giovedì 30 ottobre 2014

Noi genitori: "Ho perso le parole"

Sono giorni che cerco di trovare risposta alla mia inquietudine, che cerco di trovare le parole per esprimere le mie emozioni, il mio stato d’animo, ma talvolta le situazioni sfuggono al controllo e la vita scorre veloce, non aspetta nessuno, e io non riesco a fermare la corsa, non riesco a fermarmi un attimo con me stessa, a fare deserto dentro di me.
Forse ho solo perso le parole.....Ma una canzone continua a disturbare i miei pensieri..... ...forse ho ancora sonno ma mi chiaman forte, entra nel gioco e gioca la tua parte; si sa non è ancor nato chi goda l’avventura, guardando il mondo dietro al buco di una serratura!!!...... La canzone del mio clan, la canzone dell’impegno.
Avevo vent’anni e volevo mettermi in gioco per lasciare agli altri un mondo migliore.
E poi la vita ti sorprende ancora: ecco, le parole hanno trovato me.....
Ore 8:45 di un lunedì mattina qualunque, mi trovo a fare la fila in banca per lavoro e nell’attesa comincio a sfogliare Il Sole 24 Ore e vengo colpita da un articolo di Paola Mastrocola, che invito tutti a legge e di cui riporto alcuni passaggi:
UNA COSA BELLA INFINITAMENTE TRISTE – Il Ministero dell’Istruzione promuove le prime Giornate Nazionali della Lettura nelle scuole di ogni ordine e grado. Saranno adesso il 29, 30 e 31 ottobre. Vuol dire che in ogni scuola d’Italia, elementari, medie e superiori, si leggerà qualcosa ad alta voce, per un certo tempo, ogni giorno per tre giorni, e senza valutazione. Cioè non si darà il voto agli studenti per come leggono o per quanto capiscono del senso di quel che leggono, non si chiederà loro alcunché, notizie sull’autore o commenti critici sull’opera. Niente interrogazioni, niente schede di lettura. Si leggerà e basta.
E’ un’iniziativa certamente encomiabile. E’ bene che si legga nelle scuole, ed è bene che si legga e basta. La lettura è fine a se stessa. E’ una fascinazione, una bellezza che arriva all’anima. E non si può interrogare l’anima.

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Ben vengano dunque le tre giornate, ne sono lieta. Ma anche infinitamente triste. Intanto nella nota ministeriale leggo: <Al fine di stimolare negli studenti il piacere della lettura>. Stimolare il piacere negli studenti? Ma siamo matti?
E poi la costrizione. Possibile che per far leggere nelle scuole ci voglia l’imposizione del Ministero? Molti insegnanti, da sempre, leggono in classe ad alta voce, anche solo qualche minuto al giorno. Conosco personalmente alcune bravissime maestre di Pavia, e alcune colleghe di liceo, a Foggia, che lo fanno da anni. Ma di certo, se il Ministero ha pensato a un’imposizione, vuol dire che questi insegnanti-lettori, al di là di quei pochi che ognuno di noi può conoscere, non sono poi così tanti.

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Strano. In generale, chi insegna dovrebbe amare molto i libri. E chi ama i libri, dovrebbe naturalmente sentire il desiderio di leggerli a chi ha intorno. Leggere in gruppo ad alta voce crea una magia, un tempo sospeso. Se poi il gruppo è una classe, ne nasce un momento non scolastico, sganciato dalla perversa routine spiegazione-interrogazione. Si sta semplicemente insieme a leggere. La classe diventa un teatro, un prato, una spiaggia, o il salotto di casa. Diventiamo, tutti noi insegnanti e allievi, semplicemente gente che si ritrova a leggere un bel libro, a farsi portare lontano dalle parole, dalla voce. Fosse sempre e ovunque così, la scuola cambierebbe, perché le persone cambierebbero. Dieci minuti, un quarto d’ora, non di più. Ma ogni giorno. Son convinta che i ragazzi comincerebbero a pensare che ci possono stare anche i libri, nella loro vita, e smetterebbero di considerarli oggetti alieni.
Così, di fronte alle tre giornate di lettura coatta, mi permane una tristezza. Mi sembra artificioso, esagerato. Esibito, ecco. Come se i lettori fossero una minoranza negletta, che ha bisogno di urlare i suoi diritti.

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La lettura non ne ha bisogno. E’ un gesto schivo, riservato. Non vuole rumore, frastuono intorno. Preferisce passare inosservata.
Certo, col rischio che nessuno sappia mai che in certe scuole, in certe classi, succede che qualcuno prenda in mano un libro e ad alta voce, dieci minuti al giorno, lo legga.
Pazienza, avverrà in silenzio, in incognito. Molto orgogliosamente, questo sì, ma in sordina. Senza clamore, senza comunicati stampa.
Per il puro piacere (non stimolato!), di leggere. (da il Sole 24 Ore del 26 ottobre 2014)
Vorrei aggiungere che per poter insegnare e trasmettere ai bambini l’amore per la lettura, la curiosità che stimola la voglia di conoscenza, questo stesso amore bisogna custodirlo dentro se stessi, bisogna averlo provato, almeno un giorno nella vita.
Una maestra un giorno scrisse: ".....Non è facile dirlo a parole, ma sono un’insegnante felice e orgogliosa dell’appellativo di “maestra”. Accogliere quello che i bambini sanno portare, entra in rapporto di dialogo costante con il mio progetto didattico. Così che ho spento il motore e accompagno i bambini in un viaggio a vela. Ho scelto la lentezza che accoglie, che utilizza tutti i sensi, che del vento contrario fa risorsa per trovare nuove strategie".
Queste parole hanno stregato, da allora, la mia anima ed illuminato la via.
Quella maestra, Enrica Ena, è oggi, la maestra di mia figlia.
Grazie Enrica, per tutte le letture da te lette ad alta voce in classe.....

Simona Banci

3 commenti:

  1. Te l'ho già detto in privato, ma voglio dirtelo anche qui: grazie Simona. Mi sono commossa. E mi piace, devo dirlo, vedere che voi genitori, prima esclusivamente lettori del blog, state sentendo il bisogno di esprimervi, di condividere le vostre riflessioni. Riflessioni alte.
    Un'altra volta sono qui a osservare un risultato che va ben oltre l'aspettativa.
    Chi l'avrebbe mai detto quando timidamente ho azzardato a un blog? Chi avrebbe mai detto che da strumento prettamente informativo, avrebbe dato a tutti noi questo bisogno di partecipare, di esprimere i nostri pensieri sulla scuola in cui crediamo?
    E' proprio vero. Nelle cose basta crederci e fare piccoli passi, il resto arriva da solo. Evoluzione naturale.
    Ho sempre pensato che i genitori volessero esserci, che fossero dei grandi alleati. Ora ne ho la certezza.
    L'ultimo grazie voglio farlo al tuo sguardo, per come ha saputo poggiarsi sul nostro fare scuola che non ha niente di speciale, se non il desiderio di mettere insieme tanti piccoli pezzi che facciano una buona scuola tutti i giorni.
    Enrica

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  2. Grazie Simona!
    Un articolo bellissimo che racchiude tutto il senso e il valore della lettura.
    Mi soffermo. Vedo il libro: una tradizione intramontabile. Come mi capita spesso, inizio a vedere altro, ad andare oltre e mi ritrovo catapultata, inevitabilmente, dentro a una nuova riflessione. Si, non riesco proprio a smettere di pensare…e di dire.
    Nel percorso scolastico dei nostri figli la tradizione e l’innovazione si respirano continuamente tutti i giorni in classe. Una “lavagna magica” (la famosa LIM…), una “lavagna classica”. Un computer, un quaderno e una matita. Una “classe virtuale”, una “classe reale”. Un blog, un quaderno degli avvisi...e tanto altro. Tutti strumenti che insieme, senza escludersi, diventano fondamentali per crescere nella semplicità il bambino di oggi e formare con coraggio e responsabilità l’uomo di domani. Strumenti che permettono di creare una scuola dinamica che avanza nel tempo, nel rispetto di quello che la tradizione insegna e lascia. Strumenti che aprono le porte del mondo ai nostri figli, che “assetati” di conoscenza, sono pronti a rispondere con incredibile e sorprendente naturalezza ai nuovi stimoli, stupendoci…partendo però dalle competenze di base, per poi aprirsi a competenze sempre più specifiche.
    Cosa rende possibile il successo di una scelta educativo/didattica fondata sulla tradizione e innovazione? Semplice. La straordinaria capacità di un’insegnante come Enrica a rendere la linea che divide il tradizionale dall’innovativo non solo sottile, ma invisibile. Perché diventano due elementi in uno. Entrambi importanti, entrambi indispensabili. Inscindibili.
    Poi, Simona, nelle tue conclusioni, un tuo breve, ma incisivo pensiero che “vola più in alto” perché parli della bellezza delle cose semplici, dell’amore che bisogna provare per viverle…almeno una volta.
    Con convinzione ti rispondo, rivolgendoti quelle parole che tante volte ti ho espresso. Parole che possono unirsi a quelle che non riuscivi a trovare…
    Quell’amore, quella bellezza noi le abbiamo provate, non una volta, ma TANTE volte. In prima persona, come genitori. Attraverso i nostri figli. Grazie a quell’insegnante che oggi non è solo la maestra di tua figlia, ma anche la maestra di mio figlio.
    Così ci siamo spontaneamente e naturalmente ritrovati, ci siamo riconosciuti e non è stato difficile capire che FARE SCUOLA, oggi, non è poi così complicato o impossibile.
    In quel fare scuola abbiamo voluto mettere al primo posto l’importanza della collaborazione e del confronto tra genitori e insegnanti che dovrebbe essere la regola, ma purtroppo viene spesso considerata l’eccezione. Che, alle volte, stona o diventa oggetto di fraintendimenti o critiche: nello stesso tempo, però, si continua a volere e chiedere una scuola migliore…
    Eppure, con orgoglio, sono fiera di sentirmi parte di quella regola e anche di quell’eccezione. Sono fiera di confermare che la nostra esperienza scolastica è la testimonianza di come possa esistere una SINCERA alleanza educativa tra genitori e insegnante. E non è scontato o inevitabile: può essere solamente frutto dell’impegno di chi crede che comunicare e ascoltare siano una vera necessità, una splendida risorsa, dove tutti possono dare il loro contributo. E noi genitori, ciascuno per la sua parte, lo ha dato. Sentendosi libero, coerente, attento, felice, motivato, onesto, disponibile, fiducioso, riconoscente, propositivo, sapendo che in fondo non abbiamo fatto proprio nulla di straordinario…abbiamo solamente risposto.
    Risposto a un’insegnante che ci ha aperto le porte della classe perché noi potessimo ESSERCI in quella che per i nostri figli non è solo un’esperienza scolastica, ma in verità è un’importante esperienza di vita…e noi non potevamo rimanerne fuori. Grazie sempre Enrica!
    Vorrei concludere come sono solita fare, con una citazione: “Se le finestre della casa sono molte, diminuisce la tranquillità, ma aumenta la sua luce.”
    E noi ne abbiamo davvero tanta!
    Isa

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  3. Questa citazione è meravigliosa, Isa. E' proprio così, aprire significa non avere il controllo di tutto, ma quanta luce! E poi... che dire dell'inaspettato che ci accompagna dove non avremmo mai potuto immaginare. Da insegnanti, è sì corretto programmare i percorsi ma, allo stesso tempo, anche essere pronti a lasciarsi accompagnare. Così da timonieri, diventiamo parte dell'equipaggio, mettendo la nostra esperienza a disposizione del gruppo. Un gruppo che imparerà a non aver paura di allontanarsi dai territori conosciuti... E si sà, quando si dà spazio alla curiosità senza paura, davanti c'è il mondo.
    Enrica

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