Nei giorni scorsi è capitato più volte che qualcuno mi chiedesse notizie della flipped classroom, di un percorso "rumoroso" che si è fatto silenzioso. Così ho pensato che forse avevo dato per scontato qualcosa che scontato non era.
É il momento di rubare qualche attimo per dare una breve risposta.
Ci sono percorsi che io definisco "di sola andata". La flipped classroom è uno di quelli.
Quando si fanno esperienze che hanno un impatto forte sulla motivazione e sulla didattica, queste non possono andare a far parte di quelle pratiche che entrano nella scuola e spariscono con la stessa velocità con la quale sono arrivate. Devono avere la forza di tradursi in pratiche quotidiane. Che poi è il senso stesso dello sperimentare.
Ipotizzo che qualcosa possa determinare un cambiamento a vantaggio dell'apprendimento. Definisco l'idea e gli obiettivi, circoscrivo contenuti, azioni, spazi, tempi, mezzi e strumenti in modo da poter controllare e verificare le ricadute. Se queste sono positive, non posso passare oltre, le accolgo perchè entrino a pieno titolo nel mio fare scuola.
Questo non significa solo flipped classroom. Un insegnante non usa una sola strategia, come non usa un solo strumento o un solo linguaggio.
Io dico sempre che l'insegnante, come il mago, deve possedere un suo cilindro. Un cilindro ricco di opportunità, tutte attentamente selezionate. A lui la capacità di tirare fuori quella giusta al momento giusto.
Dalla flipped classroom abbiamo una preziosa eredità: il trasferimento intenzionale di alcune attività fuori dalla classe, l'utilizzo costante dell'ambiente di apprendimento, l'incremento dell'apprendimento sociale a scuola.
Una didattica a bassa direttività, così mi piace definirla.
Ai materiali del Progetto "Classe in giù, testa in su!" - a.s. 2013/14
Ai materiali del Progetto "Classe in giù, testa in su!" - a.s. 2013/14
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