lunedì 3 ottobre 2016

Noi genitori: Grazie

Quando Simona mi ha trasmesso il suo pezzo con il racconto di Lalla, mi è bastata la prima lettura per capire che doveva essere inserito nel blog, nella rubrica dei genitori. 
Se il racconto nella sua tremenda verità è straordinariamente emozionante e coinvolgente, lo sono ancora di più le parole con cui è stato scritto, fatte di una delicata compostezza, capaci non solo di narrare, ma di accompagnare senza fretta dentro una realtà che non è per niente distante da noi. Dal nostro quotidiano. Dalla nostra vita. 
Eppure, nonostante la mia convinzione, ho voluto sostare un momento per riflettere, prima di pubblicarlo…
Può essere inserito nel blog? E perché? Come?
Questo è stato il mio primo pensiero. 
Un pensiero breve, perché il nostro blog parla di scuola. 
Una scuola che è fatta di bambini, anche di quei bambini. 
E sono tornata per un attimo a quelle storie differenti che, se rimangono nel silenzio, rischiano di non essere più differenti ma dimenticate. 
Davanti a quelle storie, la scuola quanto è disposta a fare, quanto è pronta nel saperle accogliere, quanto si sente di essere - come può, ma con tutta la sua volontà nel volersi e sapersi organizzare e preparare - una possibilità, uno spiraglio di luce, una speranza, per questi bambini? Quanto la scuola riconosce la responsabilità del suo ruolo di comunità educante? E quanto ha il coraggio di fermarsi a guardare questi meravigliosi bambini? Si, perché lo sono meravigliosi. Solo devono ancora scoprirlo. Perché nessuno glielo ha mai detto. 
Sul come…
Quando Simona mi ha trasmesso il suo pezzo, mi ha fatto una raccomandazione: nel caso fosse stato pubblicato, nulla doveva essere cambiato o tagliato. 
“Non c'è niente da aggiungere e niente da toccare”… queste sono state altre parole che mi sono state rivolte prima di pubblicare.
E’ vero, modificarlo sarebbe stato come modificare quelle storie.

E i genitori? Come reagirebbero se nella classe del proprio figlio arrivasse uno solo di questi bambini? 
Chiediamolo ai nostri figli. Loro sanno che risposta dare.
Perché ogni giorno ci insegnano che la diversità è un valore comune. 
Spesso noi genitori, davanti a certe esperienze e realtà, prima ancora di comprendere, manifestiamo la preoccupazione che l’equilibrio e la serenità dei nostri bambini possano essere compromessi.
Fortunatamente i bambini vivono altro. Per loro le paure e le preoccupazioni sono inutili quando quello che davvero conta è il voler prendersi cura, semplicemente, facendo spazio. La chiamano accoglienza e ospitalità. La cura migliore.
E allora…
E' un testo che può essere letto dai nostri bambini che si affacciano sul blog? Come potrebbero reagire? Quanto e cosa potrebbero capire?
Impossibile rispondere cercando di stare fuori dalla mia esperienza.
I nostri bambini sono gli stessi bambini di quelli che quelle storie le hanno addosso. 
Loro, bambini di nove o dieci anni che quelle storie le vivono. I nostri, di nove e dieci anni, che quelle storie non le conoscono. Stessa età. Mondi diversi, dentro un mondo dove quel tutto dovrebbe essere di tutti. Dove un’infanzia felice, come dice Lalla, non dovrebbe essere un’utopia, un sogno, una speranza. Ma la cosa più semplice. Oltre che un diritto.
In verità siamo noi genitori a non essere pronti a far vivere certe esperienze ai nostri bambini. 
Perché spesso considerate realtà troppo distanti dalle loro. Per quel nostro eccessivo senso di protezione, per volerli tutelare. Per la nostra fatica e incapacità di saper e voler sopportare il dolore dei bambini. 
Così, finché si può, meglio risparmiarli dalle sofferenze, da immagini troppo lontane dal loro vissuto, meglio tenerli fuori da tutte quelle realtà che potrebbero danneggiarli o sconvolgerli. 
In fondo, sono ancora troppo piccoli. C’è tempo. 
Eppure, arriva un momento dove il tempo, invece, non c’è più. Perché dopo diventa tutto più complicato, soprattutto nel mantenere la naturalezza, la spontaneità, l’autenticità di certi argomenti.
La responsabilità di noi adulti non è questa. Mi spiego meglio. 
Per me le elementari sono un passaggio fondamentale. Sono gli anni in cui i bambini, accompagnati e sostenuti da noi adulti con le parole e i gesti giusti e con le dovute attenzioni, sono pronti per conoscere e capire, per essere aiutati a prepararsi a confrontarsi coraggiosamente con le sfide che la vita presenta, e che riserverà a loro. E’ il momento in cui sono ancora particolarmente liberi, genuini, puliti, incontaminati. E per questo capaci di comprendere senza distorsioni. 
Poi, sapete, loro hanno una grande ricchezza: una sensibilità e un’intuizione sorprendente per le cose che noi adulti evitiamo di spiegare, sempre convinti di proteggerli. Ma loro sanno emotivamente cosa accade, solo hanno bisogno che noi non glielo neghiamo, ma al contrario glielo traduciamo. Spieghiamo.
Dopo diventa troppo tardi. Perché vogliono muoversi da soli. E scoprono in maniera sbagliata certe realtà. E non riescono più a dare un significato, il giusto significato, alle loro sensazioni ed emozioni. E si perdono.
Mi sono confusamente dilungata per dire che i bambini davanti a certe parole e contenuti troppo forti, reagiscono nello stesso modo in cui sono stati abituati a reagire. Inoltre loro sanno dosare. Nel senso che colgono e comprendono solo la parte che sono capaci di cogliere. Tutto il resto non lo vedono, semplicemente perché non sono ancora pronti a saperlo vedere.
Ora, vorrei farvi conoscere quale è stato il mio dolore più grande appena ho finito di leggere il racconto di Lalla. Ho compreso come molti di quei bambini, di quei ragazzi, alla fine, considerano la loro condizione come una condizione normale. Ma che normale non è. E finché non avranno la possibilità di scoprire che fuori dalla loro condizione esiste un altro mondo, quello legittimo per loro, che li sa riconoscere, che li sappia amare per quello che sono, che spieghi cosa è giusto o sbagliato, che li ricollochi nel posto, nel solo posto, che devono occupare…quella normalità, senza che la possano capire, sarà la loro vita negata.
E oggi, noi, con il nostro blog, nel fermarci davanti ai volti di quei bambini e ragazzi, abbiamo deciso di essere, anche solo per un momento, nel nostro piccolo, quella possibilità…quel mondo che molti di loro non hanno conosciuto e che forse mai conosceranno. 
Noi, oggi, abbiamo voluto vederli, guardarli da dentro.
Un sincero grazie a Simona e a Lalla per aver voluto condividere con noi.

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per aver lasciato un tuo commento! La pubblicazione avverrà entro le 24 ore.
I contenuti offensivi o inadeguati saranno immediatamente rimossi.