E non è, tanto sarà sempre così.
Lo sento dire troppo spesso, lo sento dire ogni volta che bisogna avere il coraggio di sostenere un'idea, ogni volta che occorre denunciare quello che non va, ogni volta che è necessario un cambiamento. E la cosa che mi spaventa terribilmente è che non lo sento dire solo con rassegnazione e sfiducia verso quanto si ritiene ormai essere la consuetudine, ma con disinteresse, con la convinzione che nessuno, tantomeno il singolo potrà mai fare la differenza, rappresentare quella speranza dove niente è impossibile se ci credi davvero.
Ebbene sì… tanto non è e sarà sempre così, perché in verità rimane più semplice e meno faticoso uniformarsi al pensiero dominante...
Eppure io non riesco a farmi imprigionare da questo pensiero, perché esistono veramente sempre due scelte nella vita, accettare le condizioni in cui viviamo o assumerci la responsabilità di cambiarle. La responsabilità di essere semplicemente disponibili e pronti quando è il momento di sollevare lo sguardo e di mettersi in movimento e in discussione senza paura, altrimenti rimarremo sempre assenti ingiustificabili di una realtà che ogni giorno ci chiede a gran voce di avere un cuore retto, fermo e libero. Essere presenza vera. Essere testimonianza.
Questa riflessione nasce in un incontro, da una slide che riporta la frase di Danilo Dolci “Ciascuno cresce solo se sognato” accompagnata da un breve pensiero: sognare un alunno come ancora non è, ma anche la società.
Mi rivedo genitore, sognare…
Poi… aprire gli occhi e accorgermi che tanto sogno non è…
Io li ho visti quegli alunni, li ho incontrati come ancora non erano e li vedo oggi come sono diventati. Entusiasti, appassionati, consapevoli, impegnati, responsabili ma soprattutto giusti. Insegnamenti tutti di una scuola che per loro è stata la vita e che ancora lo è, la loro occasione per migliorare il mondo sapendo bene che proprio la scuola, ancor più oggi nella caduta dei valori che stiamo assistendo, ha il dovere di cambiare la società. Sapendo anche che il rischio grande è quello di decidere di restare immobili, voltare le spalle e permettere che sia la società a cambiare la scuola.
Sono alunni, sono ragazzi che fanno di una scoperta e di un incontro il senso del loro andare come è accaduto con Liliana Segre, in quell’impegno e senso del dovere profondo di onorare con gioia quell’incontro. Ma come è accaduto ogni volta che il mondo è entrato nella loro classe.
L’insegnamento più alto che hanno ricevuto dalla loro maestra non è avvenuto attraverso un libro di testo o un quaderno da riempire, ma nell’aver riconosciuto e accolto il loro desiderio di prender parte a “cose vere”; di partecipare con curiosità e passione alla costruzione del loro sapere per diventarne i protagonisti; di concepire ideali e di amarli sopra ogni altra cosa; di dare un senso alle cose e provare appartenenza; di non smettere mai di difendere le storie di eroica disobbedienza se questo significa lottare coraggiosamente per qualcosa di importante e se comporta viaggiare alle volte su un binario più laterale per riuscire a mantenere una promessa autentica.
Sì, di essere sempre dentro alle cose del mondo, cercando quando serve di calibrare e riequilibrare lo sguardo per osservare tutto con chiarezza, certi che qualsiasi decisione risponde ad un modo di vedere non solo loro stessi, ma loro stessi in mezzo al mondo, in mezzo agli altri. Di stare attenti alle sfumature.
Sono ragazzi capaci di cambiare velocemente traiettoria, invitando anche noi adulti a fare lo stesso perché fin da piccoli hanno compreso che ogni scelta conduce inevitabilmente sempre a un’altra scelta e che per questo niente potrà mai essere la stessa cosa finché ogni decisione presa, lasciata e ripensata non condurrà al traguardo sperato e voluto.
Sono ideali, reali, che mio figlio si porterà in ogni dove, in ogni contesto. È l’eredità che gli è stata lasciata consegnandogli la sua cassetta degli attrezzi che nel tempo è stata preparata insieme a lui con cura e dedizione da chi lo ha sempre incoraggiato non a volare alto, ma alla sua quota, a cercare dove nessuno cerca, a sperare dove nessuno spera, a sentire a pelle, a poter sbagliare e riprovare, ad amare dove nessuno ama.
Perdonatemi, lo voglio dire ancora a voce alta, sapendo che queste mie parole sono state dette e ridette tante volte. E lo voglio dire rivolgendo a me stessa una semplice domanda: cosa significa imparare il senso del dovere, della responsabilità e dell'impegno? Non so, forse mi sbaglio, sicuramente non sono un genitore perfetto, eppure per me quel senso rimane per sempre racchiuso in quella consapevolezza e certezza che quando arriverà il giorno in cui i miei figli decideranno o dovranno camminare da soli, sapranno riporre qualsiasi diario, libro e quaderno, sollevare gli occhi e ritrovarsi sereni e tutti interi nel mondo. Potranno anche non scrivere, leggere e contare benissimo, potranno non recitare una poesia o ripetere una lezione perfettamente, potranno non avere un linguaggio completamente comprensibile a tutti, ma il loro pensiero ci sarà tutto. Nel dire chi sono e chi desiderano essere e si presenteranno al mondo con onestà e sempre con onestà e rispetto lo abiteranno. Oggi penso che ci sia tanto bisogno di questa visione nuova della scuola, di questo cambiamento...
Che nasce solo da dentro... la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire ma che proprio dell’interruzione dobbiamo fare un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro.
E se la scuola è stata una possibilità per mio figlio, credetemi lo è stata anche per me.
La scuola che ho vissuto mi ha avvicinato a lui e mi ha detto anche quando era il momento di allontanarmi da lui: mi sono fidata e l’ho fatto. È stato il momento in cui, in quei due passi indietro, in quello spostarmi, ho potuto metterlo a fuoco per vederlo come da sola non sarei mai e poi mai stata capace.
E non è… difficile, non ci toglie da nessuna comodità…e non è impossibile e come dice proprio una canzone a me tanto cara di Niccolò Fabi è la scuola che tante volte abbiamo l'onore di incontrare ma che facciamo fatica a riconoscere e riconoscere ancora…
È una passione giocosa
un buon sentimento
uno sguardo e un pensiero
che non si riposa
È la vita che accade
È la cura del tempo
È una grande possibilità.
Non è una sfida.
Non è una rivalsa.
Non è la finzione di essere meglio.
Non è la vittoria l'applauso del mondo
di ciò che succede il senso profondo.
È il filo di un aquilone
un equilibrio sottile
non è cosa ma è come
È una questione di stile
non è di molti né pochi
ma solo di alcuni
È una conquista una necessità.
Non è per missione
ma nemmeno per gioco
Non è "che t'importa"
Non è "tanto è uguale"
Non è invecchiare cambiando canale
Non è un dovere, dovere invecchiare.
Sentire e fare attenzione
ubriacarsi d'amore
è una fissazione
è il mestiere che vivo
e l'inchiostro aggrappato
a questo foglio di carta
di esserne degno
è il mio tentativo.
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