Ogni volta che invito i bambini a fare delle cose insieme, anche le più piccole, mi fermo a guardarli incantata e a riflettere su quanta disponibilità e motivazione gli si legga nel "fare con".
Non c'è bisogno di organizzare grandi cose, l'abitudine a collaborare nasce da piccole sollecitazioni:
invitare i bambini a svolgere un semplice lavoro insieme, a confrontarsi sul modo in cui l'hanno svolto, ad aiutarsi quando si trovano in difficoltà.
Per questo, ogni volta che li osservo, non riesco a comprendere il perchè a scuola si privilegi il fare da soli, il lavoro individuale, promuovendo, spesso senza consapevolezza, la competizione
laddove potrebbe regnare la collaborazione.
Il lavoro individuale taglia fuori tanti bambini. La classe si divide velocemente tra chi sa fare e porta a termine il compito e chi non sa fare e collezionerà per sempre frustrazioni che, con buona probabilità, non troverà mai il modo di risolvere.
Io penso che lo scopo della scuola sia quello di fare in modo che tutti apprendano il più possibile, perciò qual è il problema se ciò che il bambino fa non è da subito espressione di una capacità individuale? L'importante è che ognuno sia esposto all'apprendimento, si interroghi sulle cose, rifletta, si metta in gioco.
Il fare da soli deve essere una pratica riservata a pochi momenti, quelli dedicati alla verifica e valutazione, quelli che servono a noi insegnanti per capire qual è il percorso di crescita di ognuno, quali sono le difficoltà sulle quali è necessario intervenire, quali sono le potenzialità da valorizzare.
L'apprendimento comporta un lavoro di squadra, un lavoro in cui le conoscenze e le competenze possono viaggiare libere, integrarsi e potenziarsi l'una con l'altra.
Mi piace un clima di lavoro in cui tutti si sentono partecipi e sereni di fare, dove lo scambio tra bambini è visto come ricchezza; un clima in cui il docente stimola, promuove e favorisce, ma non dirige, se non nella fase di apertura e in quella dedicata alla riflessione sui percorsi.
C'è tanto tempo fuori dalla scuola in cui i bambini si ritrovano da soli o in un mondo quasi ed esclusivamente adulto. A scuola sono tra pari e questa è la più grande ricchezza.
Anche questa volta vorrei condividere con voi una nuova riflessione. Il post di Maestra Enrica mi ha messa in discussione, soprattutto nel leggere che “c’è tanto tempo fuori dalla scuola in cui i bambini si ritrovano da soli o in un mondo quasi ed esclusivamente adulto. A scuola sono tra pari e questa è la più grande ricchezza”. Quanta è vera questa affermazione…ma sinceramente io, come genitore, come adulto, quanto faccio per essere una buona “alleata” della scuola, per dare una continuità al bellissimo lavoro che con tanta dedizione, semplicità, passione e amore tutte le insegnanti stanno offrendo a mio figlio? Quanta voglia ho di spendere energie? Spesso, nel semplice dialogare, ho sentito che per molti, del resto, il compito di formare ed educare spetta esclusivamente all’insegnante… Eppure la prima azione formativa passa per l’esempio che diamo ai nostri figli…
RispondiEliminaProbabilmente servirebbe un riorientamento di tutti noi genitori dentro la scuola: dovremmo cioè, nonostante le difficoltà, le stanchezze, le preoccupazioni, gli impegni ed i limiti, collaborare, affinchè l’esperienza che vivono i nostri figli in classe diventi un pò anche la nostra per farla vivere così nella quotidianità dei ritmi famigliari.
Insomma, bisognerebbe “intrecciare” i ruoli perché terminate le ore di lezione, nulla venga perso o dimenticato, ma, al contrario, portato avanti per riuscire a ridare nella stessa misura. Ritengo che questo sia un modo per dare un equilibrio ai nostri figli, dove non si ritrovino a vivere diversi modi di agire o pensare.
Questo è il messaggio che fin dall’inizio dell’anno scolastico Maestra Enrica e tutte le insegnanti mi hanno trasmesso, ossia che l’insegnamento non è un fatto di istruzione, ma un processo intimamente educativo che richiede l’aiuto e la fiducia di noi genitori. Osservo Sebastian e con gioia mi accorgo che giorno dopo giorno consente all’insegnante di entrare nel suo mondo, permettendo così di costruire una relazione. E mentre l’insegnante fornisce strumenti adeguati al raggiungimento degli obiettivi didattici fissati, dandogli i mezzi per costruire un corretto metodo di studio, accompagna Sebastian come persona nel cammino che lo porta a realizzare pienamente se stesso, facendogli scoprire le sue infinite possibilità, stimolandolo e, al contempo, facendogli passare dei messaggi positivi, come per esempio l’attenzione all’altro, il senso di responsabilità, la necessità di un impegno personale e comune nel raggiungimento degli obiettivi.
Io, quindi, sento di avere il dovere ed il compito di sostenere questo processo educativo e formativo e per portare avanti questo impegno, in fondo, “non c’è bisogno di organizzare grandi cose”, l’importante è “fare insieme”…goccia dopo goccia!
Grazie a tutti!
Isabella