Iglesias, 9 luglio 2019
“Buongiorno Isa! Ma non sei ancora stanca di essere qui?!”
Villacidro, il giorno dopo.
“È sorprendente che un genitore di un percorso ormai concluso abbia scelto di continuare a esserci.”
Una domanda, un'affermazione; nessuna delle due però, in quel momento, ha avuto una risposta, un seguito. Io ero lì, con la passione e l'entusiasmo di sempre e questo per me, valeva più di qualunque risposta.
Un entusiasmo senza fraintendimenti, così lo definisce Maura nello scritto che mi ha consegnato qualche tempo fa, un entusiasmo che mi ha sostenuto e ancora mi sostiene, tenendo ferme tutte le scelte e convinzioni, il solo in grado di spiegare come mai non potrò mai essere stanca di esserci, genitore di un percorso che non finirà mai, anche quando la vita si presenterà con i suoi accadimenti.
Non sono stati cinque anni facili, l'ho detto in molte occasioni, ma sono stati cinque anni illuminanti.
Non facili, perché accade spesso che quando qualcuno fa una scelta e la vive in modo totale rinnovandola nel tempo, la prima cosa che l'altro si chiede è quale sia il fine, l'utilità, l'intenzione invece di chiedersi semplicemente quale sia il motivo, il senso, il sentimento che accompagna quella scelta. Sono una persona che non giudica e neanche predica, non mi limito e non mi giustifico, non parlo molto e non ascolto mai lontano dal cuore; questo mi ha sempre aiutato a non arrendermi davanti alle sterili opinioni, alle critiche gratuite, agli sguardi accusatori o indagatori. A riconoscere e vivere gli anni della scuola primaria di mio figlio come un'opportunità che, con tutta me stessa, ho voluto cogliere e comprendere fino a diventarne parte, quella presenza che oggi, magari, sorprende ma che sente il bisogno di dire a gran voce che la scuola non può e non deve essere un incontro fortunato e non esiste nulla di eccezionale e impossibile quando si ha chiaro che cosa conta davvero. Dicono che non c'è nulla che ti faccia sentire infinitamente piccolo e impotente quanto l'immensità del cielo. Non è così, perché dipende da chi guarda e riesci a vedere le cose solo se sai dove guardare.
La scuola che costruisce esiste, non è un'utopia, il nostro gruppo di lavoro ne è testimonianza. Occorre partire dalla concretezza, dalle priorità, dalle piccole cose usando i mezzi più semplici. Continuo a esserci perché, da genitore, voglio far conoscere le scelte condivise nella fiducia e nel rispetto, i cambiamenti che hanno trasformato le idee, anche quelle più vicino ai sogni in esperienze, la scuola, in vita. Quella vita che ogni giorno tende a valutare, a giudicare, ma se la scuola ha costruito con tutti e ha insegnato prima di tutto a riconoscersi attraverso ogni forma di apprendimento, allora ogni sfida diventa un'occasione per essere sempre meglio. Credetemi, costruire non è semplice, ci vuole coraggio, forza, determinazione, chiarezza, organizzazione, ma riparare è sicuramente più difficile e capita che, alle volte, riparare non è proprio più possibile…
Anni illuminanti, perché mi hanno insegnato quanto sia meraviglioso lasciare libero lo sguardo dei bambini, senza mai confonderlo con il nostro, e quello che sono diventata come genitore, lo devo anche a quella scuola che sento tuttora tanto mia, una scuola che mi ha dato molto, togliendomi tanto...
La fretta, quella di ogni genitore nel voler vedere i risultati senza avere il tempo e la voglia di soffermarsi sul percorso. Si sa, esiste un tempo per seminare e un tempo per raccogliere sapendo bene che tra la semina e il raccolto deve passare il tempo necessario per portare a compimento un percorso di crescita dove però seminare deve rimanere sempre un gesto gratuito. Perché quando il seminatore semina, non si aspetta nulla in cambio e quello che rimane importante, è il seminare, con la consapevolezza che non tutto germoglierà o germoglierà nei tempi pensati. Occorreranno altri tentativi, altro tempo, ma tutto arriva…
Le attese, le ansie, trasformandole in speranza. Ho compreso che le aspettative creano una spaccatura tra quello che vorremmo e quello che invece è, che avviene e non permettono di avere l'apertura verso tutto ciò che si presenta. Senza, invece, si crea più spazio per le sorprese, per l'inaspettato che riusciamo ad accogliere con tutta la sua autenticità e bellezza che mai avremmo creduto di poter incontrare.
Mi ha tolto la paura del cambiamento, dove si lascia il certo per l'incerto. Mio figlio è entrato a scuola con una storia che in un certo senso è solo sua, e il timore che davanti a un'altra nuova situazione non riuscisse a consegnarla, era davvero tanto. Accogliere la storia di un bambino e integrarla nella nostra storia non è scontato, significa costruire lo spazio per quel bambino, che ha il suo vissuto, il suo mondo dentro e fuori, le sue manifestazioni, che ha tante risorse e non solo mancanze. Quella scuola liberandomi da ogni paura, non ha colmato i vuoti, ma ha creato gli spazi...
L'immagine che il sapere passa solo attraverso i libri e i quaderni, mentre in verità passa prima di tutto incrociando gli occhi del mondo perché quello che succede fuori dalla scuola riguarda tutti e quando inevitabilmente entra in classe, tocca la vita dei bambini.
L'idea che le cose giuste siano per sempre.
Lo sguardo sul domani, senza però mai perdere di vista l'orizzonte. Lo ha fatto prendendo tra le mani il mio viso e rivolgendolo sull'oggi per assaporarne ogni piccola conquista, dimostrando di essere una scuola che sa amare ciascun bambino senza pretese nel presente, ma con una speranza per il suo futuro.
Mi ha tolto la presunzione che da soli si può, comunque, camminare e fare. Come scrive sempre Maura, se da soli si può fare tanto, insieme si può fare tutto. Ognuno di noi è inevitabile e indispensabile, risorsa per l'altro, mai potrà togliere, ma essere solo completamento.
Sì, ci sono senza stancarmi, con la passione di sempre, perché finché potrò, desidero consegnare tutto questo, perché credo fermamente che la scuola può essere l'occasione di tante vite, può capitare anche la sola... È capace di cambiare e cambiarti, rimanere un percorso che durerà per sempre e che ogni volta che lo vivi ti offre sempre uno sguardo nuovo, più ricco.
Un po' come accade nel libro de “La storia infinita” dove sono le persone reali che danno vita ai personaggi della storia. Così ogni volta che ritorno dentro le pagine del libro che narra la storia della scuola che ho vissuto, so che nulla potrà essere mai come prima, ma che sarà sempre un divenire, una lettura diversa da quella di ieri, più profonda, più emozionante. Un libro che non ti stanchi mai di rileggere con piacere e nonostante lo conosci a memoria, ogni volta senti di più e vedi quanto non avevi ancora visto o come avresti voluto vedere...e essere.
Sapete, una volta una persona mi ha scritto che la realtà non cambia perché noi la immaginiamo diversa.
È assolutamente vero.
Eppure la vita non smette mai di darci delle possibilità e di viverle senza alcun rimpianto. Dobbiamo semplicemente rimanere ancorati ai nostri ideali, che non sono negoziabili, e rimanere saldi nella speranza contro ogni speranza, perché la realtà che è sempre più difficile e faticosa, non deve rubarci i sogni. Sono proprio quei sogni e quelle speranze che hanno la forza di generare una storia nuova, di creare e ricreare, di vedere nuove vie, di costruire, di credere che davvero il cambiamento può nascere solo da dentro.
Gmork: Sei uno sciocco e non sai un bel niente di Fantasia. È il mondo della fantasia umana. Ogni suo elemento, ogni sua creatura scaturisce dai sogni e dalle speranze dell’umanità e quindi Fantasia non può avere confini.
Atreyu: Perché Fantasia muore?
Gmork: Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni.
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