sabato 23 gennaio 2021

I bambini devono saperlo: non si può essere uguali

Riporto integralmente un mio post pubblicato il primo maggio 2019, perché ritengo sempre più importante che noi adulti guidiamo i nostri bambini nel comprendere che l'uguaglianza non è effetto del fare parti uguali tra disuguali, ma dell'attenzione ai bisogni e alla storia di ognuno.


A volte, in classe, agli occhi dei bambini, e talvolta dei genitori, possiamo sembrare ingiusti. 
Ma giustizia non significa dare a tutti le stesse cose. Certo, l'ideale sarebbe rimuovere completamente qualunque causa di disuguaglianza, ma non sempre questo dipende da noi, o ne siamo capaci. Perciò, intanto, dobbiamo impegnarci per l'equità: dare ad ognuno quello di cui ha bisogno.
Questo va spiegato ai bambini e alle loro famiglie. Va spiegato che non solo non diamo a ognuno le stesse cose ma che, aggiungo, non ci aspettiamo le stesse risposte da tutti. Questo perché, se è vero che siamo - o dovremmo essere - tutti uguali davanti ai diritti, non può essere mai dimenticato che siamo tutti diversi.
Questo è molto importante quando ragioniamo di apprendimento: tutti devono essere messi nella condizione di esprimere il proprio massimo, e deve essere chiaro che è questa l'unica richiesta che possiamo fare ad ognuno. Niente di meno, niente di più.
Così mi piace sempre, in classe, fare riferimento alla parabola dei talenti, ed è usuale che ci ritorni rappresentandoli alla lavagna con un segmento. Questo è il modo più semplice che ho trovato per spiegare ai bambini che ciò che conta non è la lunghezza del segmento, quanto il lavoro che ognuno di noi fa per accrescere il proprio. Conta il percorso che faccio. Quanto mi sposto dal mio segmento di partenza. Conta il movimento. 
Perciò, quando un bambino rimane sorpreso, anche semplicemente davanti a un applauso che esplode naturalmente con un compagno che esprime difficoltà nell'apprendimento, potrà riconoscerne il giusto valore e unirsi con gioia a quell'applauso; così come imparerà a non considerarci ingiusti quando rifiutiamo di offrirgli gli stessi strumenti che mettiamo subito a disposizione di un altro compagno. E, piano piano, comprenderà anche le nostre richieste quando, davanti a un talento spiccato, non dovessimo registrare movimento. È lì che apprezziamo l'impegno. Quello che in classe già chiamiamo "essere attivi davanti all'apprendimento".

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