Nelle scuole in cui sono stata, per diverso tempo, mi sono occupata della formazione e del supporto alla didattica. Per la formazione, avevo da sempre una fissazione: mi piaceva l'idea che anche a scuola si potessero proporre percorsi formativi di un certo spessore, dedicando risorse e tempi adeguati e mettendosi nelle mani di bravi professionisti. Quel tipo di formazione che avevo avuto la possibilità di conoscere nelle realtà aziendali e che, purtroppo, non avevo mai visto nelle scuole (sempre risorse risicate, tempi ristretti in orari impensabili, proposte molto frontali...). L'altra fissazione era quella di creare le condizioni favorevoli perché partecipasse tutto il Collegio. Infatti, ero e resto convinta che per costruire appartenenza ed essere comunità in movimento, sia fondamentale che si condivida almeno un corso di formazione l'anno a livello collegiale. Per capirci, anziché occupare il tempo a ripetere che i colleghi non partecipano, non sono motivati, frequentano i corsi solo per l'attestato, ho pensato: creiamo un momento formativo bello, dal punto di vista dei contenuti e dell'organizzazione e rimuoviamo tutti gli ostacoli che non consentono una frequenza motivata e di qualità. Quale poteva essere la soluzione? Facciamo formazione interrompendo le lezioni! Sì, perché la mia terza fissa da tempo, era che la risposta più adeguata a quanto pensavo potesse arrivare in modo molto semplice con una formazione/anno organizzata fermando le attività didattiche.
È nata così, ormai ben oltre dieci anni fa, l'esperienza formativa più bella che io abbia vissuto dentro la scuola. Non per volermene attribuire i meriti, ma perché ancora oggi, ed è il motivo per cui lo racconto, ci sono colleghi di quel tempo che, quando mi incontrano, tornano con entusiasmo a quella esperienza.
Il mio dirigente di allora era Paolo Lamieri, che, pur con qualche preoccupazione, è stato possibilista. Tant'è che io, dopo aver convinto il Collegio, non senza difficoltà, ad aggiungere due giorni al termine delle lezioni e a destinare alla settimana formativa i due a carico del Consiglio di Istituto, mi sono occupata di predisporre un'indagine rivolta alle famiglie così da ragionare, dati alla mano, sulla percezione dei genitori che si riteneva potessero costituire il vero ostacolo. Per quanto mi riguardava non lo pensavo. Ero convinta che se avessimo fatto comprendere loro l'importanza della sospensione a vantaggio della crescita della professionalità docente, avrebbero accettato. Così, gestita la comunicazione con molta attenzione, i genitori hanno accolto e noi abbiamo modificato il calendario scolastico per dedicare i giorni alla formazione.
In realtà non si è trattato di una settimana intera. Per non appesantire troppo la riorganizzazione delle famiglie, avevamo previsto di fare due giorni di lezione - lunedì e martedì - per poi chiudere per quattro giorni e dedicarci alla formazione mattina e sera. Corso con organizzazione laboratoriale che ha visto il Collegio ripartito in due sottogruppi eterogenei. Oggetto della formazione era stata la comunicazione, con un corso affidato alla HRS (Human Resources Solutions) di Carlo Duò, psicologo del lavoro.
Per me non era un corso nuovo, perciò andavo sul sicuro. Lo avevo frequentato con grande soddisfazione l'estate precedente, ospite di una proposta della Regione Sardegna.
Perché lo racconto? Perché proprio ieri una ex collega mi ha cercato per avere informazioni su quella esperienza e, ripensandoci, mi sono resa conto di quanto sia stata importante e di quanto, ancora oggi, o forse oggi più che mai, sarebbe importante nelle scuole poter contare, almeno una volta all'anno, su un'occasione formativa di qualità da vivere come comunità, potendo contare su tempi distesi.
Purtroppo, la settimana formativa è rimasta un'esperienza isolata. Come succede spesso, nonostante l'eccellente valutazione data all'esperienza, l'anno dopo le forze contrarie alla modifica del calendario hanno avuto la meglio e non si è fatto che parlare dei disagi che avremmo potuto creare alle famiglie.
Inutile dire (e i colleghi non me ne vogliano) che, purtroppo, non sento fare gli stessi discorsi quando, ad inizio anno, i Collegi ragionano sul calendario per una migliore gestione dei ponti.
Chissà se avrò il piacere di vedere una proposta di questo tipo nascere dall'alto... A me piacerebbe molto perché continuo a credere che ripensare il calendario in questa direzione offrirebbe una bella opportunità alla scuola che ha davvero tanto bisogno di crescere come comunità.
È nata così, ormai ben oltre dieci anni fa, l'esperienza formativa più bella che io abbia vissuto dentro la scuola. Non per volermene attribuire i meriti, ma perché ancora oggi, ed è il motivo per cui lo racconto, ci sono colleghi di quel tempo che, quando mi incontrano, tornano con entusiasmo a quella esperienza.
Il mio dirigente di allora era Paolo Lamieri, che, pur con qualche preoccupazione, è stato possibilista. Tant'è che io, dopo aver convinto il Collegio, non senza difficoltà, ad aggiungere due giorni al termine delle lezioni e a destinare alla settimana formativa i due a carico del Consiglio di Istituto, mi sono occupata di predisporre un'indagine rivolta alle famiglie così da ragionare, dati alla mano, sulla percezione dei genitori che si riteneva potessero costituire il vero ostacolo. Per quanto mi riguardava non lo pensavo. Ero convinta che se avessimo fatto comprendere loro l'importanza della sospensione a vantaggio della crescita della professionalità docente, avrebbero accettato. Così, gestita la comunicazione con molta attenzione, i genitori hanno accolto e noi abbiamo modificato il calendario scolastico per dedicare i giorni alla formazione.
In realtà non si è trattato di una settimana intera. Per non appesantire troppo la riorganizzazione delle famiglie, avevamo previsto di fare due giorni di lezione - lunedì e martedì - per poi chiudere per quattro giorni e dedicarci alla formazione mattina e sera. Corso con organizzazione laboratoriale che ha visto il Collegio ripartito in due sottogruppi eterogenei. Oggetto della formazione era stata la comunicazione, con un corso affidato alla HRS (Human Resources Solutions) di Carlo Duò, psicologo del lavoro.
Per me non era un corso nuovo, perciò andavo sul sicuro. Lo avevo frequentato con grande soddisfazione l'estate precedente, ospite di una proposta della Regione Sardegna.
Perché lo racconto? Perché proprio ieri una ex collega mi ha cercato per avere informazioni su quella esperienza e, ripensandoci, mi sono resa conto di quanto sia stata importante e di quanto, ancora oggi, o forse oggi più che mai, sarebbe importante nelle scuole poter contare, almeno una volta all'anno, su un'occasione formativa di qualità da vivere come comunità, potendo contare su tempi distesi.
Purtroppo, la settimana formativa è rimasta un'esperienza isolata. Come succede spesso, nonostante l'eccellente valutazione data all'esperienza, l'anno dopo le forze contrarie alla modifica del calendario hanno avuto la meglio e non si è fatto che parlare dei disagi che avremmo potuto creare alle famiglie.
Inutile dire (e i colleghi non me ne vogliano) che, purtroppo, non sento fare gli stessi discorsi quando, ad inizio anno, i Collegi ragionano sul calendario per una migliore gestione dei ponti.
Chissà se avrò il piacere di vedere una proposta di questo tipo nascere dall'alto... A me piacerebbe molto perché continuo a credere che ripensare il calendario in questa direzione offrirebbe una bella opportunità alla scuola che ha davvero tanto bisogno di crescere come comunità.
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