Mentre gli ultimi giorni di agosto volano via e ci proiettiamo verso il primo settembre, mi sono ritrovata tra le mani un augurio che avevo scritto ai nuovi colleghi due anni fa. È raro che riporti qui pensieri passati, ma mentre lo rileggevo pensavo che ancora oggi augurerei esattamente questo, dice proprio che cosa conta per chi come me crede che un'altra scuola sia possibile.
Ai colleghi che entreranno in ruolo in questo anno scolastico.
Vi auguro che la scuola sappia accogliere il vostro entusiasmo e che voi sappiate difenderlo. Che non consideriate questo momento un traguardo, ma un punto di partenza, con la consapevolezza che questa è una professione in cui i ferri del mestiere non sono mai pronti una volta per tutte. Vanno rivisti di continuo e, spesso, messi da parte per costruirne di nuovi su misura.
Vi auguro di sapervi spogliare dei modelli dei brutti insegnanti che avete incontrato, fermi in cattedra, incapaci di implicarsi e di vedere davvero, e che sappiate portare in classe i veri maestri, quelli che si sanno avvicinare, che sanno riconoscere, che sanno accompagnare. Quelli che hanno capito che a scuola si deve stare bene, tutti, insegnanti e studenti, perché solo dove si sta bene è possibile costruire qualcosa di buono. Quelli che sentono la responsabilità di trasmettere i saperi, ma che sanno che il vero obiettivo è aiutare a essere cittadini attivi, consapevoli e critici e che, per questo, partono sempre da chi hanno di fronte e non conoscono il bisogno di isolare la scuola dal mondo. Anzi, spalancano, pronti a incontrare e ad accogliere tutte le opportunità.
Vi auguro di saper posare lo sguardo su ognuno e tutti, impegnandovi perchè i vostri alunni possano respirare accoglienza, inclusione, ricevere e praticare la cura. Che sappiate unire e non dividere, costruendo la collaborazione laddove troppo spesso si pratica la competizione.
Vi auguro di non lasciarvi mai travolgere dai ritmi incalzanti, che centrifugano tutto e fanno perdere di vista ciò che conta. Il viaggio, lo sapete bene, è importante quanto e più della meta. Dunque, non abbiate paura di perdere tempo, di utilizzare sempre tutto quello che è necessario. Il tempo per l’ascolto, per la riflessione, o anche solo per sedervi e aspettare perchè non tutti gli appuntamenti si possono stabilire in anticipo.
Il mio consiglio, se posso permettermi, è di diffidare di una scuola che vuole inseguire i modelli e i ritmi di una società che sta implodendo perché ha dimenticato che cosa nutre la sua sopravvivenza.
Vi auguro di non avere paura di sbagliare e di accogliere gli errori vostri e quelli dei vostri alunni come un’opportunità per conoscervi, mettere in discussione le vostre certezze, per migliorare.
Vi auguro di costruire un rapporto tiepido con i voti, capaci solo di dividere, attenti a misurare le performance ma ciechi davanti ai progressi individuali. E su questo, vi prego, non dimenticate mai che non ci sono misure uguali per storie diverse.
Vi auguro di saper guardare alle famiglie come alleate, non come antagoniste, di non dimenticare mai di assumere anche il punto di vista dell’altro. Non c’è un genitore che non voglia il bene del proprio figlio. Se non lo fa è perché non ne è capace.
Ascoltatele per conoscere meglio i vostri studenti e dite chi siete, condividete le vostre scelte e aprite a un dialogo continuo. L'alleanza è la più grande forza, quella con la quale potrete fare qualunque cosa.
Infine, un consiglio. Difendete la vostra professionalità da tutti, anche da voi stessi, quando la stanchezza rischierà di farvi fare la cosa sbagliata. E non abbiate paura di osare anche da soli. Non sempre abbiamo i giusti compagni di viaggio, a volte dobbiamo attenderli per tanto tempo, senza neanche la certezza che arriveranno.
E non pensate mai, neanche nelle giornate più difficili, che non valga la pena. Il nostro lavoro vale sempre la pena perché consegna un futuro migliore alle vite che incontriamo e alla nostra comunità.
Vi saluto con le parole di Giuliana Martirani. Si tratta di un pezzo tratto dalla risposta a Lettera a una professoressa. Me le sono ritrovata in mano proprio oggi in un libricino che raccoglie Pensieri e parole di don Milani.
(…) L’educatore ha mani per toccare, è disposto a sporcarsi, a non restare affacciato al balcone, guardandosi lo spettacolo di liberazione che si sta svolgendo sulla piazza della vita. Si tuffa nella mischia pronto a ribaltare le sue “sicurezze”, a scommettere sui perdenti della vita e a gareggiare insieme a loro, neanche sapendo come andrà a finire, anzi sapendo che nella logica umana ciò è una follia, ma in quella della storia è invece un “irrompervi”. (…)
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