sabato 15 ottobre 2016

Tempo perso

Ieri, la mattina in classe l'ho aperta confessando ai bambini che non sarei voluta andare a scuola. Loro, che mi conoscono bene, hanno capito che ci doveva essere qualcosa sotto, perciò è calato il silenzio, mi hanno puntato gli occhi dritti addosso e hanno aspettato per capire qualcosa di più.
Io ho precisato subito che non era per la stanchezza dovuta al nostro rientro notturno, né perché non avessi voglia di trascorrere una nuova giornata con loro. Il motivo per cui sarei voluta rimanere a casa era soltanto uno: avevo un forte e incontrollabile desiderio di scrivere. Un desiderio che mi veniva proprio da dentro: avrei voluto fermare ciò che è nato e si è sviluppato intorno all'esperienza del Festival Tuttestorie, a partire da maggio, il mese in cui ci siamo iscritti, fino alla giornata di giovedì.
Così, in alternativa, anziché proporre la nostra lettura di inizio mattinata, mi sono seduta tra i bambini e ho raccontato a voce ciò che avrei voluto fermare su carta, dandogli prima di tutto il titolo: "Tempo perso". Già... perché se avessi potuto scrivere, al mio racconto avrei voluto dare un ritmo, alternando queste due parole "tempo perso" ad ogni pezzetto vissuto.
Ma perché proprio "tempo perso"? Perché è a questo che pensavo più di tutto quando la voglia di scrivere si è impadronita di me. Pensavo a ciò che portava con sé quel tempo che per molti è sottratto alle attività che contano e che, invece, per la motivazione che muove e per ciò che apre, dà tanto, tanto di più. Peccato che sia invisibile agli occhi di molti... 

Tempo perso.
Siamo a giugno. Appena iscritti al Festival Tuttestorie, decidiamo di prendere il nostro treno per andare a comprare il libro tutti insieme. Quando ci troviamo con "Rime di rabbia" in mano, iniziamo a ridere e a stupirci. Che strano... - Maestra, guarda che cosa c'è dentro queste filastrocche! Nessuno di noi se le aspettava così... I contenuti, le parole e i ritmi accendono la nostra curiosità e il tempo di ritornare a Iglesias, le abbiamo già lette tutte.
Tempo perso.
Vi invito a cercare, tra le rabbie, la vostra rabbia, e vi propongo di recitarla a scuola. Ma questo non è sufficiente, dovete spiegare a tutti noi il perché della vostra scelta. Vi alzate in piedi, uno ad uno, con il libro in mano, leggete o ripetete a memoria la vostra filastrocca, spiegate la rabbia che vi ha portato a sceglierla. E all'improvviso succede qualcosa: Nicola si alza, non legge, non recita: canta.
Tempo perso.
É il giorno della consegna delle schede. Le filastrocche sono così, più le leggi più te ne innamori. Perciò vi invito a venire con il vostro libro per rileggerle in compagnia dei genitori. Recito anche io: propongo "Rima della rabbia giusta" e la dedico a tutti voi con l'invito ad impegnarvi per cambiare il mondo. E poi faccio una proposta che diventa un ponte per il nuovo anno: - Non vi do compiti, riposate, lasciate che i saperi si posino, ma scegliete un'emozione, scrivete una vostra filastrocca e illustratela. 
Tempo perso.
Settembre. Sono i primi giorni di scuola e le nostre attività riprendono proprio da lì. Ognuno di voi, con grande emozione, presenta la sua filastrocca. Ne assaporiamo i ritmi, rime baciate, alternate e incrociate; scopriamo altri legami tra le parole.
Tempo perso.
É il 4 ottobre, con il Festival abbiamo accolto anche la proposta di partecipare allo spettacolo teatrale "Romanzo d'infanzia". Come sempre, decidiamo di muoverci in treno, ma ci aspetta una nuova avventura: Trenitalia non vuole prenotarci i posti. Iniziano tanti scambi e finalmente il problema sembra risolto. Invece, il giorno della partenza, a Villamassargia, è caos. Voi vi ritrovate a viaggiare in piedi o seduti per terra. Ci riconosciamo indignati, inizia la nostra protesta. E ci stupiamo che nessuno, proprio nessuno, prenda posizione accanto a noi. Gli altri passeggeri mettono in dubbio la nostra prenotazione, nessuno si alza per lasciarvi i posti. Ascolto il vostro stupore: - Maestra ma tu non ci hai insegnato che....? Torniamo in classe e decidiamo che non si può lasciar perdere, cerchiamo la forma giusta per esprimere il nostro dissenso. Parliamo di opposizione pacifica. In classe entrano figure come Mahatma Gandhi, Rosa Parks, Martin Luther King... nomi che torneranno.
Tempo perso.
La nostra indignazione non toglie spazio al bellissimo spettacolo al quale abbiamo assistito, alla storia di Nina e Tommaso, figli invisibili agli occhi dei genitori.
Ci fermiamo su questi bambini, sui loro vissuti, sul loro dolore. Che cosa avremmo fatto noi se avessimo avuto un bambino invisibile?
Tempo perso.
É il 13 ottobre, inizia il Festival. Come sempre, abbiamo prenotato per il primo giorno. Per noi è il più emozionante, quello in cui tutto nasce e prende forma, e c'è lo spettacolo d'apertura. Non possiamo perderlo.
Ma prima di tutto siamo pronti ad esprimere la nostra indignazione verso Trenitalia. Abbiamo studiato la filastrocca a memoria, l'avete insegnata ai vostri genitori e la mattina, alle otto in punto, la recitiamo tutti insieme sui gradini della stazione di Iglesias. Difendiamo i nostri diritti, difendiamo i diritti dei cittadini di prendere il treno.
Tempo perso.
Siamo al Festival. Per il terzo anno ci troviamo in questo spazio meraviglioso a vivere tante emozioni tra l'odore dei libri, quei libri che nel frattempo sono diventati parte fondamentale delle vostre vite.
Vi vedo muovervi sicuri negli spazi dell'EXMA, felici di accogliere tutte le proposte, sempre pronti ad intervenire, a dire la vostra, addirittura fate a gara per farvi intervistare. Persino Saynabou accoglie l'intervista e spiega cosa è il coraggio, davanti a me che mi ritrovo a bocca aperta.
Tra tutte le iniziative a incantarmi di più è seguirvi durante la caccia al tesoro. Le prove sono tante, sono da leggere, comprendere, vi viene richiesto di mettere alla prova il vostro coraggio. Vi muovete in tre squadre. Nessuno è escluso, nessuno resta indietro. Davide non si distrae un secondo.
Tempo perso.
La nostra giornata volge al termine, ma ci aspetta ancora un'ultima proposta: l'inno del coraggio e lo spettacolo costruito sulle storie di Roald Dahl.
Mentre aspettate, vi scopro a sfidare il buio per iniziare a leggere i nuovi libri acquistati, non vedete l'ora di perdervi tra le nuove pagine.
Tempo perso.
Lo spettacolo sta finendo, sono seduta sui gradini in mezzo a voi, alla mia sinistra c'è Davide. A un certo punto lo sento abbandonarsi completamente sulla mia spalla. Le ultime scene scorrono e lui resta così, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Tempo perso.

2 commenti:

  1. Ho letto una volta.
    Ho sentito il bisogno di rileggere: ancora…e ancora.
    Le parole si muovevano. Prendevano forma e restituivano forma. Non erano sempre le stesse.
    E allora ho capito.
    Tempo perso è quel tempo senza colore, senza tratti, senza movimento. Quello in cui non senti appartenenza.
    Tempo perso è quello in cui non hai il coraggio di fermarti, scegliere, rischiare e fare.
    Tempo perso è quello che immobilizza. Che non lascia spazio al possibile, al nuovo, al bello e al vero, a ciò che potrebbe essere e diventare, per liberarsi da quello che c’è già…e che sembra ancora bastare. Per accontentare e rassicurare.
    Allora non può esistere un tempo perso quando ogni istante, ogni opportunità, diventa esperienza. E l’esperienza diventa un percorso di reciprocità, nell’insegnare e nell’imparare. Un tempo, un percorso, che si accoglie e si assapora, dove i bambini sono i protagonisti. Nessuno spettatore. E la loro maestra, una guida indispensabile, rassicurante, ma in mezzo a loro.
    Perché quando ho letto la riflessione di maestra Enrica è proprio lì che l’ho vista: tra i suoi bambini...
    ...Nel spiegare ai tuoi bambini ciò che avresti voluto quella mattina fermare su carta, ti rivolgi a loro non solo per raccontare, ma per condividere, per confrontarti. Tu parli con loro, ripercorri un cammino dove una “semplice” iscrizione ad un evento come il Festival Tuttestorie, è diventato un pezzo importante del vostro sapere fatto di nuove scoperte e traguardi, un pezzo della vostra storia.
    Quanto vorrei anch’io, nella mia vita, perdere tempo così…

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  2. Enrica sei grande. Mi hai fatto emozionare

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