Ieri, in classe, ci siamo dedicati a una prova Invalsi di italiano. Lo stesso faremo sabato, quando ne proporremo una di matematica.
L'obiettivo, uno solo. Conoscere la tipologia di prova, ragionarci insieme, poterla affrontare con serenità.
Non riuscirei davvero a impostare il mio lavoro sulle prove per assicurarmi un buon risultato. Non riuscirei e non ne avrei il tempo. Così come non riuscirei a cercare alleanze per sottrarmi, non lo troverei professionale e neanche utile. Che cosa può preoccuparmi se faccio tutto quanto nelle mie possibilità?
Ciò che conta, almeno per me, è dare alle prove il peso che meritano, né più né meno, senza mai dimenticare che lavoro nella scuola dell'obbligo, alla scuola primaria, con bambini tutti diversi.
Così ho fatto ciò che è più coerente con il mio modo di lavorare. L'ho proposta prima in coppia, perché i bambini potessero ragionarci insieme, confrontarsi e supportarsi nelle diverse interpretazioni e, perché no?, nella scelta di strategie; poi l'ho proposta in gruppo, per un confronto più aperto. Gli alunni con disturbo specifico di apprendimento sono stati affiancati da compagni che si sono occupati di leggere per loro (una cosa meravigliosa, credetemi...). Per il resto, mi basta. Quello che penso l'ho già detto quando i miei bambini erano in seconda elementare e con una rubrica pubblicata su Scuola Italiana Moderna in questo periodo proprio lo scorso anno.
Quindi, è certamente chiaro, non vivo questo momento con preoccupazione; con serietà, questo sì. Per la coerenza che voglio che mi venga riconosciuta dai miei bambini, dalle famiglie.
Però, non posso non dirlo, c'è una cosa che continua a spiazzarmi, ed è l'impatto con i bambini in difficoltà. Il punto è che dopo che tutto il nostro impegno è improntato nel far capire che non chiederemmo mai a un pesce di salire su un albero (abbiamo anche condiviso la magnifica lettura di Lynda Mullaly Hunt edita da Uovonero), all'improvviso, nei prossimi giorni, in classe, entrerà qualcuno che, senza conoscere i bambini, misurerà le distanze tra i banchi, fornirà loro un fascicolo, leggerà istruzioni, metterà un orario alla lavagna e, strumenti compensativi o meno, dirà ai bambini: - Pronti? È il momento di salire sull'albero!
L'obiettivo, uno solo. Conoscere la tipologia di prova, ragionarci insieme, poterla affrontare con serenità.
Non riuscirei davvero a impostare il mio lavoro sulle prove per assicurarmi un buon risultato. Non riuscirei e non ne avrei il tempo. Così come non riuscirei a cercare alleanze per sottrarmi, non lo troverei professionale e neanche utile. Che cosa può preoccuparmi se faccio tutto quanto nelle mie possibilità?
Ciò che conta, almeno per me, è dare alle prove il peso che meritano, né più né meno, senza mai dimenticare che lavoro nella scuola dell'obbligo, alla scuola primaria, con bambini tutti diversi.
Così ho fatto ciò che è più coerente con il mio modo di lavorare. L'ho proposta prima in coppia, perché i bambini potessero ragionarci insieme, confrontarsi e supportarsi nelle diverse interpretazioni e, perché no?, nella scelta di strategie; poi l'ho proposta in gruppo, per un confronto più aperto. Gli alunni con disturbo specifico di apprendimento sono stati affiancati da compagni che si sono occupati di leggere per loro (una cosa meravigliosa, credetemi...). Per il resto, mi basta. Quello che penso l'ho già detto quando i miei bambini erano in seconda elementare e con una rubrica pubblicata su Scuola Italiana Moderna in questo periodo proprio lo scorso anno.
Quindi, è certamente chiaro, non vivo questo momento con preoccupazione; con serietà, questo sì. Per la coerenza che voglio che mi venga riconosciuta dai miei bambini, dalle famiglie.
Però, non posso non dirlo, c'è una cosa che continua a spiazzarmi, ed è l'impatto con i bambini in difficoltà. Il punto è che dopo che tutto il nostro impegno è improntato nel far capire che non chiederemmo mai a un pesce di salire su un albero (abbiamo anche condiviso la magnifica lettura di Lynda Mullaly Hunt edita da Uovonero), all'improvviso, nei prossimi giorni, in classe, entrerà qualcuno che, senza conoscere i bambini, misurerà le distanze tra i banchi, fornirà loro un fascicolo, leggerà istruzioni, metterà un orario alla lavagna e, strumenti compensativi o meno, dirà ai bambini: - Pronti? È il momento di salire sull'albero!
Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido. (Albert Einstein)
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