E mi permetto di farla io ora una domanda. Vi siete chiesti davvero che cosa volete per i vostri figli?
Così termina il post “Sì, io faccio scuola dai tempi invisibili”.
Così la mia risposta, che arriva immediata, riconosciuta dentro ogni singolo passaggio di quella riflessione a voce alta: desidero poter essere un genitore che educa i propri figli in quei tempi invisibili…con una presenza altrettanto invisibilmente certa, attenta ma… discreta.
Una presenza che segna il passo per essere quella guida responsabile e capace a indicare semplicemente il cammino, nel conoscere i traguardi. Una presenza capace di trovare sempre un equilibrio tra il proteggere i propri figli dai problemi e il renderli autonomi, perché con coraggio e pazienza cerca di stare vicino a loro con gesti ed esempi di vera prossimità, stare al loro fianco senza alcuna pretesa di proprietà, non avere quindi progetti su di loro, non esigere che diventino ciò che le mie aspettative si attendono.
Noi genitori, dobbiamo accompagnare i nostri figli a stare davanti alle esperienze e alle circostanze perché quella è la loro vera, unica possibilità e occasione per scoprirsi, per conoscersi.
Muoversi nei tempi invisibili è lasciare che le nostre speranze per i figli, per i bambini, abbiano la meglio sulle nostre paure e convinzioni.
Ecco, spesso noi genitori perdiamo di vista quello che i nostri figli ci chiedono, o meglio, non ci chiedono.
I tempi invisibili allora sono quelli che ci permettono di essere quei Genitori e Insegnanti, che con coraggio lasciano spazio, tempo e opportunità, per aiutare i bambini a riconoscersi al di là di noi.
No, ne sono convinta anche io, per fare questo non si perde tempo... perché nei tempi invisibili, quel tempo si costruisce, si modella, prende forma piano piano. Così che tutto possa rimanere, chiaro e indelebile. La vera perdita di tempo rimane quella nei tempi visibili, dove resta ben poco.
Dobbiamo sentirci davvero adulti disposti a stare affianco ai nostri figli e bambini con una dedizione che dimentica se stessa.
Una dedizione che sinceramente ho letto in quelle parole che ci sono state offerte, dove emerge tutta l’anima di un’insegnante che è speciale perché si riconosce insegnante solo attraverso gli occhi e il cuore dei suoi bambini. Lei parte da loro per ritornare sempre a loro, per camminare con loro. Affiancandoli.
Le sue parole dicono come per lei insegnare significa saper stare vicino ai suoi bambini, vuol dire esserci non perché i bambini facciano loro le sue idee, i suoi insegnamenti, ma perché lei possa trasmettere un metodo vero per aiutarli a comprendere e valutare gli insegnamenti che offre loro. Il suo, un insegnare che non è entrare nei libri, riempire i quaderni, ma rispondere al desiderio dei bambini di scoprire il segreto di sé e delle cose. Lei, ogni giorno, esorta i suoi bambini ad entrare in classe con il cuore in mano, incoraggiandoli a scoprire e conoscere la loro grandezza, quella contenuta nei loro cuori e nei loro desideri, la loro dignità. Lei invita i suoi bambini ad accettare, prima di tutto, la sfida verso se stessi, rassicurandoli che lei è li per accompagnarli. Il suo insegnare non è dare ai bambini delle risposte, ma aiutarli ad avere il coraggio di fare delle domande, fare le loro scoperte, anche sbagliando. Lei è lì per ascoltarli, per guidarli.
Non insegna per trasmettere nozioni astratte, ma per offrire un’esperienza da condividere, che prima di tutto parte da lei. Un'insegnante che si sente coinvolta in quello che fa e che dice.
La sua pedina non è concentrata sullo "scacco matto", ma sulle mosse, sul movimento giusto.
Ecco, come per noi genitori, la sua, una presenza invisibilmente certa, sicura, ferma, attenta, discreta e rassicurante.
Le sue sono parole rivolte a tutti coloro che hanno davvero il coraggio di mettersi in discussione, parole che non hanno alcuna pretesa, solo il desiderio di poter entrare, silenziosamente senza ingombrare, nel cuore delle persone.
In quelle parole io mi sono sentita davvero l'altra parte, quella di un genitore, che ogni giorno ha la gioia di poter affidare il proprio figlio alla sua insegnante, come ad un'altra se stessa. Perchè io, come mamma, sono felice e orgogliosa di poter dire al mondo intero, che grazie a quella maestra, la scuola è davvero la seconda casa dove mio figlio si sente accolto, coccolato, rispettato, ascoltato, apprezzato, ma soprattutto riconosciuto. Ad attenderlo, ogni giorno, su quella porta, una persona davvero speciale, che ha saputo accendere in lui la speranza. Soprattutto la certezza di poter essere, sempre, un bambino felice.
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