Sono ferma su tanti pensieri e mi accorgo che non ho abbastanza voce per esprimerli. Così, dico solo che noi che siamo impegnati in un lavoro quotidiano cercando nuove strade, non facciamo grandi cose, e certamente tante non trovano e non troveranno mai forma piena. In qualche modo, a guardarle bene, avranno sempre qualcosa che non va. Sono destinate ai ma.
Eppure, basterebbe entrare nelle nostre classi, sedersi tra i nostri banchi, passare qualche ora con noi, e di certe scelte, dentro un quotidiano altro, si respirerebbe la vera rivoluzione. Perché se un insegnante entra a scuola chiedendosi di continuo perché sia lì, scegliendo che adulto vuole essere e cosa vuole offrire, scegliendo che cosa tenere e che cosa spostare, cambiano così tante cose che "essere a scuola" diventa un'altra cosa per insegnanti e studenti, e perfino per i loro genitori.
Questo, per chi si mette in movimento sapendo che non cambierà il mondo, ma che non gli è dato il tempo di aspettare e che, comunque sia, non riuscirebbe a fare (a essere) diversamente, va già bene così.
È proprio quello che insegno ai miei bambini. Non importa che ciò che facciamo sia grande. Importa che sia il nostro massimo, e che sia onesto.
Questo, per chi si mette in movimento sapendo che non cambierà il mondo, ma che non gli è dato il tempo di aspettare e che, comunque sia, non riuscirebbe a fare (a essere) diversamente, va già bene così.
È proprio quello che insegno ai miei bambini. Non importa che ciò che facciamo sia grande. Importa che sia il nostro massimo, e che sia onesto.
Nel nostro caso, poi, importa più di tutto che sappia guardare ai bisogni veri (ce li urlano in faccia, ogni giorno, i nostri alunni e il mondo) e che cerchi di dire qualcosa laddove, in troppi casi, si preferisce ancora "aprite il libro a pagina ***" e ci si volta dall'altra parte.
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