Credevo che ci aspettasse il momento più difficile di quest'anno: esprimere le valutazioni finali. Ma mi sbagliavo.
Certo, non è mancata la fatica di rivedere il percorso di ogni bambino, a partire da come ha accolto la scuola a casa e da come si è riorientato nel nuovo scenario, per poi costruire uno strumento di sintesi che ci accompagnasse al profilo finale con serenità.
Tanti i documenti da tenere presenti: il portfolio, organizzato in tre file condivisi, uno per ogni mese; i materiali nati dalle nostre attività; il form dell'autovalutazione finale e il documento che riunisce gli sguardi coinvolti: il nostro, quello dei bambini e quello dei genitori.
Quello che non sapevo è che le ultime fatiche avrebbero racchiuso la parte più bella, quella impossibile da ridurre dentro anche il migliore e più accurato degli strumenti.
Sto parlando dei colloqui con i bambini, per i quali devo ringraziare la mia cocciutaggine tutta sarda. Così, nello stupore collettivo, li abbiamo programmati anche ora, a scuola chiusa. Due mattinate intere e un pomeriggio. Venti minuti per ogni bambino.
I primi segnali sono arrivati subito. Il file editabile per iscriversi si è presto riempito e i bambini hanno compilato con cura l'autovalutazione in preparazione del colloquio.
Nelle date stabilite, 4 e 5 giugno, si sono presentati tutti puntuali, e puntuali abbiamo terminato; cosicché, la nostra terza stanza su Jitsi, quella dedicata agli incontri, ha visto un traffico ordinatissimo, che ci ha consentito di vivere serenamente quel tempo.
Per ognuno avevo messo da parte l'autovalutazione, per tornarci velocemente con la condivisione dello schermo solo alla fine. In pochissimi casi questa era discordante dalle mie osservazioni, perciò meglio lasciare più spazio possibile alla loro rilettura di questi mesi.
Dopo la richiesta di alcune informazioni su organizzazione, autonomia nel lavoro e difficoltà incontrate, il tempo ha visto al centro due domande "Se fra noi, ora, arrivasse un extraterrestre che non sa niente di ciò che è accaduto sulla terra e alla nostra scuola, come glielo racconteresti?" e ancora "Come immagini settembre?"
Domande che hanno aperto completamente e mi hanno reso parte del loro sguardo.
Ciò che ho visto sono bambini di sette anni - non posso prescindere un attimo dalla loro età - completamente consapevoli di ogni cosa: di ciò che è accaduto, del perché sono state chiuse le scuole, di come ci siamo organizzati e di che effetti hanno avuto le nostre scelte, del ruolo della classe virtuale e degli appuntamenti sincroni, delle differenze tra tutto questo e la scuola vera. "Qui vedi, senti, usi anche le mani per scrivere, ma questa scuola non ha odore, non ha sapore..." Sono le parole di Vinicio. "Qui, sì, mi piace perché ci vediamo, perché facciamo le cose insieme - dice Chiara, mentre quasi attraversa lo schermo con la sua gestualità - ma non ci possiamo abbracciare."
Nessuna parola entrata per caso, ogni cosa un nome, il suo, che, probabilmente, tre mesi fa non era mai entrato nel loro vocabolario.
Li ho visti cresciuti, maturati. Ho visto che questo tempo gli ha regalato quella capacità grande di dare voce alle cose che vivi, che senti. Forse perché era davvero l'unico modo di condividerle con tutti noi.
Non è finita. Non può. L'ho capito subito durante il primo pomeriggio dedicato ai colloqui. Ascoltandoli, ho avuto chiaro che non sarebbe stato possibile chiudere un vissuto come questo con l'ultimo post della settimana nella bacheca della classe virtuale, né con una videoconferenza, ancora a sfidare connessioni fragili e strumenti in cui c'è sempre qualcosa che non va.
Ho capito che, ora più che mai, il nostro ultimo giorno doveva essere quello di sempre, e che non poteva che essere in presenza: il giorno della consegna del documento di valutazione.
Non possono mancare uno spazio e un tempo dedicati a rileggere l'anno insieme, e un'ultima semplice attività comune che faccia da ponte tra questo e il prossimo anno. Non può mancare un luogo, fisico, in cui proclamare i promossi ad alta voce, uno ad uno, regalare loro un applauso. Non può mancare un saluto guardando insieme verso settembre con fiducia.
Lo meritano. Glielo dobbiamo.
Tanti i documenti da tenere presenti: il portfolio, organizzato in tre file condivisi, uno per ogni mese; i materiali nati dalle nostre attività; il form dell'autovalutazione finale e il documento che riunisce gli sguardi coinvolti: il nostro, quello dei bambini e quello dei genitori.
Quello che non sapevo è che le ultime fatiche avrebbero racchiuso la parte più bella, quella impossibile da ridurre dentro anche il migliore e più accurato degli strumenti.
Sto parlando dei colloqui con i bambini, per i quali devo ringraziare la mia cocciutaggine tutta sarda. Così, nello stupore collettivo, li abbiamo programmati anche ora, a scuola chiusa. Due mattinate intere e un pomeriggio. Venti minuti per ogni bambino.
I primi segnali sono arrivati subito. Il file editabile per iscriversi si è presto riempito e i bambini hanno compilato con cura l'autovalutazione in preparazione del colloquio.
Nelle date stabilite, 4 e 5 giugno, si sono presentati tutti puntuali, e puntuali abbiamo terminato; cosicché, la nostra terza stanza su Jitsi, quella dedicata agli incontri, ha visto un traffico ordinatissimo, che ci ha consentito di vivere serenamente quel tempo.
Per ognuno avevo messo da parte l'autovalutazione, per tornarci velocemente con la condivisione dello schermo solo alla fine. In pochissimi casi questa era discordante dalle mie osservazioni, perciò meglio lasciare più spazio possibile alla loro rilettura di questi mesi.
Dopo la richiesta di alcune informazioni su organizzazione, autonomia nel lavoro e difficoltà incontrate, il tempo ha visto al centro due domande "Se fra noi, ora, arrivasse un extraterrestre che non sa niente di ciò che è accaduto sulla terra e alla nostra scuola, come glielo racconteresti?" e ancora "Come immagini settembre?"
Domande che hanno aperto completamente e mi hanno reso parte del loro sguardo.
Ciò che ho visto sono bambini di sette anni - non posso prescindere un attimo dalla loro età - completamente consapevoli di ogni cosa: di ciò che è accaduto, del perché sono state chiuse le scuole, di come ci siamo organizzati e di che effetti hanno avuto le nostre scelte, del ruolo della classe virtuale e degli appuntamenti sincroni, delle differenze tra tutto questo e la scuola vera. "Qui vedi, senti, usi anche le mani per scrivere, ma questa scuola non ha odore, non ha sapore..." Sono le parole di Vinicio. "Qui, sì, mi piace perché ci vediamo, perché facciamo le cose insieme - dice Chiara, mentre quasi attraversa lo schermo con la sua gestualità - ma non ci possiamo abbracciare."
Nessuna parola entrata per caso, ogni cosa un nome, il suo, che, probabilmente, tre mesi fa non era mai entrato nel loro vocabolario.
Li ho visti cresciuti, maturati. Ho visto che questo tempo gli ha regalato quella capacità grande di dare voce alle cose che vivi, che senti. Forse perché era davvero l'unico modo di condividerle con tutti noi.
Non è finita. Non può. L'ho capito subito durante il primo pomeriggio dedicato ai colloqui. Ascoltandoli, ho avuto chiaro che non sarebbe stato possibile chiudere un vissuto come questo con l'ultimo post della settimana nella bacheca della classe virtuale, né con una videoconferenza, ancora a sfidare connessioni fragili e strumenti in cui c'è sempre qualcosa che non va.
Ho capito che, ora più che mai, il nostro ultimo giorno doveva essere quello di sempre, e che non poteva che essere in presenza: il giorno della consegna del documento di valutazione.
Non possono mancare uno spazio e un tempo dedicati a rileggere l'anno insieme, e un'ultima semplice attività comune che faccia da ponte tra questo e il prossimo anno. Non può mancare un luogo, fisico, in cui proclamare i promossi ad alta voce, uno ad uno, regalare loro un applauso. Non può mancare un saluto guardando insieme verso settembre con fiducia.
Lo meritano. Glielo dobbiamo.
I rituali sono importanti. Ora più che mai.
È seguita una richiesta formale. Va bene all'aperto, va bene con le distanze, va bene con un solo genitore per ognuno. Ma deve essere come scuola, non altro.
Dobbiamo sapere di essere a scuola e i bambini dovranno sentirlo.
E mentre aspettiamo la risposta, già immagino un grande cerchio, con sedie distanziate le une dalle altre. Ogni bambino, un suo genitore. Questo sì, vicino.
Immagino uno spazio al centro con tanti gessi colorati con i quali dar vita, uno per volta, a un grande brainstorming con ciò che porteremo con noi a settembre.
E già li vedo quando, chiamati uno ad uno, rispettosi delle distanze, ritireranno questo documento che raccoglie un vissuto importante, per il quale non esiste voto, ma la capacità di riconoscere che non è passato per niente e che lascerà un segno indelebile nelle loro vite.
E li vedo mentre accolgono il nostro applauso che li accompagna in terza elementare. Commossi loro, commosse noi.
Quando le cose le vedo così, come se fossero già state, vuol dire che non possono mancare.
Aspettiamo la risposta alla nostra richiesta. Fiduciosi.
È seguita una richiesta formale. Va bene all'aperto, va bene con le distanze, va bene con un solo genitore per ognuno. Ma deve essere come scuola, non altro.
Dobbiamo sapere di essere a scuola e i bambini dovranno sentirlo.
E mentre aspettiamo la risposta, già immagino un grande cerchio, con sedie distanziate le une dalle altre. Ogni bambino, un suo genitore. Questo sì, vicino.
Immagino uno spazio al centro con tanti gessi colorati con i quali dar vita, uno per volta, a un grande brainstorming con ciò che porteremo con noi a settembre.
E già li vedo quando, chiamati uno ad uno, rispettosi delle distanze, ritireranno questo documento che raccoglie un vissuto importante, per il quale non esiste voto, ma la capacità di riconoscere che non è passato per niente e che lascerà un segno indelebile nelle loro vite.
E li vedo mentre accolgono il nostro applauso che li accompagna in terza elementare. Commossi loro, commosse noi.
Quando le cose le vedo così, come se fossero già state, vuol dire che non possono mancare.
Aspettiamo la risposta alla nostra richiesta. Fiduciosi.
La mia collega Margherita Carloni...
RispondiEliminaLa sua scuola Senza Zaino...
https://www.lanazione.it/empoli/cronaca/scuola-1.5200111
Ciao! Gloria Bernardi