È ora della revisione tra pari, una pratica che sta prendendo sempre più spazio, anche perché, durante la didattica a distanza, è stato grazie a questa che siamo riusciti a mantenere una dimensione sociale dell'apprendimento e a custodire le "contaminazioni" tra i bambini, quelle a cui ormai riconosciamo una forza straordinaria.
A volte sono revisioni più strutturate, che arrivano dopo aver stabilito insieme che cosa osservare e aver costruito strumenti ad hoc; altre sono più leggere, aperte.
A essere molto importante, qualunque sia la forma, è il momento in cui la parola sui lavori passa ai bambini, che condividono e argomentano le loro rilevazioni.
Oggi, il nostro compito era quello di visionare in classe i video condivisi da ognuno in preparazione del Contest "Io leggo perché". Era una revisione di secondo livello, perché i bambini, già ieri sera, muniti di una tabella che avevo consegnato loro, con nomi dei compagni e lavori svolti, dovevano analizzare i video e indicare, per ognuno, osservazioni e consigli.
In questa fase, ripreso in esame ogni video, era il momento di condividere quanto registrato e di offrire una restituzione comune che, in più casi, ha invitato i bambini a tornare sul lavoro con dei correttivi ritenuti importanti.
Ogni osservazione è stata rivolta ai compagni sempre con grande attenzione alle parole perché, quando le mie consegne prevedono proposte di questo tipo, mi soffermo sempre molto sul modo in cui va offerto il proprio sguardo. Deve essere chiaro che ciò che conta è consegnare strumenti per migliorare.
Per questo, ma certamente anche per l'attenzione e l'empatia che crescono, i bambini si sono abituati a partire sempre dagli apprezzamenti, dalla bellezza; tanto che, davanti alla fragilità, ho iniziato a percepire la loro difficoltà a consegnare la verità. Non è facile alla loro età comprendere che è possibile custodire gentilezza e verità insieme.
Così è accaduto che, questa mattina, arrivato il momento di esprimersi su un compagno che ha condiviso un lavoro visibilmente debole, abbiamo raccolto tantissimi apprezzamenti che non rispecchiavano ciò che osservavamo e che, di conseguenza, davano un messaggio disorientante al bambino che, durante il video, ho sorpreso osservare sé stesso con perplessità.
A quel punto, da educatrice, ho sentito l'urgenza di trovare il modo di intervenire, ben sapendo quanto sia difficile mostrare ai bambini alcuni confini particolarmente sottili.
Ma il lavoro non rappresentava neanche lontanamente ciò che il bambino avrebbe potuto esprimere se avesse lavorato davvero sulla consegna e io so bene di non potermi sottrarre da uno dei miei compiti più importanti: aiutare ogni mio alunno a conoscersi, a mettere a fuoco le proprie forze ma anche le proprie debolezze, perché solo mettendole a fuoco è possibile trovare il modo di superarle.
Ho scelto di essere sincera. Contravvenendo alle regole, che mi impediscono di toccare i bambini in tempo di covid-19, mi sono igienizzata, e ho raggiunto il bambino nel suo banco, l'ho preso per mano e l'ho tenuto con me.
- Non gli state dicendo la verità - ho detto ai compagni che, a quel punto, sapevo che mi avrebbero guardato con molta attenzione. - Questa non è la verità – Ho ribadito. E con il mio sguardo rivolto al bambino, ma anche alla classe, perché in nessun modo si potesse fraintendere il difficile compito che mi ero assunta, ho continuato: - Voler bene è prima di tutto volere il bene dell'altro. Dare modo all’altro di vedersi perché possa fare sempre meglio. Con le vostre parole, avete scelto la gentilezza, ma state venendo meno al compito di aiutare il vostro compagno che può, e quindi deve, fare tanto di più. Lui stesso lo sa. Quando qualcosa ci mette in difficoltà, possiamo ridurre il nostro lavoro, concentrarci su una piccola attività, ma su quella dobbiamo investire tutte le nostre energie perché in quel risultato dobbiamo poter vedere il massimo che sappiamo di poter esprimere.
- Quindi - e mi sono rivolta nuovamente al bambino - farai solo un pezzo piccolo, ma lo dovrai presentare mettendo in questo lavoro il massimo del tuo impegno, lavorandoci ogni giorno più volte al giorno, fino a quando sarà pronto. Noi ti aspettiamo un'altra settimana.
Poi, rivolgendomi di nuovo alla classe, ho aggiunto: - Io, anche quando è faticoso, vi consegno sempre quello che vedo davvero e vi chiedo sempre di più. Questo per me è credere in voi e desiderare che siate sempre il meglio di ciò che potete essere.
Adesso - ho concluso, rivolgendomi al bambino - ti diamo tutti i consigli necessari e ti aiuteremo ogni giorno in modo che quando sarai di nuovo davanti al tuo lavoro, tu possa essere felice.
- Io so che ce la fai. Lo so – ho aggiunto a bassa voce.
Abbiamo ripreso con gli ultimi lavori, ma io ormai aspettavo di tornare in quel banco per sostenere e rassicurare ancora.
È difficile essere maestri. Certi giorni di più. Ma quando scegli di costruire, con ognuno, sempre, sai bene che il tuo compito ti mette davanti a scelte continue. Se sono pesanti le responsabilità di chi non sa costruire tranquillità, non lo sono meno quelle di chi, per farlo, si accontenta.
Mi piace pensare che, oggi, i bambini abbiano imparato che la gentilezza può camminare insieme alla verità perché il bene, quello vero, non sottrae possibilità.
Consegnare sincerità è il regalo più prezioso che possiamo fare agli altri e il più prezioso che possiamo ricevere. E credo che sia questo a dirci tanto del rispetto che proviamo per ognuno.
A volte sono revisioni più strutturate, che arrivano dopo aver stabilito insieme che cosa osservare e aver costruito strumenti ad hoc; altre sono più leggere, aperte.
A essere molto importante, qualunque sia la forma, è il momento in cui la parola sui lavori passa ai bambini, che condividono e argomentano le loro rilevazioni.
Oggi, il nostro compito era quello di visionare in classe i video condivisi da ognuno in preparazione del Contest "Io leggo perché". Era una revisione di secondo livello, perché i bambini, già ieri sera, muniti di una tabella che avevo consegnato loro, con nomi dei compagni e lavori svolti, dovevano analizzare i video e indicare, per ognuno, osservazioni e consigli.
In questa fase, ripreso in esame ogni video, era il momento di condividere quanto registrato e di offrire una restituzione comune che, in più casi, ha invitato i bambini a tornare sul lavoro con dei correttivi ritenuti importanti.
Ogni osservazione è stata rivolta ai compagni sempre con grande attenzione alle parole perché, quando le mie consegne prevedono proposte di questo tipo, mi soffermo sempre molto sul modo in cui va offerto il proprio sguardo. Deve essere chiaro che ciò che conta è consegnare strumenti per migliorare.
Per questo, ma certamente anche per l'attenzione e l'empatia che crescono, i bambini si sono abituati a partire sempre dagli apprezzamenti, dalla bellezza; tanto che, davanti alla fragilità, ho iniziato a percepire la loro difficoltà a consegnare la verità. Non è facile alla loro età comprendere che è possibile custodire gentilezza e verità insieme.
Così è accaduto che, questa mattina, arrivato il momento di esprimersi su un compagno che ha condiviso un lavoro visibilmente debole, abbiamo raccolto tantissimi apprezzamenti che non rispecchiavano ciò che osservavamo e che, di conseguenza, davano un messaggio disorientante al bambino che, durante il video, ho sorpreso osservare sé stesso con perplessità.
A quel punto, da educatrice, ho sentito l'urgenza di trovare il modo di intervenire, ben sapendo quanto sia difficile mostrare ai bambini alcuni confini particolarmente sottili.
Ma il lavoro non rappresentava neanche lontanamente ciò che il bambino avrebbe potuto esprimere se avesse lavorato davvero sulla consegna e io so bene di non potermi sottrarre da uno dei miei compiti più importanti: aiutare ogni mio alunno a conoscersi, a mettere a fuoco le proprie forze ma anche le proprie debolezze, perché solo mettendole a fuoco è possibile trovare il modo di superarle.
Ho scelto di essere sincera. Contravvenendo alle regole, che mi impediscono di toccare i bambini in tempo di covid-19, mi sono igienizzata, e ho raggiunto il bambino nel suo banco, l'ho preso per mano e l'ho tenuto con me.
- Non gli state dicendo la verità - ho detto ai compagni che, a quel punto, sapevo che mi avrebbero guardato con molta attenzione. - Questa non è la verità – Ho ribadito. E con il mio sguardo rivolto al bambino, ma anche alla classe, perché in nessun modo si potesse fraintendere il difficile compito che mi ero assunta, ho continuato: - Voler bene è prima di tutto volere il bene dell'altro. Dare modo all’altro di vedersi perché possa fare sempre meglio. Con le vostre parole, avete scelto la gentilezza, ma state venendo meno al compito di aiutare il vostro compagno che può, e quindi deve, fare tanto di più. Lui stesso lo sa. Quando qualcosa ci mette in difficoltà, possiamo ridurre il nostro lavoro, concentrarci su una piccola attività, ma su quella dobbiamo investire tutte le nostre energie perché in quel risultato dobbiamo poter vedere il massimo che sappiamo di poter esprimere.
- Quindi - e mi sono rivolta nuovamente al bambino - farai solo un pezzo piccolo, ma lo dovrai presentare mettendo in questo lavoro il massimo del tuo impegno, lavorandoci ogni giorno più volte al giorno, fino a quando sarà pronto. Noi ti aspettiamo un'altra settimana.
Poi, rivolgendomi di nuovo alla classe, ho aggiunto: - Io, anche quando è faticoso, vi consegno sempre quello che vedo davvero e vi chiedo sempre di più. Questo per me è credere in voi e desiderare che siate sempre il meglio di ciò che potete essere.
Adesso - ho concluso, rivolgendomi al bambino - ti diamo tutti i consigli necessari e ti aiuteremo ogni giorno in modo che quando sarai di nuovo davanti al tuo lavoro, tu possa essere felice.
- Io so che ce la fai. Lo so – ho aggiunto a bassa voce.
Abbiamo ripreso con gli ultimi lavori, ma io ormai aspettavo di tornare in quel banco per sostenere e rassicurare ancora.
È difficile essere maestri. Certi giorni di più. Ma quando scegli di costruire, con ognuno, sempre, sai bene che il tuo compito ti mette davanti a scelte continue. Se sono pesanti le responsabilità di chi non sa costruire tranquillità, non lo sono meno quelle di chi, per farlo, si accontenta.
Mi piace pensare che, oggi, i bambini abbiano imparato che la gentilezza può camminare insieme alla verità perché il bene, quello vero, non sottrae possibilità.
Consegnare sincerità è il regalo più prezioso che possiamo fare agli altri e il più prezioso che possiamo ricevere. E credo che sia questo a dirci tanto del rispetto che proviamo per ognuno.
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