Quella sera d'estate io non c'ero. Ma, in un certo senso, ero presente.
Perché conosco il corto "Tutto Cambia", ho avuto l’onore di vederlo l'anno scorso, a maggio, in occasione della presentazione del libro “(S)legàmi - Cinque storie di legami con l'autismo” presso la Biblioteca Comunale di Iglesias.
Conosco Gianmarco che all'uscita di scuola, quasi fosse un appuntamento quotidiano, con mio figlio si stringono in un forte abbraccio, un abbraccio che comunica più di tante parole e che si scioglie con un sonoro e allegro “batti cinque”.
Ho potuto conoscere Christian, un maestro che, come ha detto bene maestra Enrica, crede fortemente nel lavoro di squadra che parte dalla specificità del bambino per offrirgli il massimo e garantirgli una vera inclusione. Un maestro che considera la scuola un luogo privilegiato per la formazione dei bambini, per condurli e sostenerli nell'incontro con la vita, luogo che con autentica e (non me ne voglia Christian...) vulcanica dedizione vuole abitare e costruire insieme ai bambini che gli vengono affidati; essere per loro vera presenza, essere disposto a conoscerli, capire che prima di qualsiasi altra cosa hanno bisogno di sentirsi visti. Lui sa bene che insegnare significa stare vicino ai bambini, sedersi accanto a loro e fermarsi: per saper ascoltare l’impercettibile, per saper vedere l’invisibile, per sapersi prendere cura di loro quando per molti la loro strada sembra essere già segnata, dimenticandosi invece che è il percorso che la traccia, sono soprattutto le opportunità che si manifestano nell'inaspettato, nell'inatteso che diventano momenti dove si presenta la speranza, la certezza che…tutto cambia. E può cambiare solo se la smettiamo di preoccuparci dei sensi unici e dei sensi vietati che incontreremo prima ancora di metterci in cammino: tutto cambia se tutto inizia, con coraggio e rischiando. É così che maestro Christian ha imparato a guardare i suoi bambini, ringraziandoli per averlo invitato a vivere il loro mondo mentre lo sperimentano e lo ricreano, spesso meglio di quanto possiamo fare noi adulti.
E mi rivedo in quella mamma, nelle sue parole che, anche se non ascoltate personalmente, so quale felicità e tristezza possono contenere. Mi ritrovo vicino a lei. Sono parole che aprono al dialogo, per riflettere insieme, per comprendere cosa va ancora migliorato, per spiegare quali sono le ragioni per cui vale la pena di lottare, sempre, perché non ci sia mai una frattura di intenti tra la scuola e la famiglia quando al centro ci sono i bambini, i loro bisogni, al di là del loro essere speciali, e le loro aspettative. Parole offerte da un genitore che se non riconoscesse l'importante ruolo della scuola nella vita di suo figlio, avrebbe sicuramente scelto di trascorrere una serata diversa. Invece è lì, perché sente di far parte della scuola, parte necessaria, mai invadente, per avere una visione completa delle cose, insieme. Parole per condividere, semplicemente, uno stato d’animo; la gioia di aver incontrato una scuola che è stata capace di vedere il proprio figlio tutto intero e la tristezza di un incontro avvenuto per sola fortuna quando invece dovrebbe essere la norma.
E un grazie speciale colmo di stima a una maestra, Enrica, che non ha voluto lasciare andare quelle parole e nel sentire in prima persona la responsabilità nei confronti di tutti quei bambini di nome Gianmarco, ha voluto afferrarle e rivolgere il suo pensiero a una scuola, a una istituzione scuola, che sente sua e che rappresenta. Una scuola che nonostante ora si stia muovendo è ancora carente quando si parla di continuità professionale, quella che crea appartenenza, che garantisce stabilità. Una scuola dove la straordinarietà sia sempre nell'ordinarietà, dove l’eccezione sia la regola. Una scuola che alle volte si dimentica che parlare e integrare, includere, non sono la stessa cosa.
Non è mia consuetudine offrire riflessioni partendo dalla mia genitorialità adottiva, perché penso che qualsiasi bambino porti con sé un suo vissuto speciale, una storia differente che va riconosciuta, accolta e rispettata. Oggi però voglio unirmi alle parole della mamma di Gianmarco, per dire che i miei bambini sono bambini in viaggio dove ogni traguardo diventa un nuovo punto di partenza e solo la certezza, la sicurezza, punti di riferimento stabili possono aiutarli a proseguire e riprendere quel viaggio senza dover ricominciare tutto daccapo. Un viaggio che porta con sé una storia dai percorsi non lineari, dove i ricordi diventano spesso immagini frammentate, dove tutto si confonde fino a disorientare. Ecco che per affrontare serenamente quel viaggio i miei bambini hanno bisogno di muoversi dentro a un sentimento di appartenenza dove possono liberarsi fino ad arrivare a fidarsi e affidarsi. Loro ti mettono alla prova, alle volte fino a sfinirti, per capire quanto tieni a loro, quanto sei disposto a stare con loro. Solo il tempo, la perseveranza, la disponibilità, possono aiutarli a ricomporre la propria vita. Elementi tutti racchiusi in un’unica parola: continuità.
La scuola non può, non deve dimenticarsi di questo.
Ancora, sempre, grazie.
Perché conosco il corto "Tutto Cambia", ho avuto l’onore di vederlo l'anno scorso, a maggio, in occasione della presentazione del libro “(S)legàmi - Cinque storie di legami con l'autismo” presso la Biblioteca Comunale di Iglesias.
Conosco Gianmarco che all'uscita di scuola, quasi fosse un appuntamento quotidiano, con mio figlio si stringono in un forte abbraccio, un abbraccio che comunica più di tante parole e che si scioglie con un sonoro e allegro “batti cinque”.
Ho potuto conoscere Christian, un maestro che, come ha detto bene maestra Enrica, crede fortemente nel lavoro di squadra che parte dalla specificità del bambino per offrirgli il massimo e garantirgli una vera inclusione. Un maestro che considera la scuola un luogo privilegiato per la formazione dei bambini, per condurli e sostenerli nell'incontro con la vita, luogo che con autentica e (non me ne voglia Christian...) vulcanica dedizione vuole abitare e costruire insieme ai bambini che gli vengono affidati; essere per loro vera presenza, essere disposto a conoscerli, capire che prima di qualsiasi altra cosa hanno bisogno di sentirsi visti. Lui sa bene che insegnare significa stare vicino ai bambini, sedersi accanto a loro e fermarsi: per saper ascoltare l’impercettibile, per saper vedere l’invisibile, per sapersi prendere cura di loro quando per molti la loro strada sembra essere già segnata, dimenticandosi invece che è il percorso che la traccia, sono soprattutto le opportunità che si manifestano nell'inaspettato, nell'inatteso che diventano momenti dove si presenta la speranza, la certezza che…tutto cambia. E può cambiare solo se la smettiamo di preoccuparci dei sensi unici e dei sensi vietati che incontreremo prima ancora di metterci in cammino: tutto cambia se tutto inizia, con coraggio e rischiando. É così che maestro Christian ha imparato a guardare i suoi bambini, ringraziandoli per averlo invitato a vivere il loro mondo mentre lo sperimentano e lo ricreano, spesso meglio di quanto possiamo fare noi adulti.
E mi rivedo in quella mamma, nelle sue parole che, anche se non ascoltate personalmente, so quale felicità e tristezza possono contenere. Mi ritrovo vicino a lei. Sono parole che aprono al dialogo, per riflettere insieme, per comprendere cosa va ancora migliorato, per spiegare quali sono le ragioni per cui vale la pena di lottare, sempre, perché non ci sia mai una frattura di intenti tra la scuola e la famiglia quando al centro ci sono i bambini, i loro bisogni, al di là del loro essere speciali, e le loro aspettative. Parole offerte da un genitore che se non riconoscesse l'importante ruolo della scuola nella vita di suo figlio, avrebbe sicuramente scelto di trascorrere una serata diversa. Invece è lì, perché sente di far parte della scuola, parte necessaria, mai invadente, per avere una visione completa delle cose, insieme. Parole per condividere, semplicemente, uno stato d’animo; la gioia di aver incontrato una scuola che è stata capace di vedere il proprio figlio tutto intero e la tristezza di un incontro avvenuto per sola fortuna quando invece dovrebbe essere la norma.
E un grazie speciale colmo di stima a una maestra, Enrica, che non ha voluto lasciare andare quelle parole e nel sentire in prima persona la responsabilità nei confronti di tutti quei bambini di nome Gianmarco, ha voluto afferrarle e rivolgere il suo pensiero a una scuola, a una istituzione scuola, che sente sua e che rappresenta. Una scuola che nonostante ora si stia muovendo è ancora carente quando si parla di continuità professionale, quella che crea appartenenza, che garantisce stabilità. Una scuola dove la straordinarietà sia sempre nell'ordinarietà, dove l’eccezione sia la regola. Una scuola che alle volte si dimentica che parlare e integrare, includere, non sono la stessa cosa.
Non è mia consuetudine offrire riflessioni partendo dalla mia genitorialità adottiva, perché penso che qualsiasi bambino porti con sé un suo vissuto speciale, una storia differente che va riconosciuta, accolta e rispettata. Oggi però voglio unirmi alle parole della mamma di Gianmarco, per dire che i miei bambini sono bambini in viaggio dove ogni traguardo diventa un nuovo punto di partenza e solo la certezza, la sicurezza, punti di riferimento stabili possono aiutarli a proseguire e riprendere quel viaggio senza dover ricominciare tutto daccapo. Un viaggio che porta con sé una storia dai percorsi non lineari, dove i ricordi diventano spesso immagini frammentate, dove tutto si confonde fino a disorientare. Ecco che per affrontare serenamente quel viaggio i miei bambini hanno bisogno di muoversi dentro a un sentimento di appartenenza dove possono liberarsi fino ad arrivare a fidarsi e affidarsi. Loro ti mettono alla prova, alle volte fino a sfinirti, per capire quanto tieni a loro, quanto sei disposto a stare con loro. Solo il tempo, la perseveranza, la disponibilità, possono aiutarli a ricomporre la propria vita. Elementi tutti racchiusi in un’unica parola: continuità.
La scuola non può, non deve dimenticarsi di questo.
Ancora, sempre, grazie.
Che dire sono senza parole dall'emozione, bello cogliere attraverso questa bacheca che consente sguardi "liberi di essere" confronti per crescere. Mi sono veramente commosso ed è la bellezza e la fortuna di essere insegnanti, maestri a volte anche di vita. I bambini hanno tanto da dire e si raccontano molto bene con la loro semplicità. Grazie Isa per essere un genitore presente e grazie Enrica per questo spazio che il tuo blog offre. La scuola ha bisogno di interventi e impegno di questo tipo infatti non può che trarne vantaggio. Un forte abbracio a te e la nostra cara amica maestra Enrica. Christian Castangia
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