mercoledì 27 gennaio 2016

Shoah: percorso concluso

Questa mattina, con l'apprendimento del canto "Il bambino nel vento" e il minuto di silenzio alle 11.59 in punto, abbiamo concluso il nostro percorso sulla Shoah. 
Durante il minuto di silenzio ci siamo concentrati sulle sensazioni di chi - il 27 gennaio 1945 - ha visto abbattere i cancelli di Auschwitz e, finalmente, ha visto riaccendersi la speranza. Affrontare il discorso della speranza che si riaccende, ci ha portato anche ad avvicinarci a un altro importante tema: la difficoltà di riprendere una vita normale per chi vive esperienze così difficili, anticipando così i contenuti che affronteremo il prossimo anno attraverso la storia di Jona Oberski, che porteremo in classe con "Jona che visse nella balena", il film di Roberto Faenza, datato 1992.

Di seguito, condividiamo la raccolta dei contenuti che hanno guidato il nostro percorso sulla Shoah in questo mese di gennaio della nostra terza elementare:

NOI RICORDIAMO

Niente arriva più di una canzone e questa è anche qualcosa di più...
Noi ricordiamo. 


Canzone del bambino nel vento
https://www.youtube.com/watch?v=Wrz8dS5CkqE

Son morto con altri cento
Sono morto ch'ero un bambino
passato per il camino
e adesso io sono nel vento.

Ad Auschwitz c'era la neve
il fumo saliva lento
nel freddo giorno d'inverno
e adesso io sono nel vento.
E adesso sono nel vento.

Ad Auschwitz tante persone
ma un solo grande silenzio
è strano non riesco ancora
a sorridere qui nel vento.

Io chiedo
come può l'uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.

E ancora tuona il cannone
e ancora non è contenta
di sangue la bestia umana
e ancora ci porta il vento.
E ancora ci porta il vento.

Io chiedo quando sarà
che l'uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà.
E il vento si poserà.

Io chiedo quando sarà
che l'uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà.
E il vento si poserà.
E il vento si poserà.

lunedì 25 gennaio 2016

Edmodo: materiali

Vi informo che su Edmodo è disponibile la raccolta, realizzata con Blendspace, di tutti i materiali utilizzati per il percorso sulla Shoah.
Come promesso, ho pubblicato anche il documentario "Storia del pianeta Terra" perchè possiate rivederlo anche a casa.
Buona consultazione!

Progressi che riempiono di gioia

Prima di chiudere la giornata, non posso non fermare almeno con due foto il momento in cui, questa mattina, abbiamo coinvolto Seynabou in alcune situazioni comunicative per rinforzare e verificare i suoi primi apprendimenti linguistici. Lei si è mossa prima tra i banchi dei compagni, chiedendo informazioni sui nomi dei genitori (al momento stiamo lavorando sulla famiglia), per poi esercitarsi, con l'aiuto di Chiara, a chiedere e a prestare il materiale scolastico, utilizzando frasi complete. 
L'attività si è conclusa con un applauso e con un coro tutto dedicato a Seynabou. É stato meraviglioso vedere come sorrideva felice mentre dimostrava con sempre maggiore sicurezza i suoi primi apprendimenti. 
É fatta! Lei è già parte del gruppo!



Emozioni

Oggi, dopo aver letto a voce alta i testi che propongo in prima mattinata, felice di apprezzare la crescita della loro capacità di scrittura, mi rivolgo ai bambini dicendo: - Sapete? Oggi l'assenza della mia mamma la sento ancora di più. Se fosse ancora qui, stasera sarei andata a farle leggere i vostri lavori e so che lei si sarebbe emozionata proprio come me.
Mentre mi ascoltavano, uno di loro si alza e corre subito ad abbracciarmi con tutte le sue forze. Mi abbasso per accogliere il suo affetto e lui mi dice:
- Tranquilla maestra, lei sente tutto con il suo cuore.
La bellezza di essere maestra.

mercoledì 20 gennaio 2016

"1943-1997": saluto a Ettore Scola

Oggi ci ha lasciato Ettore Scola. Voglio che gli arrivi anche il nostro saluto, condividendo ancora una volta "1943-1997", il cortometraggio che ospitiamo ogni anno perché, più di tutti, aiuta a cogliere il senso della giornata della memoria. 
 

Il dovere della memoria

Si avvicina il giorno della Memoria e noi, per il terzo anno, abbiamo intrapreso un percorso partendo da una semplice lettura che ci consentisse di ritornare sulle nostre precedenti scoperte per rileggerle con gli occhi di oggi.

Quest'anno la proposta è venuta da una bambina: Anna Pilloni.
Si tratta della storia di Anna Frank, l'adolescente ebrea conosciuta in tutto il mondo attraverso il suo diario, riscritta per poter essere accolta dai bambini più piccoli. Il titolo è:  "Anne Frank, la voce della memoria".
Il libro, caratterizzato da un linguaggio semplice e immediato, ci sta consentendo di ripercorrere quanto avvenuto durante la seconda guerra mondiale senza omettere nessun avvenimento e di osservarlo con gli occhi di Anna che, nel giro di poco tempo, ha visto la sua vita trasformarsi completamente,  prima a causa delle leggi razziali, poi per la necessità di nascondersi in un rifugio per sfuggire alla deportazione. 

In un mondo sempre più spaccato dalle divisioni, dalla costruzione di nuovi muri e dai pericoli di nuovi conflitti, ho ritenuto che non trascurare il dovere della memoria fosse ancora più  importante perchè è solo grazie alla conoscenza che le nuove generazioni potranno crescere coltivando la cultura della pace ed evitando che gli errori del passato si ripropongano, pur se in forme diverse.

Come tutti gli anni, riporto il link a una selezione di risorse da me curata e pubblicata nel 2014, sperando che possa essere di aiuto ai colleghi che scelgono di impegnarsi in iniziative di narrazione e riflessione in ricordo dello sterminio e della persecuzione del popolo ebraico e dei deportati militari e politici nei campi nazisti.

La scuola deve essere un po' meglio della società

Porto qui uno stralcio di una breve intervista a Franco Lorenzoni. Un MAESTRO.

"La questione chiave è se l'insegnante si sente in un luogo in cui c'è una scommessa: la scuola deve essere un po' meglio della società" .

Il bambino è fatto di cento


É una poesia che amo da tanto e oggi me la sono ritrovata tra le mani.
La regalo ai colleghi e ai genitori. Contiene un messaggio sul quale bisognerebbe sapersi fermare.

Invece il cento c’è

Il bambino
è fatto di cento.
Il bambino ha
cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare
cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire
cento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.
Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.
Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.
Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c’è
e di cento
gliene rubano novantanove.
Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l’immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.

Gli dicono insomma
che il cento non c’è.
Il bambino dice:
Invece il cento c’è.

Loris Melaguzzi

Per una didattica a bassa direttività: sperimentazione assistita

Il Seminario "Per una didattica a bassa direttività", svolto ad Iglesias tra ottobre e novembre, aveva l'obiettivo di offrire l'opportunità di ripensare le pratiche didattiche direttive e proporre altri possibili modelli e strumenti. Non poteva che trattarsi di una prima apertura verso il cambiamento, alla quale far seguire percorsi mirati. È proprio in quest'ottica che ieri, nella nostra scuola, abbiamo avviato un percorso di sperimentazione assistita rivolto ai docenti delle scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Inaspettatamente... trentacinque docenti motivati. Al centro la didattica con gli EAS e quelli che io chiamo i "capovolgimenti necessari", l'utilizzo degli ambienti di social learning e gli strumenti di condivisione. Abbiamo aperto da subito uno spazio virtuale per costruire l'abitudine a una collaborazione orizzontale continua, ma anche per sperimentare in prima persona le buone pratiche che si intende promuovere nelle classi.
A fine serata, al mio rientro a casa, lo spazio era già super attivo. Io ho raccolto e rilanciato condividendo subito i primi materiali e gli impegni operativi che abbiamo assunto. La motivazione è alta e questa fa ben sperare. Proprio bello fare squadra per apprendere insieme. Quando poi, finalmente, succede "a casa propria", fa davvero un grande piacere. Non resta che augurarsi buon lavoro e sperare che presto si mettano in moto in questa direzione tutte le scuole del territorio per dare risposte ai bisogni che i colleghi, durante il Seminario, avevano espresso con grande chiarezza.

Non sono fatta per i voti. Questo è sempre più chiaro.

Stamattina. Una giornata qualunque, anche se a scuola una giornata non è mai qualunque per chi, pur immergendosi completamente, non può fare a meno di vedere tutte le piccole grandi cose che ogni giorno partecipano alle attività con noi, ne fanno parte e ci modificano.
Completiamo un lavoro di scrittura: una storia da riordinare in sequenze da accompagnare con ricche didascalie. E inizia la ricreazione.
I bambini e le bambine si gestiscono per andare in bagno e nel frattempo si organizzano in tavolate, pronti ad aspettarsi per iniziare a mangiare tutti insieme. Come sempre intervengo quando noto che qualcuno è rimasto solo. La mia attenzione è tutta concentrata sul tavolo della nuova compagna: come mai è sola? No, non è sola, c’è Chiara con lei.
- Perché c’è solo Chiara con Seynabou?
Invito a riflettere e a modificare l’organizzazione. Riorganizzano. Le tavolate si modificano.
Il mio sguardo si sposta. Alla mia destra c’è un altro bambino solo.
Domando come mai sia solo e lui mi dice subito che è una sua scelta. Loro sanno che se si tratta di una loro scelta non intervengo. Uno può anche avere voglia di stare un po’ da solo, no?
Ma non finisce di dare la risposta che vedo il suo sguardo modificarsi, l’espressione cambia e gli occhi iniziano a gonfiarsi.
Vedo il pianto che arriva. Gli vado incontro e le lacrime già scendono a fiumi. Lo abbraccio, lo bacio, gli chiedo che cosa sia successo. Chiedo perché non vada dai compagni. Attribuisco questa sua sofferenza, che in quel momento sembrava enorme, a qualche dinamica di cui non ha voluto dirmi. A volte i bambini si sanno ferire e non si rendono neanche conto.
Invece mi dice che non c’è niente con nessuno. Allora mi illumino.
- È per la valutazione gli chiedo?
Capisco subito che ho azzeccato. Le lacrime aumentano.
- Ma io non metto voti, non vi valuto mai. Non puoi vivere così la valutazione settimanale dell’impegno. Valutiamo solo questo, lo sai. E se lo valutiamo, non possiamo non tener conto del materiale che abbandoni dove capita e che regolarmente non ti ritrovi, dell’impegno che oggi avevi con la classe e di cui ti sei dimenticato… D’altronde è un distinto. Non mi sembra una cosa così terribile.
Si tratta della nostra striscia settimanale con la quale dall’anno scorso valutiamo. Contiene l’immagine di una maestra sorridente e una semplice tabella con i giudizi sui quali riporre una crocetta. Non ciò che uno sa fare (lo sanno bene che questo può dipendere da tante cose e che per noi non è oggetto di valutazione), ma il loro impegno. Impegno e cura nello svolgimento delle consegne, nella collaborazione con i compagni, nel portare il materiale scolastico.
Nonostante le mie parole, le lacrime aumentano.
- Ma amore, non puoi piangere così per una cosa del genere. Distinto è un giudizio meraviglioso, non potevamo mettere ottimo. Tu sai bene quali sono gli aspetti di cui teniamo conto.
Tra i singhiozzi, mi guarda e mi dice: - No, maestra, a me va benissimo. È a mamma che non va bene. Lei ora mi punisce per una settimana.
- Ma è distinto amore – rinforzo - Poco poco meno dell’ottimo!
- Sì, a mamma il distino va ancora bene.
Allora mi rendo conto. Il problema non è solo la mamma, ma è anche la mia valutazione. Ci ripenso. Non ho messo distinto, ho messo buono. Ecco il vero problema. Ho evidenziato troppo le dimenticanze a svantaggio di tutte le cose in cui dimostra un impegno continuo.
Rifletto. Mamma a parte, il bambino non è convinto. Sta percependo la valutazione come un’ingiustizia e questo mi preoccupa di più.
Mi fermo un attimo. Nella mia testa si intrecciano le diverse posizioni educative. Quelle con le quali faccio i conti di continuo e che non tornano mai con ciò che vivo.
Attenzione al bambino. Bisogna mettersi dal punto di vista del bambino, concentrarsi sul suo benessere e sulla sua serenità. Insegnargli a tirare fuori ciò che sente.
Troppa attenzione al bambino. Le sconfitte fanno crescere.
E ancora, la più faticosa… l’assenza di fermezza non dà un bel messaggio educativo.
Guardo lui, solo lui, non la mamma, né nessun altro. E la risposta arriva immediata, nella sua semplicità.
Lo conosco bene. Conosco la sua motivazione, la sua allegria mentre apprende, la capacità di collaborare, di aiutare tutti. Dimentica le cose, questo è assolutamente vero. Ma un segnale è sufficiente. Per lui il buono, in qualche modo, rappresenta due segnali.
Ingoio i rischi. Gli chiedo di portare il quaderno, in silenzio.
Piano piano stacchiamo la striscia del giudizio. Ne incollo una che copre le tracce della precedente. E buono diventa distinto.
Mi muovo in silenzio. È una cosa che riguarda solo noi. Gli altri potrebbero davvero fraintendere.
- Può diventare solo distinto - preciso a voce bassa e, assumendomi la responsabilità dell’errore, spiego: - In effetti, questa volta ho esagerato. Ero adirata perché hai dimenticato l’impegno importante che ti avevo affidato per oggi. E tu lo sai, gli impegni che si prendono con il gruppo sono più importanti di quelli che riguardano solo se stessi.
Ora è accettato. Il sorriso torna. Lui non era convinto e questo era più ingombrante della reazione della mamma.
Il tempo ha ripreso a scorrere. Il chiasso della ricreazione ha rioccupato la bolla di silenzio in cui c’eravamo infilati noi. Se si è unito al gruppo, non lo so. Ma era di nuovo sereno.
Devo insegnargli che deve dare parole al pianto.
Lo dico sempre ai bambini, ma devo farlo ancora. Difendete ciò in cui credete, anche se sono io la persona che non vi convince.
Le reazioni a casa sono un altro discorso. Di quello impareranno ad occuparsi loro. L’importante è che assieme a queste non debbano gestire la sensazione di ingiustizia.
Poco dopo tutto questo, vado via. Oggi mi aspetta un impegno interessante. Uscita alle 11.30.
Sono leggera e rido anche un po’ di me.
Non sono fatta per i voti. Questo è sempre più chiaro.

lunedì 18 gennaio 2016

É nata Vanessa!!!


La stava aspettando Nicola, ma con lui l'aspettavamo tutti noi e, proprio ora, è arrivata la notizia: è nata Vanessa!!!
Auguri Nicola, a te, alla tua mamma e al tuo papà. 

Benvenuta a questo mondo, Vanessa,
che tutto ti possa essere dolce!

Il lavoro dell'archeologo: materiali

Vi comunico che sono disponibili i materiali sul lavoro dell'archeologo realizzati per noi da Kathy Scalice a supporto della bellissima lezione che ci ha proposto oggi.
Colgo l'occasione per ringraziare Kathy per la sua grande disponibilità e per la competenza messa a disposizione di tutti noi, di cui speriamo di poterci avvalere in nuove occasioni. 
Di cuore... GRAZIE!!!

domenica 17 gennaio 2016

Dalla banca dei talenti: il lavoro dell'archeologo

Vi informo che abbiamo "pescato" di nuovo nella banca dei talenti.
Questa volta ad arricchirci saranno le competenze di Kathy Scalice (la mamma di Lucilla) che domani mattina, all'interno della lezione di storia, ci accompagnerà ad approfondire il lavoro dell'archeologo.
Davvero una bellissima opportunità per tutti noi. Grazie Kathy, ti aspettiamo!

Risorse: "Nuova didattica"

Con grande piacere segnalo ai colleghi e a tutti gli interessati, la nascita del sito "Nuova didattica", una proposta di grande interesse per chi, come me, sente il continuo bisogno di una relazione ricorsiva tra teoria e pratica.
Il progetto è curato da Pier Cesare Rivoltella e Pier Giuseppe Rossi.

Nel sito è possibile consultare i manuali "L'agire didattico", a cura di Pier Cesare Rivoltella e Pier Giuseppe Rossi"L'agire valutativo", a cura di Luciano Galliani.

Consiglio di interclasse: convocazione

Informo che in data mercoledì 27 gennaio 2015, alle ore 17, è convocato il Consiglio di interclasse alla presenza dei rappresentanti dei gentiori per discutere i seguenti punti all'ordine del giorno:
  • Lettura e approvazione del verbale seduta precedente;
  • Verifica dell’andamento complessivo della classe, analizzato anche in relazione all’efficacia degli interventi di supporto messi in atto;
  • Verifica dell'adeguatezza degli approcci metodologici rispetto agli alunni in difficoltà;
  • Individuazione di interventi specifici e di strategie di recupero;
  • Varie ed eventuali.

martedì 12 gennaio 2016

Benvenuta, Seynabou!

Ieri, quando stavo arrivando a scuola, sapevo che sarebbe stata una giornata frizzante e che non sarebbe stato facile contenere per cinque ore l'emozione di ciò che ci attendeva nel pomeriggio. Così, giusto per approfittare, avevo deciso di proporre una semplice frase da proseguire per i nostri testi di inizio mattinata, certa che avrebbe catturato le emozioni e ne avrebbe lasciato traccia sul foglio di carta: "Oggi mi sento proprio...".
Eppure, in un attimo, tutto è cambiato.
Al loro ingresso in aula, ad attendere i bambini c'era una sorpresa. Nella prima isola, entrando a sinistra, era seduta una nuova bambina. Occhi grandi e scuri, smarriti: Seynabou.
All'improvviso, ogni attesa dimenticata. Spazio solo per la curiosità. 
Chi è questa nuova bambina? Da dove arriva? Quanti anni ha? Perché è qui?
L'ho presa per mano e l'ho presentata. Ci siamo spostati sulla carta geografica per localizzare continente, stato, città di provenienza e posizione rispetto alla Sardegna. Africa. Senegal. Dakar. Sud-Ovest.
E poi lì ci siamo fermati. Seynabou non poteva raccontarci niente. Per il momento non conosce una parola della nostra lingua e non reagisce ai nostri stentati tentativi in francese.
Perciò, abbiamo abbandonato le chiacchiere per lasciare posto a tutte le altre possibili forme di comunicazione che potessero farla sentire bene tra noi.
E mentre lei ha iniziato ad esplorare con me i primi strumenti di lavoro, ho invitato i bambini a concentrarsi sul loro testo. "Oggi mi sento proprio..."
Il tempo è trascorso in fretta, i testi proposti ad inizio mattinata occupano massimo venti minuti. E quando è arrivato il momento della lettura... una vera sorpresa.
Non c'era che traccia marginale delle emozioni legate al cinema. Le righe erano piene di Seynabou. Così sarebbe stato ogni momento successivo.
Chi cercava di spiegarle le cose, chi voleva starle accanto per aiutarla, chi voleva prestarle il materiale, chi si rendeva disponibile per accompagnarla al bagno, chi la invitava a sedersi nella propria isola per la merenda...
E mentre li osservavo incantata dalla loro naturalezza che non conosce ostacoli all'accoglienza, sentivo piano piano ammorbidirsi le mie preoccupazioni.
Oggi, a un giorno di distanza, Seynabou era ancora silenziosa, e probabilmente lo sarà per un bel pezzo, ma abbiamo già raccolto qualche timido sorriso e l'abbiamo vista fare squadra ed esultare per il suo primo canestro. Forse è poco, ma io mi sono scoperta  fiduciosa.
Inutile negarlo. Non sono sicura di dove andremo. Ma so che troveremo la strada e che, comunque sia, sarà un movimento.
Benvenuta Seynabou!

Una scuola

Con piacere condivido con voi il post "Alternative" di Monica Guerra, pubblicato in data 11 gennaio 2016 sul blog http://unascuola.blogspot.it/, del quale vi consiglio anche la lettura del bellissimo Manifesto.

Intorno alla scuola c'è movimento. Di ogni sorta.
Da quello di una riforma sghemba che comunque ha almeno il merito di aver rimesso la scuola al centro delle pubbliche discussioni, a quello del social dibattito all'interno del quale fioriscono petizioni contro questo o quell'aspetto, fino a quello delle molte proposte alternative che provano a realizzare una scuola diversa da quella tradizionale.
È un movimento che arriva nel nostro paese sull'onda lunga di altri paesi che da tempo discutono l'opportunità di ripensare le istituzioni scolastiche, sovente in modo anche radicale. Ma è anche un movimento che, a pensarci bene, ha radici nel nostro stesso paese, dove molti buoni esempi di altra scuola si sono realizzati da ben oltre un secolo, se consideriamo almeno Montessori, giusto per fare un esempio noto ai più.
Oggi assistiamo ad una vera esplosione di esperienze alternative, ma questa parola ci sta stretta, per un po' di ragioni.
La prima è che, per poter definire una alternativa, bisognerebbe avere chiaro da che cosa ci si sta distinguendo, mentre l'eterogeneità di ciò che si definisce come scuola tradizionale è tale da renderlo quantomeno arduo. Molta buona scuola si realizza ogni giorno, in molte buone scuole del nostro paese. Tuttavia, ciò avviene per lo più in due modi: o per iniziativa e buona volontà individuali o per modelli che si propongono di sperimentare strade nuove e che restano - seconda ragione per cui abbiamo resistenze su questa parola - appunto alternativi.
Alternativi in quanto eccezionali, che di per sé non è una brutta cosa, ma eccezionali significa anche rari. E rari vuol dire per pochi: quelli abbastanza lungimiranti, competenti o consapevoli da scegliere una scuola in ragione delle sue caratteristiche, o quelli abbastanza benestanti da potersi permettere le scuole che vogliono. Questo, nel nostro paese, è drammaticamente evidente, se pensiamo che la stessa Montessori, nata per favorire l'inclusione di bambini con difficoltà, si è dovuta espandere fuori dal sistema pubblico divenendo privilegio di pochi, cosicché alla fine in Italia le scuole con questo modello sono ben inferiori che altrove nel mondo e per la gran parte a pagamento.
Ciò fa sì che alternativo, da noi, tenda a rimanere tale, mantenendo le sue potenzialità evolutive senza tuttavia mai portarle a compimento, cioè senza mai andare davvero ad incidere nelle strutture profonde del sistema scolastico, sebbene non si possa negare che molte tracce di ciò che di propulsivo matura nei movimenti alternativi vada poi a contaminare positivamente molte altre scuole.
Non una brutta parola, dunque, perché porta con sé il valore dell'orientamento alla trasformazione, ma una parola che vorremmo trasformante davvero, perché altrimenti alternativo finisce per perdere il suo potenziale profondo.
E veniamo così al nodo per noi centrale. Che cosa vogliamo dalla scuola? Anzi, che cosa pretendiamo? La risposta, in sintesi, è tutto ciò che bambini e ragazzi meritano. E la scuola, oggi, non riesce a darlo. Non è colpa di questo o quell'insegnante, né di questa o quella istituzione, perché a questo e anche a quello riconosciamo l'impegno, la tensione, l'iniziativa. C'è bellezza, molta, in molte delle scuole che incontriamo. Il problema non è questo. Il problema è che non sempre c'è senso, e non perché non ve ne sia nei singoli, ma perché ce ne è sempre di meno nel sistema.
La nostra scuola procede con operazioni di maquillage, di volta in volta aggiungendo o togliendo ore di inglese, tecnologie, educazione motoria, inserendo e poco utilizzando pc, lim, tablet, come se ognuna di queste singole azioni potesse produrre cambiamenti di sostanza. Certo, meglio di nulla e meglio dell'immobilità. Ma la scuola sarà veramente rispettosa di quei bambini e di quei ragazzi quando sceglierà di guardarli in faccia, di pensarli capaci - non solo di organizzarsi o di scegliere un po', ma di scegliere tanto -, di accompagnarli a valutarsi e non ad essere valutati, di permettere loro di costruirsi le competenze di cui hanno veramente bisogno e di cui il mondo ha bisogno con loro: quella di essere parte di una comunità ampissima, eterogenea, mutevole, a cui necessita la loro vivacità, la loro creatività, la loro disponibilità all'incontro. Non è una scuola buonista, ma una scuola astuta, che anziché disperdere le potenzialità dei bambini e dei ragazzi, le coglie e permette loro di esplodere.
Ma perché ciò possa accadere c'è bisogno di ripensarla alla radice, nella struttura, nell'organizzazione: dai tempi, agli ambienti, a ciò che vi avviene dentro e ciò che viene richiesto fuori (perché i compiti, che proprio non ci piacciono, non solo l'unico né il più importante dei problemi, ma sono l'apice di un sistema che non basta a se stesso e che lancia grida d'allarme), alle proposte fatte, al rapporto tra le discipline con il mondo e tra se stesse, alle relazioni che sostiene innanzitutto tra chi ha la responsabilità di educare e chi sta crescendo. È una scuola naturale nel senso di cui parlava già Rousseau. Una scuola coraggiosa, che non ha paura di crescere individui liberi e critici, innanzitutto verso di essa. Una scuola che offre alternative, che pensa al singolo mentre guarda a tutti.
Noi non vogliamo scuole contro, ma vogliamo scuole per: buone e giuste per tutti. Per tutti. E questa è la cosa più difficile. È così che pensiamo Una Scuola. Per questo cerchiamo reti, perché tutte le alternative diventino base e forza per un progetto comune che permetta di traghettare la nostra scuola intera non nel futuro, ma nel presente dei bambini e dei ragazzi che la abitano.

Evento PNSD Sardegna: video

Comunico che sono stati resi disponibili i video dell'evento PNSD in Sardegna, raggiungibili tramite la nota del Direttore Generale USR, tra i quali  è presente anche il mio contributo: "L'innovazione nasce dal basso" (dal minuto 21).

Noi e la comunicazione che cambia

 
Le nuove forme di comunicazione interrogano la scuola. Accanto a sito web, registro elettronico, blog e ambienti di social learning, molti docenti, ma soprattutto famiglie e studenti, vista la semplicità di accesso, mostrano di privilegiare WhatsApp e social network. La comunicazione dei soggetti coinvolti nella vita scolastica così cresce e si moltiplica negli spazi informali modificando tempi, spazi e modi della comunicazione scolastica. Il vantaggio? Sicuramente la velocità. Eppure sono sempre più numerosi i genitori stessi che lamentano smartphone sempre attivi, con messaggi perlopiù centrati sui malumori, rinforzati e amplificati dal gruppo, e comunicazioni difficili da gestire che rimbalzano senza mai arrivare negli spazi dove possono essere presi in carico e gestiti.
Io credo che sia diventato urgente interrogarsi su come e in che modo queste forme di comunicazione stiano modificando le nostre relazioni professionali e educative e che sia giunto il momento di confrontarsi sulla necessità di condividere delle prime necessarie regole.

É un tema sul quale mi piacerebbe molto conoscere il punto di vista di famiglie e colleghi, anche in relazione a un recente articolo, pubblicato sul blog de Il Sole 24 ore, poi ripreso da La Vita Scolastica, che esprime una nuova preoccupazione: gli effetti negativi sull'educazione dei figli di un eccessivo coinvolgimento delle famiglie nella vita della scuola. Coinvolgimento che invece noi abbiamo intenzionalmente costruito.
Ve li riporto, sperando in un confronto aperto e costruttivo di chi sa che accogliere il cambiamento in modo maturo e consapevole, significa farsi nuove domande e cercare nuove risposte:

http://monicadascenzo.blog.ilsole24ore.com/2016/01/06/contro-il-registro-elettronico-e-i-gruppi-whatsapp-dei-genitori/

http://www.giuntiscuola.it/lavitascolastica/magazine/opinioni/impronte-digitali/l-educazione-dei-figli-al-tempo-del-registro-elettronico-e-di-whatsapp/

Un treno, un film e noi


Ci sono giorni davvero difficili a scuola, giorni in cui le pressioni sono talmente tante che ti fanno barcollare tra le tue convinzioni. 
E poi ci sono pomeriggi così. 
Un treno, un film. Alunni "vecchi e nuovi" insieme.
Doni che ti ricordano ciò che conta davvero e che rende possibile il riconoscersi oltre un determinato spazio e tempo.

È proprio vero: "Si corre il rischio di piangere un po' quando si viene addomesticati."

A proposito... il film del Piccolo Principe è bellissimo e ci ha regalato tante emozioni e riflessioni nuove.
Consigliato a tutti quei genitori e insegnanti che programmano ogni cosa per gli uomini e le donne di domani, dimenticando di fermarsi sui bambini di oggi.

martedì 5 gennaio 2016

Noi genitori: Mi sento chiamata per nome

Rileggo con piacere il post con la ricetta che ha prescritto Simona: il blog, il nostro Blog, come cura efficace per i malati di conoscenza.
Ancora una breve riflessione.
Possiamo avere a disposizione tanti mezzi di comunicazione, ma il loro valore e la loro bellezza sono racchiusi nello sguardo e nella passione di chi sente il bisogno di comunicare…nel desiderio di porgere, condividere e far sentire. Questo comunicare, come scrive L. Pandolfi, diventa un atto pedagogico d'amore.
La comunicazione è un atto magico durante il quale trasmettiamo e condividiamo con altre persone un messaggio, che contiene in sé la sostanza della nostra identità. La comunicazione cerca di superare le barriere del mio e del tuo, per trasformare il messaggio in un "noi", dove a ciascuno è permesso di condividere e comunicare il proprio rispettivo esistere nella società. Chi comunica, chi invia un messaggio, sta esercitando la magia del dialogo. Chi comunica sta facendo un atto d'amore perché prova a condividere con l'altro tutto quello che è, che sa, che pensa e che sente”.
In questo messaggio riconosco il nostro blog, uno strumento per condividere il quotidiano, non solo come mezzo efficace di comunicazione per raggiungere un fine - l’informazione - ma per essere, il fine. Nel voler trasmettere e arrivare a ciascuno, in modo personale.
Mi soffermo un momento sulla differenza tra informazione e comunicazione. L'informazione è un semplice far conoscere, mentre la comunicazione parte dal nostro essere, dal nostro vivere, dal nostro fare e dal nostro pensare. La comunicazione è, appunto, un vero atto di amore dove doniamo noi stessi, la nostra ricchezza personale, la nostra profondità, per invitare, per fare entrare, per accogliere, per avvicinare; per superare le barriere del mio e del tuo, per fare in modo che ogni esperienza divenga occasione di un nostro vissuto, sentito e capito nello stesso modo da chi dona e da chi riceve. 
La comunicazione per diventare, così, un noi nella crescita ed educazione dei nostri bambini.
E per comunicare spesso non è sufficiente usare lo stesso linguaggio, alle volte non serve proprio, occorre invece avere la stessa comprensione e visione delle cose, avere la stessa proiezione; questo non vuol dire pensare allo stesso modo o avere le stesse idee e opinioni, ma condividere una medesima prospettiva.
Si, questo è il nostro blog, la nostra aula aperta quotidiana, la nostra scelta di scuola, il voler semplicemente mettere in comune; per comunicare il vivere e sentire, per rispondere con fiducia; per comunicare con onestà e libertà, per rispondere con gratitudine, riconoscenza e sincerità; per comunicare con esempi, esperienze, segni e parole, per rispondere con l’ascolto del cuore.
Un blog e un’aula, una classe, che non vogliono essere spazi pieni, in cui tutto è già stabilito e definito e dove rimane solo il doversi conformare, adeguare ed attenere, ma spazi meravigliosamente e magicamente vuoti, da costruire e ricostruire insieme partendo proprio da quel noi, da quell'alleanza educativa. Spazi aperti alla speranza, dove ognuno possa crescere e diventare più ricco, più responsabile, più sensibile e più forte, più persona, più attrezzato e preparato ad affrontare la vita.
Uno spazio vuoto e aperto, perché ogni persona possa trovare il suo posto, possa sentirsi accolta, riconosciuta e rispettata per il suo valore, per il suo modo di esprimere e di essere.
Allora, lo voglio dire a voce alta.
Per tutto questo e per tanto altro, ogni volta che leggo il blog, ogni volta che entro in classe, io sento con emozione di essere chiamata per nome.

lunedì 4 gennaio 2016

Preparatevi...il Piccolo Principe ci aspetta!

 
Ciao bambini! Come promesso, sono qui per invitarvi tutti al cinema a Cagliari per vedere insieme il film del Piccolo Principe.
Sarà una comitiva un po' più numerosa del solito perchè a noi si aggiungeranno anche dei "vecchi" alunni. Vi immaginate, che cosa bella?
Allora... preparatevi! L'appuntamento è per lunedì 11 gennaio 2015.
Ci incontreremo alla stazione alle 15.40 per partire alle 15.54. Saremo di nuovo a Iglesias alle 20.43.
Cosa ne dite? Si può fare?
Io sono sicura di sì!
Nel frattempo... godetevi questi ultimi giorni di vacanza perchè ci aspettano tante nuove attività e tante nuove esperienze da vivere insieme.
Io non vedo l'ora!
Vi abbraccio con tantissimo affetto.
Maestra Enrica

p.s. Ho dimenticato di dirvi una cosa importantissima: sarà di nuovo con noi anche maestra Francesca, la nostra preziosa compagna di viaggio! E pensare che proprio lei, a settembre, ci ha augurato buon anno con le parole del Piccolo Principe. Niente accade per caso...

venerdì 1 gennaio 2016

Noi genitori: BLOG: provalo e non potrai più farne a meno!

L’altro giorno mi sono incontrata con Simona.
Un momento per stare insieme, per salutarci e farci personalmente gli auguri.
Poi, come capita sempre nei nostri incontri, iniziamo a ripercorrere, momenti di una vita che da anni ci accomuna, oggi ancor di più perché i nostri figli sono compagni di classe, compagni di viaggio…
Ecco come davanti ai nostri occhi ritornano tanti episodi di “vita quotidiana” che il nostro (così ci piace chiamarlo!) Blog documenta. Ci soffermiamo, ci emozioniamo, ci confrontiamo, ricordiamo, commentiamo e con gioia, rinnovata…riconfermiamo.
Oggi, ricevo un regalo, un augurio speciale. Simona mi manda una mail. Sento che non può essere solo per me, ma per tutti noi…

BLOG: provalo e non potrai più farne a meno!

Scopri il modo migliore per accedere a una scuola sicura, trasparente, competente, interattiva, che punta a quell'alleanza educativa con il genitore, decisamente vincente per il raggiungimento del risultato finale: l’educazione del bambino.

Sulla base della mia esperienza scolastica vissuta come genitore di una bimba di 8 anni, sono felice di segnalarvi una cura semplice, veloce ed efficace, particolarmente indicata per quei genitori malati – come me - di voglia di conoscenza, e interessati a:
- conoscere da vicino il mondo della scuola, spiegato con semplicità e chiarezza proprio da un addetto ai lavori (la maestra di mia figlia);
- scoprire, in tempo reale, la valenza educativa delle attività proposte in classe;
- usufruire di quotidiane informazioni sulla vita di classe;
- avere maggior consapevolezza delle strategie educative messe in campo dalla docente;
- vivere la scuola sentendosi coinvolti in prima persona da una relazione educativa – insegnante/genitore – che non mira ad integrare ma che ha come unico scopo quello di interagire;
- sviluppare fiducia nei confronti della maestra, riconoscendole competenza, impegno, strategia educativa, forza di volontà nel ripensare e ripensarsi, rispetto dei ruoli, e soprattutto chiarezza educativa e informativa.
Ebbene, il BLOG offre un’occasione per raggiungere questi ed altri obiettivi (... non ultimo quello di mostrare le potenzialità di un uso sapiente e costruttivo della tecnologia), e dà al genitore la possibilità di intraprendere un percorso di condivisione educativa.
E’ una forma di comunicazione, con cui una maestra prova a dire: “io ci sono…. prova ad ascoltarmi!....    magari dimmi cosa ne pensi !?!..... e, perché no?, proviamo a dirlo anche ad altri….”
Il BLOG è uno strumento di facile fruizione: bastano poche competenze informatiche, di fatto il suo utilizzo lo svela la parola stessa: “ Bisogna Leggerlo Ogni Giorno ”.
Ma il valore aggiunto del BLOG, quale strumento interattivo, sta nella possibilità del genitore di scegliere di essere un utente attivo e non solo passivo, in quanto in ogni momento può proporre una sua opinione, un suo commento su quanto posto all'attenzione del lettore, tanto più efficace in quanto mediato dal suo vissuto personale.
Attenzione, però, agli effetti collaterali! 
Il BLOG ha, infatti, un’unica controindicazione: bisogna farne un uso corretto e moderato perché il prodotto crea dipendenza, una volta che si comincia a consultarlo non si riesce più a smettere di leggerlo!
Approfittate, pertanto, di questa risorsa della didattica, che permette la documentazione diretta delle esperienze scolastiche, della didattica proposta, delle strategie educative messe in campo e delle novità proposte a tutti i livelli, del punto di vista degli addetti ai lavori, dei contributi di altri educatori (psicologi, sociologi, docenti universitari….): tutto materiale proposto per cercare di creare una coscienza educativa sempre più incisiva, e sempre meno contingente.
Provare per credere…

Simona Banci

Il mio buongiorno nel 2016


In questo 2016 che si apre, mi piace darvi il mio primo buongiorno con queste parole di Franco Arminio, autore di "Geografia commossa dell'Italia interna".

Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane,
di gente che ama gli alberi e riconosce il vento.
Più che l’anno della crescita, ci vorrebbe l’anno dell’attenzione.
Attenzione a chi cade, attenzione al sole che nasce e che muore,
attenzione ai ragazzi che crescono,
attenzione anche a un semplice lampione,
a un muro scrostato.
Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere,
significa rallentare più che accelerare,
significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce,
alla fragilità, alla dolcezza.