Condivido, anche qui, per me spazio privilegiato, una mia riflessione sulla forma che sta prendendo la questione compiti per le vacanze, a seguito delle Circolare del Ministro Bussetti. Una forma che, lo dico con chiarezza, non mi piace affatto.
Si sono innalzate delle vere e proprie barricate. Da una parte, anche tra persone autorevoli, leggo chi difende i compiti in nome di una scuola che insegna l'impegno, che consente di costruire senso del dovere e garantisce acquisizione di metodo di studio e di lavoro, qualità agli apprendimenti. Dall'altra, famiglie che addirittura propongono di pubblicare sui social le pagine dei compiti che dovessero essere comunque assegnati (nonostante lo abbia detto il Ministro!) con indicazione di nome della scuola e delle classi di riferimento.
Ai primi, mi permetto di dire che la questione compiti non è così semplice; ai secondi, che occorre fare molta attenzione ai messaggi educativi che facciamo passare...
Tornando all'eccessiva semplificazione. Ci sono compiti assolutamente inutili, che non fanno che rinforzare le difficoltà e creare disagio all'interno di quelle famiglie nelle quali mancano gli strumenti. E compiti che davvero invadono tutto il tempo, come se la scuola fosse l'unico contesto capace di promuovere occasioni di apprendimento.
Io non voglio entrare in polemica, non mi interessa, e credo nella costruzione di scelte di senso, condivise e motivate, non dettate dall'alto. Ma voglio dire che amo la scuola che lascia spazio anche ad altro perché l'altro, se noi insegnanti siamo capaci di portarlo dentro e di farlo rimbalzare su tutti, garantisce un arricchimento inaspettato che non potrà mai venire dalla sola scuola, meno che mai da serate trascorse davanti a pagine e pagine di esercizi ripetitivi.
E poi, senza fare troppi discorsi, avete mai misurato il tempo necessario per dare un compito, spiegarlo e correggerlo? E avete provato ad utilizzare lo stesso tempo per proporre le stesse attività direttamente in classe? È un tempo che consente di mettere gli studenti nella condizione di lavorare insieme, di confrontarsi sulle proposte e sulle difficoltà, di farlo con noi insegnanti presenti e attenti ai bisogni di tutti. È un tempo dove possiamo dare consigli di metodo, proporre la correzione tra pari, guidare il lavoro di riflessione sugli errori...
E ancora: abbiamo idea di che cosa possa nascere, nell'extrascuola, se siamo dei buoni motivatori, se diamo spazio alla capacità di ideare, progettare, costruire...?
No, non mi sto schierando, ma desidero invitare a riflettere sugli interventi che leggo, a non semplificare troppo.
Io so solo che gli stessi bambini per i quali ci viene chiesto di organizzare con i compiti tutto il loro tempo dell'extrascuola, sono quelli a cui nessuno insegna a infilarsi un giubbotto, a legarsi le scarpe, a tenere le posate...
Si sono innalzate delle vere e proprie barricate. Da una parte, anche tra persone autorevoli, leggo chi difende i compiti in nome di una scuola che insegna l'impegno, che consente di costruire senso del dovere e garantisce acquisizione di metodo di studio e di lavoro, qualità agli apprendimenti. Dall'altra, famiglie che addirittura propongono di pubblicare sui social le pagine dei compiti che dovessero essere comunque assegnati (nonostante lo abbia detto il Ministro!) con indicazione di nome della scuola e delle classi di riferimento.
Ai primi, mi permetto di dire che la questione compiti non è così semplice; ai secondi, che occorre fare molta attenzione ai messaggi educativi che facciamo passare...
Tornando all'eccessiva semplificazione. Ci sono compiti assolutamente inutili, che non fanno che rinforzare le difficoltà e creare disagio all'interno di quelle famiglie nelle quali mancano gli strumenti. E compiti che davvero invadono tutto il tempo, come se la scuola fosse l'unico contesto capace di promuovere occasioni di apprendimento.
Io non voglio entrare in polemica, non mi interessa, e credo nella costruzione di scelte di senso, condivise e motivate, non dettate dall'alto. Ma voglio dire che amo la scuola che lascia spazio anche ad altro perché l'altro, se noi insegnanti siamo capaci di portarlo dentro e di farlo rimbalzare su tutti, garantisce un arricchimento inaspettato che non potrà mai venire dalla sola scuola, meno che mai da serate trascorse davanti a pagine e pagine di esercizi ripetitivi.
E poi, senza fare troppi discorsi, avete mai misurato il tempo necessario per dare un compito, spiegarlo e correggerlo? E avete provato ad utilizzare lo stesso tempo per proporre le stesse attività direttamente in classe? È un tempo che consente di mettere gli studenti nella condizione di lavorare insieme, di confrontarsi sulle proposte e sulle difficoltà, di farlo con noi insegnanti presenti e attenti ai bisogni di tutti. È un tempo dove possiamo dare consigli di metodo, proporre la correzione tra pari, guidare il lavoro di riflessione sugli errori...
E ancora: abbiamo idea di che cosa possa nascere, nell'extrascuola, se siamo dei buoni motivatori, se diamo spazio alla capacità di ideare, progettare, costruire...?
No, non mi sto schierando, ma desidero invitare a riflettere sugli interventi che leggo, a non semplificare troppo.
Io so solo che gli stessi bambini per i quali ci viene chiesto di organizzare con i compiti tutto il loro tempo dell'extrascuola, sono quelli a cui nessuno insegna a infilarsi un giubbotto, a legarsi le scarpe, a tenere le posate...
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