domenica 10 novembre 2019

Il desiderio di essere educatori fino in fondo

Questa mattina i social mi ricordano un mio post di due anni fa in cui condividevo la tristezza degli attacchi che stavo subendo perché mi occupavo troppo di accoglienza. Sì, di accoglienza. Io che ero cresciuta pensando che si potesse essere accusati di razzismo, di troppa accoglienza proprio no.
Oggi, mentre osservo gli effetti di adulti che hanno rinunciato al loro ruolo e di una società che è andata in confusione sul concetto di tolleranza, mi sento orgogliosa di essere espressione di quella parte della scuola che ha portato puntualmente la memoria in classe, che ha aperto ai fatti del mondo che chiedevano di interrogarsi sulla nostra umanità. Orgogliosa di aver partecipato ogni anno con la classe al 25 aprile, guidati dal desiderio di metterci idealmente accanto a chi aveva lottato contro il nazifascismo; di essermi fermata e indignata con loro davanti ai linguaggi violenti; di essere tornata infinite volte sui principi fondamentali della nostra Costituzione, di averli portanti dentro la nostra piccola comunità e di averne fatto bussola per leggere e interpretare il mondo.
E mi sento felice, molto felice, di aver scelto di chiudere la quinta elementare portando tutta la classe a Milano (tutta perché era un progetto a cui avevamo lavorato per tre anni) al binario 21, ad incontrare proprio Liliana Segre, a farci consegnare la storia dalla sua voce e a scusarci, con un abbraccio, per quelle compagne e quella maestra che l’avevano lasciata sola. 
E sono fiera, oggi, di quei bambini, che continuano a essere testimonianza contro l'indifferenza, quella parola che Liliana Segre ha voluto scolpita sul muro che accoglie i visitatori all'ingresso del Memoriale della Shoah perché niente come l'indifferenza aggiunge dolore al dolore.
Sì, nonostante la tristezza che ritrovo in quello e in altri post di due anni fa, a quelle accuse che mi sono costate anche un'interrogazione parlamentare e tanto inaspettato silenzio intorno, oggi, mi sento proprio bene per non essere espressione di quella parte della società che ha scelto l'assenza, la troppa tolleranza, la prudenza. Mi sento bene per aver scelto di assumere il mio compito di educatrice fino in fondo. L’unica cosa che potevo fare e che continuerò a fare.





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