Ieri pomeriggio, seconda videoconferenza.
Al termine dell'esplorazione dei materiali che chiudevano un lungo lavoro che ci ha impegnato per mesi, chiedevo ai bambini la loro scelta per la formazione dei quattro sottogruppi classe in cui ripartirsi per organizzare, quando sarà possibile, la presentazione sul territorio. Come con ogni gruppo incontrato, mi trovo a spiegare che non è detto che li si possa accontentare con una prima scelta perché è necessario che i gruppi siano formati in modo che possano funzionare bene. Voglio portarli a riflettere sulla differenza tra gruppi omogenei ed eterogenei per spiegare il perché sia necessario andare su quest'ultima organizzazione. Porto qualche esempio di situazione ripescando dalla matematica perché voglio sapere cosa loro pensino sia meglio.
Chiara, sette anni, prende la parola e il suo pensiero ce lo spiega così.
- Per me quello che conta di più è l'amicizia - ed ecco che io, pur conoscendoli, penso che non mi avesse capita, ma Chiara continua - e penso che ci vogliano gruppi dove ci siano bambini che sono più sicuri, insieme a quelli meno sicuri, perché se uno è in difficoltà e non sa fare qualcosa, gli altri lo devono aiutare, così tutti sono tranquilli e il gruppo lavora bene. Sì, maestra, per me ci vuole l'amicizia - ripete - così nessuno si deve preoccupare.
Difficile capire l'emozione provata da me e dalla tirocinante che era con noi.
Ecco cosa mi manca di più della scuola in presenza. Mi manca la loro "amicizia", quel loro sapere, già a sette anni, che è insieme che tutto è possibile, che è insieme che nessuno si deve preoccupare. Che è insieme, aggiungo io, che nessuno resta fuori.
E mi piace che la scuola sia il luogo dove imparare tutto questo.
Al termine dell'esplorazione dei materiali che chiudevano un lungo lavoro che ci ha impegnato per mesi, chiedevo ai bambini la loro scelta per la formazione dei quattro sottogruppi classe in cui ripartirsi per organizzare, quando sarà possibile, la presentazione sul territorio. Come con ogni gruppo incontrato, mi trovo a spiegare che non è detto che li si possa accontentare con una prima scelta perché è necessario che i gruppi siano formati in modo che possano funzionare bene. Voglio portarli a riflettere sulla differenza tra gruppi omogenei ed eterogenei per spiegare il perché sia necessario andare su quest'ultima organizzazione. Porto qualche esempio di situazione ripescando dalla matematica perché voglio sapere cosa loro pensino sia meglio.
Chiara, sette anni, prende la parola e il suo pensiero ce lo spiega così.
- Per me quello che conta di più è l'amicizia - ed ecco che io, pur conoscendoli, penso che non mi avesse capita, ma Chiara continua - e penso che ci vogliano gruppi dove ci siano bambini che sono più sicuri, insieme a quelli meno sicuri, perché se uno è in difficoltà e non sa fare qualcosa, gli altri lo devono aiutare, così tutti sono tranquilli e il gruppo lavora bene. Sì, maestra, per me ci vuole l'amicizia - ripete - così nessuno si deve preoccupare.
Difficile capire l'emozione provata da me e dalla tirocinante che era con noi.
Ecco cosa mi manca di più della scuola in presenza. Mi manca la loro "amicizia", quel loro sapere, già a sette anni, che è insieme che tutto è possibile, che è insieme che nessuno si deve preoccupare. Che è insieme, aggiungo io, che nessuno resta fuori.
E mi piace che la scuola sia il luogo dove imparare tutto questo.
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