domenica 31 maggio 2020

Preoccupazioni a voce alta

In questo momento, ricorro al silenzio e alla capacità di spostare, che in questi mesi ho dovuto affinare molto, perché non abbiamo finito. L'anno scolastico è ancora in corso e siamo completamente immersi nella fase più difficile, tanto di più per un anno come questo. È il momento della barra dritta perché valutazioni e documenti vari non schiaccino le fatiche fatte e valorizzino il significato profondo di ciò che contengono.
Ma stare concentrati si fa ogni giorno più difficile. La preoccupazione della forma che assumerà la nostra scuola a settembre è sempre più grande. Sappiamo bene quanto i disegni dal basso, per mettere in piedi quanto necessario, andranno inevitabilmente a togliere continuità anche a ciò che funzionava. Basta fare due conti che contemplino numero di alunni, spazi, organico per capire che tutto il resto avrà un peso irrisorio.
Chi mi conosce, sa bene quanto sia ottimista, quanto riesca sempre a vedere scenari altri con la serenità di poter regolare, dare senso, riconoscere opportunità di crescita. Ora no, non è così. Sarebbe ignorare la consapevolezza della realtà in cui ci muoviamo e della sensibilità professionale alle quali tutto questo è affidato. Confidare in una buona ripartenza, sarebbe non avere chiara tutta la fragilità di un sistema che, sempre più attento ai vincoli, finisce per dimenticare il suo compito e l'attenzione alle cose che contano. I nostri alunni e i loro bisogni sono assenti già da tempo da questo mondo tutto guidato dalla logica dell'adempimento.
Devo spostarmi, rimandare, riuscire ad arrivare in porto, non posso permettermi di perdere bambini e famiglie proprio ora. Ma credo che questa sia la fine della nostra scuola. Conosciamo bene la velocità di cui si è capaci quando si tratta di smontare, così come conosciamo la debolezza disarmante di quando si tratta di costruire.

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