoro, quando ragioniamo su questa, non è portarla dentro,  quanto far riflettere muovendo proprio dall'uso che ne facciamo.

È alle anticipazioni che io faccio riferimento soprattutto per alcuni  apprendimenti di ambito logico-matematico, in particolare per quelli che ho rilevato essere particolarmente ostici per i bambini e che, dunque, necessitano di acquisire significato.

È con queste che, già al terzo giorno della nostra seconda elementare, ho accolto l’opportunità di portare in classe le frazioni, per rappresentare la riduzione del tempo scuola, in risposta alla domanda di un alunno. Anticipazione rinforzata, il giorno successivo - le anticipazioni si traducano in vere opportunità solo se oggetto di attenzione ricorsiva - passando per la verifica dell’avvenuta restituzione delle buste dei documenti consegnate il primo giorno di scuola. Un’occasione che ha visto i bambini intuire la rappresentazione sotto forma di frazione e individuare, in modo naturale, l'intero e la frazione complementare.

Con la stessa modalità, in questo caso grazie al salvadanaio di classe per il nostro viaggio di istruzione, nello scorso ciclo, hanno fatto il loro ingresso significativo i numeri decimali e le equivalenze.  Condividere le monete arrivate giorno per giorno per il nostro salvadanaio, ci ha trovato a familiarizzare con gli euro, a fare delle scelte di conversione che rendessero possibili i calcoli, che si sono piano piano tradotti in vere e proprie espressioni con numeri decimali ed equivalenze.

Ma questo avviene costantemente anche accogliendo opportunità che ci vengono offerte dalla lingua, dai fatti del mondo, dai nostri viaggi… Tutte cose che vanno a costituire un bagaglio fondamentale che si radica completamente in quanto incontrato dentro significati profondi.

So bene che non sto dicendo niente di nuovo e che è una pratica diffusa tra gli insegnanti. A essere meno scontata è la serenità con la quale si va incontro a quel tempo sottratto e l'uso che se ne fa. La vera efficacia, infatti, arriva con la crescita dell’intenzionalità, che la libera dall'episodicità e ne valorizza la ricorsività che stabilizza.

Se saper portare dentro è una grande qualità, tuttavia - e dico sempre anche questo a chi mi rivolge la domanda – ritengo che lo sia altrettanto il saper tenere fuori, il saper filtrare, tra il tanto, ciò che è opportuno far entrare e che cosa no.  Il pericolo che corre un bravo lettore è infatti quello di portare dentro troppo, con il rischio di spostare l'attenzione dai percorsi in atto e di sovraccaricare cognitivamente.

E allora la risposta è ancora una volta nella competenza più alta fra tutte, che è poi anche la più difficile: saper scegliere.


Nel video, una riflessione post-attività (è il momento della ricreazione), sul percorso attivo alla scoperta delle frazioni - terza elementare, a.s. 2015//16. Le domande sono del Prof. Giovanni Bonaiuti, docente di didattica generale all'Università di Cagliari, presente in classe per un'attività di ricerca. 
A partire dal minuto 1.40 - ben più silenzioso - un riferimento esplicito alle anticipazioni cognitive. 

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