lunedì 28 settembre 2015

Noi genitori. L’intervista.

Riflettendo sulle opportunità che offre la rubrica dei genitori, ho pensato che sarebbe stato bello e interessante proporre una semplice intervista ad alcuni genitori, per conoscere il loro punto di vista sulla scuola, sull'esperienza scolastica dei propri figli. Così ho chiesto la collaborazione a Kathy, mamma di una bambina di 8 anni di Iglesias, a Simona mamma di una bambina di 7 anni di Iglesias, a Daniela mamma di un ragazzo di 14 anni di Oristano, a Laura mamma di due ragazzi della provincia di Carbonia-Iglesias, ad Alessandra mamma di un bambino di 7 anni di Iglesias e ad Adele mamma di tre ragazzi di 17, 11 e 9 anni di Iglesias. Tutte hanno accettato subito, felici e grate di poter contribuire alla rubrica. 
Grazie a tutte per le vostre bellissime testimonianze!

Iniziamo con una domanda che definirei “domanda apripista”. Terminate le vacanze estive, ci prepariamo al rientro a scuola dei nostri figli, un rientro che richiede una necessaria riorganizzazione: riprendere i giusti ritmi e le occupazioni di sempre, ritrovare abitudini, rioccupare tempi e spazi nella quotidianità familiare, rivedere gli impegni, risolvere problemi di gestione. Come vivi tutto questo? 
Kathy. Con molta tranquillità. Certamente con l’inizio della scuola ci sono orari obbligati e tempi da rispettare, ma in linea di massima non ho mai avuto particolari difficoltà nell’organizzare le cose, cerco sempre di incastrare gli impegni senza avere quell’affanno che ti manda in tilt. L’unica cosa che non capisco è che, nonostante sia io che mia figlia siamo delle mattiniere, arriviamo a scuola correndo…quindi il mio proposito per quest’anno è arrivare senza fiatone…
Simona. Il rientro a scuola è, per me, un momento di grande emozione, osservo la felicità di mia figlia e, di conseguenza, sono contenta anche io; soprattutto perché gli anni della scuola elementare, per me, sono stati un piccolo assaggio di paradiso…
E’ anche vero che il primo periodo, l’inizio dell’anno scolastico, mi crea un pochino di ansia perché è il momento in cui si rimette in moto tutta la macchina organizzativa familiare, che a casa mia deve filare come un orologio!
Daniela. Forse perché le nostre vacanze sono brevi e il motore (quello mentale) non è mai del tutto spento o forse perché ho un unico figlio, il pensiero della ripresa della scuola non mi mette agitazione. 
La gioia per il dono della maternità è tale da infondermi la forza di recuperare, talvolta di notte, le ore dedicate a lui nei pomeriggi di studio, sport o scuola.
Laura. Man mano che i figli crescono la parola d’ordine diventa sempre più: autonomia! Alle scuole elementari e medie era necessario il coinvolgimento profondo delle famiglie. Con l’ingresso alle Scuole Superiori i genitori devono via via lasciare spazio. E’ un’operazione difficilissima perché in Italia c’è la tendenza ad infantilizzare i ragazzi. La scuola chiama spesso in causa i genitori, li colpevolizza in caso di difficoltà, i genitori si sentono coinvolti in modo non sempre corretto e talvolta intervengono a difendere l’indifendibile, impedendo la crescita. E’ una questione di equilibri diversi da costruire. Occorre sapersi mettere da parte, lasciare che i figli crescano, senza sparire. Essere presenti al momento giusto, ma non sostituirsi a loro. Nel caso di genitori adottivi questa nuova visione è difficile da acquisire perché negli anni precedenti si è stati abituati ad una presenza molto forte nella vita dei figli. E’ come se la maternità e paternità non fisiche creassero un legame psicologico-spirituale così intenso, quasi compensativo, che poi è difficile coniugare con le esigenze di un’età più adulta. Anche nei rapporti con la scuola.
Alessandra. Spesso mi lascio vivere... non mi creo schemi precisi. Oltre a occuparmi delle cose puramente pratiche tipo grembiule, zaino ecc... il resto lo affronto e provo a risolverlo di volta in volta. Per esperienza ho visto che tempi e spazi e modi si sono sempre automaticamente messi in ordine da soli...sempre se la nostra famiglia si può considerare in ordine!!!!
Adele. Quest'anno mi sento di dire che l'ho vissuta con serenità. I figli (17, 11, 9 anni) ormai sono quasi completamente autonomi nella organizzazione del loro rapporto scolastico: mi sono solo assicurata che avessero il materiale necessario per iniziare. Ognuno ha programmato la propria sveglia e...tutto si è svolto con naturalità.

Siamo alla mattina del primo giorno di scuola. Come ti senti? Quali emozioni provi?
Kathy. La verità? Sempre molto emozionata, pensavo che col passare del tempo sarei migliorata e che quelle sensazioni provate il primo giorno di scuola della prima elementare con ci sarebbero più state, almeno così forti, invece, anche in seconda, è stato lo stesso e quindi penso che l’entrata in terza sarà da occhi lucidi e nodo alla gola. Intendiamoci, sono bellissime emozioni quindi sono contenta di provarle, non mi vedrei in maniera diversa…
Simona. Sono tanto felice perché mia figlia lo è più di me, anche se lei tende a mascherare un po’ le sue emozioni.
Daniela. Mi sembra di rivivere il suo debutto scolastico, tanta è l'emozione provata per l'ingresso al liceo.
Laura. Le emozioni di una madre aumentano col crescere dei figli: sono sempre più indipendenti e quindi potersi occupare ancora di loro… emoziona! Ma, per rispondere anche alla successiva domanda, le emozioni dei figli sono diversissime. Quest’anno, il primo giorno di scuola, mi sono sentita dire da mio figlio a cui ho augurato buon primo giorno dell’ultimo anno  “Mamma, perché devi sempre enfatizzare tutto?”   “Perché mi emoziono, figlio mio, a vederti affrontare la vita…” Ma forse per lui non era così. E’ un allenamento, come dicevo prima, che richiede sempre nuovi modi di rapportarsi.
Alessandra. Evviva si ricomincia!
Adele. Le emozioni che ho provato sono state differenti per ciascun figlio: per il primo speravo che con i docenti che avrebbe cambiato, si sarebbe instaurato un rapporto migliore di quello creato con gli insegnanti sostituiti; per il secondo ero sbalordita per l'entusiasmo di ricominciare mentre per il piccolo, che non si spiegava il motivo dei suoi sentimenti opposti per l'ingresso in quinta elementare, ero un tantino in sospensione.

Ritorniamo alla domanda precedente: hai chiesto a tuo figlio/figlia come si sente? Cosa prova?
Kathy. Guarda, semplice, la chiamo subito!
- “Come ti senti e cosa provi ad affrontare il nuovo anno scolastico in terza?” – “Mi sento emozionata ma anche contenta perché voglio scoprire come andrà quest’anno nuovo, se sarà difficile, se sarà facile. Sicuramente sarà un pò più impegnativo degli anni scorsi, ma impareremo cose nuove, conosceremo materie nuove, ma sono sicura che sarà allegro. Sono curiosa di vedere i nuovi libri. Mi sento tranquilla perché so che a scuola, certo si studia, però so anche che le nostre maestre (bravissime!) risolveranno ogni nostro problema. Io, quando sono entrata in prima elementare, pensavo che la scuola fosse come una famiglia grandissima; anche quest’anno, proprio perché continuo a pensare che sia così, mi sento tranquilla, sicura di me”.
Simona. Con mia figlia, in maniera esplicita, non è facile parlare di sentimenti ed emozioni perché lei è molto riservata e cerca di eludere le domande, ma sono sua mamma e so come arrivare…
Mia figlia non vede l’ora di rivedere la maestra e i compagni, ed è molto emozionata perché ogni anno per lei è l’inizio di una nuova avventura, ovviamente tenta di mascherare quel pizzico di tensione che prende chiunque inizi una nuova avventura senza sapere esattamente cosa l’aspetta.
Daniela. Sì, l'ho fatto prima dell'inizio della scuola, ma anche durante questi giorni di avvio. Non sarebbe stato necessario, perché lui esprime palesemente tutta l'ansia che vive, ma ritengo importante insegnargli il dialogo e l'ascolto e adoro stare seduta a concentrarmi sulle sue parole e fissare i suoi occhi mentre si racconta.
Laura. Risposto prima.
Alessandra. No, non ho chiesto, ma loro si esprimono alla grande: il piccolo è entusiasta perché rivedrà i suoi compagni... non si preoccupa ancora del fatto che sarà meno libero e dovrà studiare.. invece la grande (13 anni) associa il rientro a scuola a questi ultimi.
Adele. Dopo le varie letture e l'ascolto di esperti sull'educazione, soprattutto negli ultimi anni, sto cercando di cogliere ed ascoltare le emozioni dei figli. Oltre che osservarli nei loro preparativi della ripresa scolastica, ho chiesto loro come si sentivano nell'essere in procinto di ricominciare un nuovo anno scolastico.
Tutti erano emozionati ed orgogliosi di passare alla classe successiva.

Ora, invece, dopo aver vissuto l’emozione e l’entusiasmo del primo giorno di scuola, cosa ti aspetti da questo anno scolastico?
Kathy. Non voglio pensare ora a come sarà l’anno, non voglio costruire nella mia mente qualcosa che invece si costruirà giorno dopo giorno! Io osserverò e vivrò tutto nel modo che ritengo più giusto. La priorità assoluta sarà fare in modo che per mia figlia sia un anno sereno. Si aprirà una nuova valigia e li lei custodirà tutto quello che questo nuovo anno scolastico le riserverà…che tristezza sarebbe sapere già tutto!
Simona. Io spero tanto che mia figlia viva la scuola elementare come l’ho vissuta io a suo tempo: avendo la fortuna di imparare con curiosità e impegno, ma soprattutto con la gioia di poter apprendere (nel caso di mia figlia direi “interagire”) con una maestra speciale e condividere le ore scolastiche con dei compagni straordinari.
Daniela. Nutro molte speranze, ma cerco di non aspettarmi nulla.
Laura. Un anno pieno di sorprese positive e negative, come tutti gli anni. Dopo tanto tempo ho vissuto di tutto: incomprensioni, superficialità, creatività, valorizzazione, successi e fallimenti ecc. ecc.  Cerco di mantenere la curiosità di vedere cosa si aggiunge di buono alla vita dei figli, di capire la situazione degli insegnanti, spesso non formati a cogliere le sfaccettature del mondo dell’adozione, ma ricchi di esperienze e di creatività. Si tratta di costruire sempre esperienze diverse. Non ci sono certezze nella scuola italiana, garanzie di stabilità. Ma ci sono bellissime risorse inaspettate che incrociano la vita dei figli in positivo, quando magari hai collezionato fatiche…e gli incontri positivi ti sorprendono e incoraggiano.
Alessandra. Crescita…io ogni anno mi aspetto la crescita…dei miei figli e pure mia.
Adele. Da quest'anno scolastico mi aspetto che tutti e tre facciano una esperienza positiva prima di tutto nei rapporti con i compagni e gli insegnanti e, mi piacerebbe anche che gli argomenti trattati possano entrare a far parte anche della loro vita extrascolastica. Nel senso che possano, non dico entusiasmarli ma almeno interessarli. Che riescano a studiare le diverse discipline non solo per proseguire verso la classe successiva ma anche per soddisfare la loro curiosità.

Cosa pensi della scuola? Sarò più precisa: la consideri il luogo del sapere, un’esperienza che apre alla realtà, che allarga la mente, che trasforma, che educa, che forma gli uomini, i cittadini del domani? In sintesi, la consideri come una tappa obbligata o un diritto che richiede responsabilità, volontà, impegno e fatica?
Kathy. A tutte queste domande, devo rispondere partendo da due punti di vista differenti: da insegnante e da mamma.
Da insegnante, mi sento di rispondere con una sola parola: “dovrebbe”, ma in realtà non è sempre così. La mia esperienza da insegnante mi porta a dire questo. Purtroppo non tutti sanno “insegnare”, non basta “sapere” (quando si sa), ma il discorso su come e cosa insegnare sembrerebbe troppo lungo da fare ora…mi limito a dire a gran voce che ciò che più amiamo al mondo è custodito all’interno della scuola, dal lunedì al sabato, per cinque ore al giorno. Quante cose sentono, vedono, dicono insegnanti e alunni nel contesto scolastico? Per quanti anni? Quanta influenza ha la scuola nella loro formazione? Ci rendiamo conto quale enorme responsabilità ha un insegnante?
Si, la scuola è un diritto, un sacro diritto di tutti, ma non viene salvaguardata come dovrebbe. Certo che richiede responsabilità, tanta volontà. Volontà di voler accompagnare il proprio figlio in questo viaggio, affiancandolo a distanza. Noi per primi dobbiamo credere che la scuola davvero possa essere complemento fondamentale della loro crescita perché altrimenti come possiamo pensare che i figli si convincano di questo se questo valore, questo pensiero non glielo trasmettiamo noi?
Ora, invece, parlo come mamma e posso con gioia affermare che mia figlia ha incontrato e vive una scuola presente e attenta. Il suo percorso scolastico è bellissimo, mia figlia adora la scuola e in particolare la sua maestra, un’insegnante che educa, ancor prima di insegnare. Una maestra che apre le porte della sua classe al mondo e per questo con grande consapevolezza, intuizione e attenzione, ha presentato e fatto conoscere una scuola che intende andare incontro e accogliere le realtà della vita. Per questo la scuola, questa scuola che mia figlia vive ogni giorno, non è solo un diritto, ma un piacevolissimo obbligo e dovere!
Simona. Io penso che la scuola rappresenti, nella crescita e nella formazione educativa di un bambino, una tappa essenziale e perciò obbligata, ma proprio per questo, un diritto di tutti che va esercitato e difeso con responsabilità, volontà, impegno e fatica, da parte di tutti i soggetti interessati (insegnati, alunni e genitori).
Daniela. Ho sempre amato lo studio e sperimentato quanto esso arricchisca l'uomo e richieda responsabilità, volontà, impegno e fatica. Purtroppo, ancora oggi, per tanti bambini resta un sogno irrealizzabile, un diritto negato.
Laura. Se la scuola non ci fosse, bisognerebbe inventarla! Qual è un altro luogo dove gli adolescenti possono incontrare i loro coetanei e gli adulti, confrontare le esperienze, imparare dai libri e dalle persone? Ogni giorno trascorso a scuola lascia una traccia. Sono un’insegnante e invito sempre i miei alunni a riflettere: cosa conosco e so fare oggi che ieri mi era sconosciuto? Tutto dell’esperienza scolastica va valorizzato. Ma la scuola deve essere positiva, infondere fiducia, dare coraggio e forza per la vita, attraverso ciò che ti trasmette con i saperi, ma anche con l’esperienza! E questa è una impresa tutta da realizzare ad ogni nuovo anno, perché, se è vero che la cultura nasce all'interno dei rapporti umani, questi sono sempre diversi. Oggi non esiste un bravo insegnante in assoluto: esiste una buona relazione didattico-educativa.
Alessandra. La scuola è tutto quello che hai descritto. Penso così perché io sono stata sicuramente fortunata nel mio ciclo di studi. Ed è comunque è una tappa obbligata.
Adele. Penso che la scuola debba essere un'opportunità oltre che un diritto. Richiede certamente responsabilità, volontà, impegno e fatica, non solo da parte degli alunni, ma anche degli insegnanti, dei genitori e di quanti hanno rapporti con chi è al centro dell'esperienza educativa. Penso anche che siamo ancora nell'utopia di una istituzione scolastica che metta realmente al centro “l'argomento” per cui è nata: l'alunno. Forse potrei dire che la scuola odierna è sì luogo del sapere ma gli manca, in troppi casi, l'aspetto dell'apertura verso la realtà tanto da formare gli uomini “liberi” del domani.

La scuola, oltre che essere importante, può secondo te essere definita “un tempo speciale”?
Kathy. Assolutamente si, un tempo unico, irripetibile. Chi non ha ricordi della scuola? Cerchiamo nel nostro piccolo di fare in modo che i ricordi siano belli e nel momento in cui nostro figlio dovesse tornare a casa deluso dalla scuola, umiliato o pronto a mollare, incoraggiamolo a capire che se uno ti abbatte, ci sarà sempre qualcuno che disposto a comprenderti ti esalterà. Questo è troppo importante, perché tanti hanno lasciato troppo presto la scuola e se fosse stato fatto qualcosa, magari non sarebbe successo. Molti ragazzi con famiglie “difficili” e non solo, in silenzio chiedono aiuto e gli insegnanti devono sentirsi la responsabilità di cui ho parlato prima e per questo hanno l’obbligo di rispondere alla richiesta di aiuto, con impegno e sensibilità…
Simona. Per me la scuola elementare è stato un tempo magico!
Daniela. La scuola può essere certamente un tempo speciale, quando il progredire delle conoscenze avviene in un terreno sapiente che sappia infondere sapienza.
Laura. Ho già risposto a questa domanda.
Alessandra. La scuola è collocata all'interno della parte speciale della tua vita che ti porta dall'infanzia alla maturità… quindi penso proprio di si.
Adele. Ricordo ancora il piacere di andare a scuola nonostante le difficoltà che provavo nell'apprendere diverse materie. Sì, credo che la scuola possa essere definita “ un tempo speciale” perché è sicuramente un luogo di arricchimento. Certo, per chi ha qualche difficoltà, può essere anche frustrante, persino avvilente se pensiamo la scuola solo come strumento per trasmettere informazioni; se invece ampliamo l'orizzonte verso le relazioni tra individui e con l'ambiente credo che se non esistesse bisognerebbe inventarla.

Sappiamo quanto gli insegnanti possano essere dei validi e importanti accompagnatori nella crescita dei nostri figli, riconoscendo nel loro ruolo una grande responsabilità educativa; per questo, noi genitori, speriamo sempre di poter incontrare insegnanti disponibili e accoglienti, capaci di formare i nostri figli come persone, di stimolare le varie intelligenze, sollecitare i diversi talenti, valorizzare le competenze e le conoscenze. Di condurli alla socializzazione, al dialogo, alla comprensione e al rispetto.
Quando quell’incontro avviene, quanto siamo veramente disposti a fidarci, a lasciare che gli insegnanti in assoluta autonomia e libertà compiano nei confronti dei nostri figli delle scelte formative ed educative che possono risultare totalmente diverse da quelle che faremmo noi?
Kathy. Il ruolo del genitore e dell’insegnante sono ruoli complementari. Nel momento che incontri un insegnante disposto a sentirsi parte fondamentale della crescita del bambino, non solo ti devi fidare, ma anche affidare. Non dimentichiamo che il bambino a scuola vive in un contesto classe, mentre a casa il contesto è differente, il suo è un rapporto adulto/bambino e per questo le scelte formative e educative assumono caratteristiche e fini differenti.
Simona. In verità io sono una persona che si fida e soprattutto, che rispetta i ruoli; la difficoltà maggiore l’ho incontrata nel constatare che - mentre la mia generazione viene da un tipo di scuola principalmente nozionistica, dove il rapporto educativo insegnante/alunno è un rapporto prevalentemente unidirezionale - oggi la scuola sta giustamente cambiando direzione, nel tentativo di adeguarsi al momento storico e di sfruttare le moderne tecnologie a disposizione, ed il rapporto educativo insegnante/alunno è sempre meno unidirezionale e sempre più di scambio reciproco.
Qualche problema si crea quando noi genitori, avendo tutti frequentato la scuola elementare (magari anche con discreto successo), ci sentiamo altrettanti maestri e tendiamo ad entrare nel merito del lavoro altrui.
Daniela. Sono del parere che, qualora si incontrino insegnanti disposti a porre come primo obiettivo il bene del bambino/ragazzo, con umiltà e al di sopra del proprio io, sia doveroso rispettare il rapporto insegnante-alunno e permettere che questo venga costruito autonomamente. I frutti di tali rapporti sono sempre abbondanti e maturano nel modo migliore, sotto un sole sereno.
Laura. Dipende dall'età dei figli! Alle scuole Superiori i ragazzi, attraverso la varietà degli insegnanti e degli insegnamenti, incontrano il mondo, appena qualche anno prima di sperimentare il lavoro, situazione in cui i genitori non possono porre filtri. Occorre attrezzare i ragazzi a saper reggere le sfide, come dicevo prima, intervenendo solo se necessario. Ma se i figli sono piccoli, nessuno li conosce meglio dei genitori. Penso all'immensa ricchezza che le famiglie con ragazzi disabili hanno raccolto nel tempo. Spesso hanno inventato modalità comunicative e “terapeutiche” impensabili. Ma a scuola talvolta rimangono spettatori, perché ci sono gli “esperti” che hanno studiato e tengono i corsi d’aggiornamento, quasi prescindendo dall'esperienza. Anche noi genitori adottivi abbiamo molto da dire e dare alla scuola. Credo che sia importante sempre il rispetto dei ruoli nel dialogo. Quindi anche i genitori, che non sono dentro le dinamiche di classe, soprattutto nei primi anni di scuola, devono lasciare che siano gli insegnanti a compiere certe scelte, evitando di suggerire quali debbano essere i compagni di banco, per esempio, o altri aspetti che non si possono osservare direttamente. A ciascuno il suo ruolo, ma nel dialogo e considerando “l’altro” una risorsa e non una “controparte”.
Alessandra. Domanda molto difficile!!!! Non lo so.
Adele. Ripensando alle diverse esperienze dei figli con gli insegnanti non posso che testimoniare l'unicità del rapporto per ciascuno. Il secondo figlio ha avuto le due maestre prevalenti che ebbe il primo: due esperienze completamente diverse. Diversi erano e sono i caratteri dei figli; diverso è stato il loro approccio scolastico; diverso, per quanto riteniamo d'essere imparziali, è sicuramente stato il nostro rapporto genitoriale con loro.
Anche le insegnanti si sono ritrovate a dover fare i conti con due persone diverse tanto che, anche per altre situazioni degli ultimi anni, hanno dovuto cambiare il  metodo fino ad allora adottato.
Ho sempre cercato di non intromettermi nel ruolo educativo delle insegnanti, meno che mai con il verificarsi di quelle condizioni ideali di disponibilità e accoglienza. Ricordo solo una volta in cui, mentre la maestra mi mostrava orgogliosamente il tema di uno dei figli, io le dissi che al suo posto non gli avrei dato il massimo, come lei aveva fatto...due giorni dopo il bambino mi riferì che l'insegnante gli aveva abbassato il voto. Non mi sono mai sentita così inopportuna e scorretta!

Parliamo, a questo punto, della relazione e della comunicazione tra la scuola e la famiglia, tra gli insegnanti e i genitori, possibile solo attraverso la collaborazione e il confronto. Nella tua esperienza scolastica, puoi dire di vivere una collaborazione efficace e positiva fondata su uno scambio comunicativo profondo, regolare e aperto, sulla fiducia, sulla libertà di pensiero e sulla verità?
Kathy. La comunicazione è essenziale, il genitore deve essere presente, ma i ruoli non si devono confondere.
Simona. Per la mia esperienza, posso affermare che di comunicazione ce n’è davvero tanta, tra l’altro notevolmente agevolata dall'utilizzo del Blog; personalmente penso che, in qualche caso, la comunicazione è pure troppa, nel senso che - poichè la comunicazione andrebbe gestita nel rispetto dei ruoli - il rischio che si corre è di una ingerenza immotivata delle famiglie nel percorso scolastico, che potrebbe diventare di difficile gestione da parte dell’insegnante.
Nel caso specifico ho avuto la fortuna di interagire con una maestra di grande professionalità e consapevolezza del proprio ruolo.
Daniela. Abbiamo vissuto due esperienze molto diverse, pertanto posso rispondere sì, con enorme gratitudine, relativamente agli anni della scuola primaria, purtroppo rispondo no per i successivi tre anni di scuola secondaria di primo grado.
Laura. Ho già detto che la mia esperienza è costellata da episodi diversissimi tra loro. Talvolta ho sperimentato che non è possibile intervenire più di tanto se i docenti non hanno le risorse personali di sensibilità e apertura: non le imparano in un attimo e spesso i loro atteggiamenti creano sofferenze inutili. Ma altre volte sono stata sorpresa dalla competenza e profondità mostrata da docenti anche delle Scuole Superiori. I ragazzi adottati continuano ad essere adottati anche quando sono grandi e grossi e la tendenza alla scarsa autostima è sempre dietro l’angolo. Una parola, un giudizio, un atteggiamento possono bloccare le reazioni positive, dando luogo a fallimenti, scarso impegno, chiusure varie. I miei ragazzi in alcune materie sono stati capaci di passare da due al nove e viceversa a seconda dei momenti. Hanno scritto dei temi- fiume in anni in cui si sentivano ascoltati e capiti dall'insegnante di italiano e prodotti componimenti “risicati” e privi di vitalità quando l’atteggiamento del docente era critico, severo e nozionistico…  Ma come ho detto prima, non si costruiscono relazioni scuola-famiglia in un attimo e l’estrema fluidità dei consigli di classe non dà tempo per assestare pratiche di comunicazione positive. Ma ribadisco anche il fatto che la famiglia deve via via sparire dalla scuola. Se un ragazzo di 16 anni non vuole studiare, bisogna rimuovere le cause del disimpegno o perlomeno insegnargli ad affrontarle, non chiamare i genitori e dire “Suo figlio non studia!”. Spendo una parola sul ruolo positivo dei fallimenti scolastici. Insegnano che esistono anche i momenti di insuccesso e che ce ne saranno altri nella vita, insegnano, se correttamente vissuti, che l’amore dei genitori permane anche quando le cose a scuola non vanno bene, ecc.
Alessandra. Penso proprio di si... spesso sono lontana dalla quotidianità dei rapporti con la scuola e gli insegnanti, un pò per scelta, un pò per lavoro, ma proprio questo mi ha permesso negli anni di potermi esprimere con gli insegnanti e di essere ascoltata. Allo stesso modo le insegnanti si sono potute esprimere con me senza timore.  A volte ho sentito cose che mi hanno fatto male, ma ahimè spesso vere......sicuramente anche io ho detto cose che fanno male.
Adele. Mentre con le insegnanti dei primi due figli c'è sempre stata una aperta collaborazione, con quelle del terzo la ritengo carente. Mi manca lo scambio comunicativo profondo che presuppone una fiducia reciproca; il rapporto è spesso superficiale ma non perché il bambino vada benissimo, e allora si potrebbe anche capire. Come se, in queste insegnanti, ci sia una minore disponibilità al confronto, al mettersi in discussione.

Ritieni sia interessante e utile il coinvolgimento e la partecipazione dei genitori da parte degli insegnanti nell’esperienza scolastica dei figli? In questo coinvolgimento, che fa nascere un senso di appartenenza alla scuola da parte delle famiglie, credi che noi genitori possiamo sentirci una risorsa attiva per contribuire a costruire e sostenere il percorso formativo ed educativo dei nostri figli, per migliorare sempre di più questa esperienza che sarà fondamentale nella loro vita?
Kathy. Si, a volte il genitore che viene coinvolto osserva il proprio figlio anche da un’altra prospettiva, può essere un aiuto per lui e un’opportunità per il figlio di aprirsi di più nei confronti del genitore. Così facendo si aprirebbe anche un dialogo più coinvolgente.
Simona. Io credo che la partecipazione dei genitori nell'esperienza educativa dei figli, e soprattutto l’alleanza educativa genitori/insegnanti, se sapientemente gestita, possa fare la differenza nel percorso educativo del bambino.
Daniela. Ritengo che dimostrare capacità e voglia di dialogo, ascolto, apertura, collaborazione, confronto e condivisione, sia per i nostri figli il più grande insegnamento, da parte dei genitori, come da parte degli insegnanti. Certamente sarebbe fondamentale nel percorso educativo di bambini e ragazzi.
Laura. (Già risposto…)
Alessandra. La presenza dei genitori è sicuramente importante... anche se ultimamente si sta esagerando con le presenza invadenza e pretesa dei genitori di entrare in merito alle "cose" di classe. Comunque secondo me il ruolo dei genitori deve essere svolto a casa.
Adele. Ritengo fondamentale il coinvolgimento e la partecipazione dei genitori da parte degli insegnanti perché i figli/alunni possano godere dei benefici che li porteranno ad essere adulti del domani liberi, consapevoli, autonomi e capaci di gestire la propria vita.

Se quindi ti senti risorsa, vuoi, oggi, esprimere una impressione, fare una proposta, dare un suggerimento, una idea, proporre un argomento o semplicemente rivolgere una domanda agli insegnanti? Anche alla scuola, se ritieni…
Kathy. Che dire? Tutti gli insegnanti che hanno a che fare con gli alunni devono pensare che il loro essere così è frutto anche della scuola che hanno vissuto e quindi devono essere consapevoli che il loro agire lascerà un segno importante sugli alunni. Alunni con caratteristiche diverse ma con in comune il diritto a essere “aiutati” a formarsi, guidati e accompagnati e affiancati nel loro fondamentale percorso.
Un altro suggerimento…presidi meno tecnici e più accoglienti e partecipi attivi nella scuola.
Simona. Suggerirei alla scuola di guardare con profondo interesse e altrettanta attenzione (direi quasi con un atteggiamento di supporto e incoraggiamento) gli insegnanti che sperimentano percorsi educativi alternativi, che si impegnano nel cercare di fare una “buona scuola”, accogliente e competente, utilizzando metodologie mirate, per una scuola inclusiva che risponda alle esigenze della singola persona, ai suoi bisogni cognitivi ma anche emotivi.
Daniela. Sì, come ogni genitore, credo di essere una risorsa. In particolare, da genitore adottivo, chiederei ardentemente agli insegnanti, qualora si manifestasse la benché minima necessità, di prendere in considerazione le “Linee di Indirizzo per il Diritto allo Studio degli Alunni Adottati” e di approfondire la conoscenza delle specifiche problematiche legate all'adozione. Ma non posso solo chiedere. Come ognuno di noi è portato a fare quando sperimenta gravi problematiche derivanti da situazioni o eventi dolorosi di vario genere, sento il bisogno di dare: metto a disposizione il mio bagaglio d’esperienze al fine di contribuire alla comprensione e diffusione della cultura dell’accoglienza.
Laura. Direi ciò che dice Daniel Pennac, quando invita i docenti a guardare con “curiosità antropologica” gli studenti e inviterei ciascun insegnante a non avere pace fino a che non trova il bello che c’è in ciascun alunno. Nessuno deve percorrere un anno scolastico senza avere incontrato almeno un’esperienza di successo.
Alessandra. La nuova generazione sta studiando troppo e tutto in teoria. Conosce tanto ma spesso perde la manualità e la capacità di creare piccoli lavori. Io reintrodurrei arti e mestieri come laboratorio didattico. E magari, permettetemi il termine, butterei fuori il laboratorio clil che almeno per la pochissima esperienza che ho è stato completamente inutile.
Adele. Mi sentirei di dire alle insegnanti di lasciarsi guidare dal loro amore per la professione che svolgono anche a scapito di programmi non portati a termine, di tutti gli obiettivi non raggiunti, delle “formalità” e consuetudini radicate. La LIBERTA' d'insegnamento non si può barattare con una burocrazia sempre più invadente!
E poi non dimentichiamoci che ogni sedia è occupata da una persona, con le sue caratteristiche che vanno riconosciute, rispettate e valorizzate; non si possono rincorrere degli standard anonimi.

Vorrei concludere “spostando lo sguardo”… Secondo te, cosa spinge un bambino ad andare a scuola sereno?
Kathy. La sicurezza che il genitore ha il dovere di dargli facendolo sentire bene! Come? Offrendogli tutte quelle parole che lo rendono sicuro di essere un figlio che se vuole può, senza mai umiliarlo, facendolo sentire forte, capace, badando alle piccole cose, ricordandogli che è in gamba e che gli errori sono successive conquiste.
Da quando mia figlia era all'asilo, ogni giorno ho sempre messo un piccolo foglietto insieme alla merenda; prima erano solo disegni con racchiuso un messaggio, poi, quando ha imparato a leggere, sono diventate frasi positive, di incoraggiamento, di lode che lei man mano conserva con orgoglio. L’importanza dei piccoli gesti, dei sorrisi, degli sguardi, questo rende un figlio sicuro di se e sereno.
Simona. Il bambino è spinto inizialmente da un ambiente familiare sereno e, immediatamente dopo, ma direi quasi contestualmente, da un ambiente scolastico altrettanto sereno.
Daniela. Certamente il calore umano di rapporti veri e rispettosi, ma credo, al di sopra di tutto, la coerenza.
Laura. Il sentirsi accolto così come è, non giudicato negativamente, valorizzato nella sua bellezza unica e non costretto a rispondere ad uno standard inventato chissà dove!
Alessandra. Fondamentale è la figura dell'insegnante e di ogni singolo compagno e poi il dialogo con i genitori ...i bambini che esprimono i loro problemi o il loro disappunto con i
genitori, che li ascoltano e li consigliano, hanno già scaricato il 90% delle loro ansie.
Adele. Credo che un bambino vada a scuola sereno se si sente accolto, sostenuto, incoraggiato, con modalità empatiche, a dare il meglio di se. Sarà sereno senza  l'angoscia di prendere un brutto voto ( fosse per me abolirei i voti ed i giudizi ma monitorerei gli alunni nel raggiungimento di un nuovo “scalino” verso la maturità, senza classifiche e competitività), di essere deriso dai compagni o dagli stessi insegnanti se... è sarà capace, parola difficile, di accettare di fare dei sacrifici per imparare.

Nell'accompagnare tuo figlio/figlia in questa esperienza scolastica…hai pazienza verso di te, genitore imperfetto come chiunque genitore, e ti vuoi bene così?
Kathy. Che bello essere imperfetti, se non lo fossimo cosa potremmo insegnare ai nostri bambini? La perfezione? Mi voglio molto bene così!
Simona. Io sono una persona poco paziente, anche se mi impegno tanto nel cercare di esserlo, con me stessa però non lo sono per niente ….  A questa domanda scelgo di non rispondere… ma… TI VOGLIO BENE lo stesso, ISA!!!!!
Daniela. Ho imparato a sdrammatizzare e perdonarmi. Riesco a chiedere scusa, anche a mio figlio: la coerenza è ancora al primo posto.
Laura. Mi metto in discussione spessissimo, vorrei essere ed essere stata migliore. Poi penso che “ci vuole un villaggio per educare un bambino”, penso alle mille risorse interiori sviluppate dai miei figli adottivi prima di incontrare me e mio marito e ridimensiono la ricerca di perfezione, a vantaggio di quella del dialogo, della partecipazione. Per questo ringrazio in cuor mio tutte le persone che fanno parte delle reti informali e formali che sostengono la nostra vita e quella dei nostri figli… La rete di amici, parenti, insegnanti, allenatori sportivi, capi-scout, responsabili di gruppi giovanili. Tutta gente imperfetta come me che ha saputo dare qualcosa. Nei momenti di difficoltà la rete ti salva!  Occorre non essere troppo selettivi. I nonni viziano? Ma accolgono. Gli zii educano in modo diverso? Ma ti offrono una prospettiva “altra”. Altri adulti sono troppo severi o non ti capiscono abbastanza? Ma ci sono. Direi che una famiglia collegata ad altre, è più forte.  Anche a scuola.
Alessandra. E si ..anche se ogni tanto perdo la rotta e mi rendo conto che devo raddrizzarmi.
Adele. Diciamo che mi sento in cammino verso l'accettazione della mia imperfezione di genitore e spesso mi sento stimolata ed aiutata dagli stessi figli ad adottare, nei loro confronti, modalità d'accompagnamento diverse da quelle che spontaneamente adotterei. Forse sto iniziando ad imparare a volermi bene così.

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