Post di Erica Puddu
Come studentessa ho spesso sentito parlare di continuità educativa, di come questa sia importante da attuarsi e da porsi come finalità. Paradossalmente però, sono state poche, se non nessuna, le volte in cui si è riusciti ad associare con un esempio pratico, o delle testimonianze di esperienze dirette sul campo, questo fondamentale aspetto. Essere presente durante due mattinate dedicate alla proposta "Aula aperta", mi ha dato l'occasione per vivere davvero quel bisogno e quella volontà, di congiungere i due mondi più importanti per il bambino, la scuola e la famiglia, definendo i contorni di un aspetto fino ad allora rimasto astratto e poco nitido. Per spostarsi dalla dimensione teorica a quella pratica è bastato compiere un gesto che, seppur semplice, sia da un punto di vista figurativo che pratico possiede un'importanza enorme, ed un significato prezioso: aprire le porte, accogliere i genitori dentro l'aula che i propri figli vivono ogni giorno, il campo di battaglia, il terreno fertile per le curiosità e le domande, dove il quotidiano entra e viene affrontato, senza paura, senza inutili filtri. Quell'aula era già pronta ad accogliere i genitori, proprio perché è sempre stata, in primo luogo, aperta al mondo e alle sue storie, buone e cattive che fossero, tutte degne di essere comprese grazie alla guida della maestra, che ha il fondamentale compito di prendere per mano i propri alunni e tracciare il sentiero, laddove il bosco fitto di informazioni e false notizie minaccia il cammino. Ed erano pronti anche i bambini, sereni nell'accogliere i propri genitori, o quelli degli altri compagni, senza farsi distrarre o condizionare dalla loro presenza, sicuramente già abituati a condividere la loro mattinata, sia grazie all'esperienza di "Aula aperta" conosciuta l'anno prima, che in altre occasioni, come ad esempio con noi tirocinanti. Ricordo molto bene quanto desiderassi anch'io, durante gli anni della scuola primaria, che i miei genitori vedessero coi loro occhi il lavoro di ogni mattina, il luogo che mi accoglieva per cinque ore tutti i giorni, la routine, i miei compagni, la mia maestra. E ho potuto osservare, alla luce di questo ricordo, quanto un simile bisogno appartenga anche ai genitori; lo si percepisce dagli sguardi rapiti, attenti e, al contempo, desiderosi di poggiarsi sui propri figli, se chiamati a rispondere o in procinto di intervenire durante la lezione. Si nota il divertimento e la voglia d'essere coinvolti fin dal primo momento, quando i bambini li hanno aiutati a trovare il verbo perfetto che riportasse l'iniziale del loro nome, coinvolgendoli nell'appello, quasi questa diventasse la parola magica per entrare ufficialmente nel loro mondo. E la magia si compie per davvero. Le mamme e i papà rimangono colpiti dalle abilità di calcolo a mente dei loro figli e dalla capacità di scardinare grandi numeri nelle loro componenti e valori, dall'organizzazione delle attività, dai momenti di verifica sereni e non condizionati dai voti, dove i bambini possono mettere in gioco la loro creatività anche affrontando la grammatica, col predicato verbale e nominale, ma non solo. L'aspetto positivo che viene colto riguarda la voglia dei bambini a partecipare, le numerose alzate di mano, gli interventi puntuali, il clima di condivisione che ci avvolge. Quando l'attività si ferma per riprendere qualche bambino, le parole della maestra non sono mai fini a se stesse, ma sono spesso cariche di significato, hanno il sapore di un lavoro educativo avviato da tempo. Così ai genitori viene presentata l'immagine dell'equità, uguaglianza e giustizia, che i bambini conoscono bene fin dall'anno precedente e che ricorda loro una lezione molto importante, sul non essere tutti uguali, sulle loro capacità e talenti, sulle richieste d'aiuto e il malumore di chi non lo riceve. Durante le attività le mamme e i papà hanno potuto lasciare i loro posti per girare liberamente tra le isole, con l'unica importante condizione di non aiutare i bambini nel lavoro. Questa richiesta non è risultata semplice per tutti i genitori allo stesso modo e, talvolta, ha vinto la tentazione di sedersi accanto ai propri figli, piuttosto che curiosare liberamente anche altrove. Nonostante ciò, le mattine sono state vissute all'insegna della condivisione e collaborazione, non soltanto da parte dei bambini che si ritrovano spesso a lavorare a coppie, ma di tutti i soggetti coinvolti, in un continuo scambio reciproco non soltanto verbale ma anche, e soprattutto, silenzioso. Perché spesso basta solo osservare e osservarsi, restituire uno sguardo, cogliere attimi e piccoli gesti importanti per farli propri, fermarsi un momento e ritrovarsi a sorridere, con la consapevolezza che ciò che accomuna tutti i presenti in quell'aula non è un tiepido fare, ma l'esserci per davvero, con la fame di vivere delle mattine speciali, nel ritaglio di un tempo condiviso.
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