venerdì 23 giugno 2017

Mi scuso e mi perdono


Non è un anno in cui ho scritto molto, lo sapete. Ho comunicato, questo sì. Ma le riflessioni a voce alta, quelle che poi riporto sul blog, e che hanno cercato di avvicinarvi, non tanto alle esperienze, ma al senso delle esperienze, agli effetti delle esperienze, sono state poche, poche davvero. E io questo lo so.

Mi sono interrogata spesso sul perché. Non l’ho vissuto bene. Mi sono trovata con qualcosa che mi mancava perché quel condividere le mie riflessioni è stato sempre per me un aiuto per fermarmi con più attenzione davanti alle cose, per rileggerle, ragionarci, per coglierne il senso profondo.

E poi ho capito.

Un po’ è stato certamente per le troppe perturbazioni, a tutti i livelli, che hanno richiesto davvero tante energie per essere gestite fino a poterle guardare come opportunità. 

Un po’ perché, arrivati in quarta, ci conosciamo. Ci siamo detti veramente tante cose, sull’idea di scuola, di società, su tutte le nostre personali convinzioni, sulle scelte metodologiche, sulle relazioni, sull’alleanza educativa; e vi ho offerto il mio sguardo già tante volte per cercare di farvi vedere e sentire quello che io stessa vedevo e sentivo davanti ai bambini.

Un  po’ perché si sono intrecciate troppe riflessioni e non ho avuto davvero il tempo materiale per srotolarle come piace a me, spostarle, per poterle guardare completamente, e finalmente condividerle.

Un po’ perché, lo ammetto, più passa il tempo, più mi rendo conto di quanto sia difficile far conoscere agli altri ciò che avviene dentro una classe in crescita. Può restituirlo solo la presenza, osservare con i propri occhi, respirare le stesse emozioni, mettersi davanti ai bambini completamente. Motivo per cui, in modo molto naturale, stiamo finendo per aprire l’aula sempre di più, accogliendo anche i colleghi. 

Un po’, però, e questa è davvero una cosa bella, è perché quest’anno ho avuto delle colleghe speciali con le quali abbiamo sperimentato che cosa significhi davvero essere insegnante riflessivo. Insieme abbiamo osservato e ci siamo osservate di continuo, e lo abbiamo fatto con i bambini e con le relazioni che abbiamo costruito con voi e su ogni momento che ha connotato le nostre scelte educative e didattiche. Un vero privilegio che non ha eguali e che evidentemente ha nutrito il bisogno di scambio più di quanto noi stesse potessimo renderci conto.

Eppure, nonostante tutte le risposte che mi sono data, ho passato l’anno sentendo che mi mancava qualcosa e che stavo sottraendo qualcosa anche a tutti voi. Ed ero anche a disagio perché resto convinta che in tutte le cose, ciò che conta, ed è poi la più faticosa, non è mai cominciare, ma continuare.

Vi starete chiedendo perché vi dico tutto questo.

Ve lo dico perché anche in questi giorni, chiuso l’anno, non ho trovato le parole che avrei voluto per portare qui la straordinarietà del nostro 21 giugno, del nostro vero ultimo giorno di scuola.

Eppure, credetemi, per me la data della consegna è davvero un giorno importantissimo. E sono felice che mentre in molte scuole si svolge online o con genitori che si alternano silenziosi, semplicemente a ritirare un documento e a mettere una firma, per noi sia davvero un momento pieno di valore.

Mi piace moltissimo accogliervi tutti insieme, rileggere l’anno con voi, condividendo la relazione finale, gli esiti dei questionari e le tante riflessioni. Mi piace proporvi sempre qualcosa, quest’anno sono state le parole chiave che hanno consentito ai vostri pensieri di intrecciarsi con quelli dei bambini.
E mi piace quando chiamiamo i bambini uno ad uno per dare ufficialità al completamento del loro percorso proclamando che sono stati ammessi alla frequenza della classe successiva tra l’applauso generale.

Così come penso che sia meraviglioso salutarci senza cose inutili, ma trattenendoci sui messaggi che contano e che ci dicono quanto sappiamo volerci bene, perché questo è. Ne sono convinta. Noi ci vogliamo bene.

Perciò, quest’anno lo chiudo semplicemente così. Da un lato scusandomi e dall’altro perdonandomi.
Scusandomi per ciò in cui ho mancato e per ciò che non ho saputo offrire quanto avrei voluto e che non riesco a fare neanche ora.
Perdonandomi perché so di aver fatto l’unica cosa che potevo: scegliere.

E quest’anno ciò che contava di più era essere presente completamente, in ogni momento. Riuscire ogni giorno a recuperare energie per offrire qualità al giorno successivo. Era importante stare in piedi quando non sapevamo se saremmo stati in grado di gestire la complessità delle nuove richieste, di restituire fiducia a quelle famiglie che ci hanno chiesto aiuto. Era importante stare in piedi mentre guardavamo a quei pezzi che andavano via senza un saluto, dimenticando quanta importanza abbiamo dato alle persone, ai legami e al rispetto prima di ogni altra cosa. Era importante stare in piedi davanti ai genitori che perdevano fiducia per aiutarli a riconquistarla, a volte mostrandogli anche con durezza ciò che stavano diventando incapaci di vedere. Era importante non abbandonare le convinzioni, le scelte, neanche quando cambiare rotta avrebbe semplificato tutto.

Prendere posizione, davanti alla scuola, davanti ai bambini, davanti a voi famiglie, davanti alla società, è davvero molto faticoso. Ne sono sempre più consapevole. Ma regala emozioni incredibili che hanno davvero bisogno di poche parole quando siamo di fronte ai bambini. Ognuno di loro è la risposta, un’incredibile risposta. Io ci credo.

Grazie a tutti per essere ancora squadra, capace di indebolirsi ma di trovare nuova forza infinite volte.
Grazie a tutti voi per esserci. Felice estate.

1 commento:

  1. Grazie Enrica, grazie davvero per l'umiltà che dimostri sei una Maestra vera.
    Maria

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