martedì 22 aprile 2014

Il 25 aprile è una festa bianca. Scegliamo la conoscenza.

Si avvicina il 25 aprile, una ricorrenza importante per il nostro Paese. Festa nazionale, scuole chiuse, iniziative in tutta Italia.
Eppure molti studenti non sanno il perché delle lezioni interrotte, spesso si trovano solo dentro l'ennesimo ponte scolastico sul quale sono abituati a non interrogarsi. 
Il punto è che sono sempre meno numerosi gli insegnanti e i familiari che scelgono di accompagnare i bambini e i ragazzi in un percorso di conoscenza di quella storia che ha fatto sì che in Italia fosse fondata la democrazia. La conseguenza: cortei di anziani; bambini e ragazzi assenti. Proprio oggi che quei principi resistono sulla carta, ma sono quasi completamente disattesi.
Credo che molto dipenda dalla paura di sentirsi attribuire un colore. 
Per quanto mi riguarda, ho scelto sempre il percorso della conoscenza, nella convinzione che il 25 aprile sia una FESTA BIANCA. Una festa che contiene tutti i colori.

La "Festa della Liberazione" ricorda i Partigiani che, insieme agli Alleati, entrarono vittoriosi nelle principali città italiane, liberando il nostro paese dall’occupazione nazista e gettando le basi per una nuova democrazia.
I Partigiani erano uomini, donne, giovani, anziani, preti, militari: persone con diverse idee politiche, fede religiosa e classe sociale che avevano in comune la volontà di impegnarsi in prima persona, rischiando la propria vita, per porre fine al fascismo e fondare in Italia una democrazia basata sul rispetto dei diritti umani e della libertà individuale, senza distinzione di razza, di idee, di sesso e di religione.
Negli anni successivi alla liberazione, proprio da quegli uomini che avevano lottato contro il fascismo, fu elaborata la nostra Costituzione, la legge fondamentale dello Stato italiano entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

Sotto, alcune foto che ricordano la partecipazione al Corteo del 25 aprile 2013 con gli ex alunni (5ª A di via Roma).

Quest'anno l'appuntamento è in Piazza Municipio alle 10.00. Per gli ex alunni che vorranno ancora esserci, per i piccoli della nostra classe e non che fin d'ora avranno il piacere di avvicinarsi... io vi aspetterò alle 9.40 nel piazzale della Scuola primaria di via Roma.

















3 commenti:

  1. "Una mattina mi son svegliato..." Concordo pienamente con quanto espresso, ripercorrere i tratti fondamentali che ci hanno portati a raggiungere ed ottenere una democrazia e ancor più importante la nostra formidabile Costituzione è dovere storico e deontologico di ogni insegnante... non aggiungo altro senonché anche un lavoro didattico extrascolastico di questo tipo risulta essere necessario per valorizzare la continuità della nostra identità, della nostra cultura, del nostro "morir per la libertà". Io ci sarò!!!!

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  2. Parte prima.
    Forse questo commento potrebbe non sembrare molto attinente a quanto pubblicato da Maestra Enrica…
    Eppure, in un articolo che ho letto poco fa e di cui mi permetto di riportare alcuni stralci, ho riconosciuto quella volontà di essere un insegnante che ha il piacere di “accompagnare i bambini e i ragazzi in un percorso di conoscenza”.
    “Missione scuola, crescere crescendo.
    Sette parole chiave: educazione, insegnanti, generazioni e futuro, umanesimo, autonomia e sussidiarietà, comunità e alleanza educativa. (Ne riporto alcune…)
    Educazione: educare significa aiutare a diventare persone adulte inserite in una comunità. Oggi la scuola, così come in generale l’educazione, da risorsa pare essere divenuto un problema. Invece occorre guardare alla scuola come bene di tutti e di ciascuno, cuore pulsante dell’identità culturale, civile e sociale.
    Insegnanti: sono la risorsa fondamentale per una buona scuola. Per questo va curata la vocazione dell’insegnante, sia negli aspetti motivazionali, sia negli aspetti disciplinari e didattici e la sua professionalità.
    Generazioni e futuro: L’educazione è compito dei genitori e compimento della loro azione generativa… E’ in gioco la libertà dei genitori circa l’educazione dei propri figli. Straordinaria ed affascinante avventura!
    Umanesimo: per un’educazione che non sia solo acquisizione di competenze. L’umanesimo, rapporto creativo con la tradizione e il patrimonio culturale, aiuta la dimensione educativa a riconquistare la sua dignità di “percorso verso l’autenticamente umano”.
    Alleanza educativa: un’alleanza tra scuola e famiglia, in una logica di rigorosa lealtà reciproca. Questo implica un confronto comune sulle questioni, la costruzione di relazioni generative, l’attenzione inclusiva verso gli alunni in difficoltà.
    Il tutto in una scuola unita, senza steccati ideologici e aperta al territorio, una fabbrica di conoscenza. Ma soprattutto una scuola che dopo tanto tempo si sente al centro dell’attenzione per essere luogo in cui si genera futuro. Uno spirito di comunione tra collaboratori e docenti, a cui si chiede di credere nella missione educativa delle nuove generazioni, nel fare il proprio mestiere con amore, trasmettendo ai ragazzi parte di se e del vissuto personale. Anche perché se non viene dal cuore è un mestiere che non fa bene né a se stessi né agli altri. Cooperazione, ricerca e dialogo costante restano le linee fondamentali per dare ai giovani l’immagine di una scuola concepita come gruppo di persone che crescono insieme, come mezzo necessario per restituire speranza e per far capire che la vita è un valore e va spesa nella maniera giusta. In fondo tra i banchi non si fa altro che la “catechesi dell’esistenza” che è conoscenza, comunione d’intenti, rispetto dell’altro, opportunità di spendere. La scuola per rendere migliore la generazione che verrà.

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  3. Parte seconda
    La scuola italiana non è certo perfetta, ma è come una fabbrica del sapere dove ci si deve attivare per trovare le strategia migliori perché, spesso, non si hanno risorse. Una scuola dove gli insegnanti non hanno riconoscimento sociale immediato del proprio compito, dove la collaborazione con la famiglia non sempre c’è, quando invece è fondamentale per costruire dinamiche educative condivise. Una scuola dove un buon dirigente è quello che si relaziona e che vive la scuola e non può essere solo quello che sta in mezzo alle carte. Un potere positivo a cui si aggiungono le altre figure professionali e la famiglia, visto che l’istituzione è di tutti, è una risorsa e non deve essere considerata un problema. Bisogna essere perseveranti nell’impegno quotidiano, vivendo a pieno la responsabilità educativa. Deve essere un percorso che studenti, insegnanti e famiglie devono fare insieme, rigenerando una solidarietà, altrimenti il sistema rischia di collassare su se stesso. Bisogna aprirsi alla fiducia, a un domani che possa essere più lieve.
    Infine ricordiamo anche l’idea della scuola del gratuito, dove i voti si danno ma non si dicono. Perché il fine della scuola non è il voto, così come non è il programma, ma è la crescita dei ragazzi come persone. In questo senso, l’insegnante è davvero educatore, perché è chiamato a tirare fuori i doni dei propri studenti. Al centro c’è ogni singolo studente. La scuola del gratuito è, comunque, una scuola esigente che richiede agli studenti un di più di responsabilità. La scuola che ci piace è una scuola che si fa insieme (studenti, insegnanti e famiglie) e che cresce nella relazione reciproca”
    L’articolo dice tanto altro ancora, ma quello che ho riportato rappresenta un mio pensiero: non voglio elogiare o esaltare nessuno, ma ritengo questa sia la scuola che con motivata convinzione, determinazione, professionalità e passione ci sta facendo vivere Maestra Enrica, insieme a tutti quei collaboratori che come lei, si sentono insegnanti con la “I” maiuscola.

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