Ieri mi hanno fatto di nuovo la stessa domanda. Così ho pensato tanto a due colleghe, Daniela Nuvoli e Lalla Aru, a quello che mi dicono in ogni occasione da quando, due anni fa, hanno affrontato un lungo viaggio per trascorrere una giornata nella nostra classe.
- Devi dire che classi hai, Enrica. Se non lo dici, le persone pensano che tu abbia classi facili e che il tipo di lavoro che fai sia reso possibile da questo.
- Ma tu non hai alunni con problemi e genitori che si mettono di traverso? - Questa la domanda, più o meno.
Ho risposto.
Il mio sguardo positivo e la mia riservatezza non mi consentono di dire tutto in spazi come questo. Ma le difficoltà ci sono, e sono tante a tutti i livelli, di alunni, di genitori, di colleghi. Le mie, proprio per il tipo di scelte che faccio, e che dichiaro, sono sempre classi molto complesse, e complesso è il lavoro con le famiglie, nonostante ci abbia visto camminare insieme fino a costituirci gruppo di lavoro impegnato nel cambiamento. Incontrare una scuola diversa da quella che si è frequentata, da quella che ci rassicura, non è facile. Se può sembrarlo all'inizio, diverso è dover rinnovare la propria fiducia davanti alle scelte che si trasformano in pratiche vere. Quando i compiti non ci sono davvero, e non ci sono i voti. Quando i quaderni contengono tanto di meno rispetto alle classi accanto e a quelle dei figli degli amici. Quando è difficile tenere sotto controllo il "programma", perché i percorsi di senso non si svolgono in modo lineare e ascoltano il mondo... Quando ancora non hanno fatto ingresso gli effetti delle "consegne aperte" e non si è ancora imparato a sostare davanti a ciò che più conta: la serenità e la crescita dei propri figli.
Però io sono così, guardo alle conquiste, ai passi fatti, a quello che abbiamo costruito. Proprio come con i bambini. Io inizio il viaggio guardando all'equipaggio che ho, senza paura, so che è con quello che devo lavorare. Non amo sostare sui problemi, e non sento il bisogno di etichette. Credo nella classe comunità che costruisce autonomia e responsabilità, e che mette al centro la cura e l'aiuto dell'altro. Credo nell'apprendimento cooperativo, che fa della diversità risorsa, che mette al centro la crescita di ognuno, valorizzando il più debole come le eccellenze. E non mi fanno paure le mattine nell'apparente caos della differenziazione simultanea. Riesco a starci bene dentro.
Ma forse è vero, va detto. Diamo troppe cose per scontate e la scuola, quella viva, quella che sfugge ai libri, ha bisogno di essere "scoperchiata".
Condivido lo scritto con il quale ho lasciato la mia classe quinta lo scorso anno, credo che, in qualche modo, racconti anche l'altra parte: le sofferenze, i "pezzi" persi, la solitudine.
https://enricaena.blogspot.com/2018/06/a-voi-bambini.html
Grazie a chi ieri mi ha fatto riflettere.
Grazie ancora a Daniela, a Laura e a tutti coloro che mi aiutano a dire a voce alta ciò che da sola non riuscirei...
- Devi dire che classi hai, Enrica. Se non lo dici, le persone pensano che tu abbia classi facili e che il tipo di lavoro che fai sia reso possibile da questo.
- Ma tu non hai alunni con problemi e genitori che si mettono di traverso? - Questa la domanda, più o meno.
Ho risposto.
Il mio sguardo positivo e la mia riservatezza non mi consentono di dire tutto in spazi come questo. Ma le difficoltà ci sono, e sono tante a tutti i livelli, di alunni, di genitori, di colleghi. Le mie, proprio per il tipo di scelte che faccio, e che dichiaro, sono sempre classi molto complesse, e complesso è il lavoro con le famiglie, nonostante ci abbia visto camminare insieme fino a costituirci gruppo di lavoro impegnato nel cambiamento. Incontrare una scuola diversa da quella che si è frequentata, da quella che ci rassicura, non è facile. Se può sembrarlo all'inizio, diverso è dover rinnovare la propria fiducia davanti alle scelte che si trasformano in pratiche vere. Quando i compiti non ci sono davvero, e non ci sono i voti. Quando i quaderni contengono tanto di meno rispetto alle classi accanto e a quelle dei figli degli amici. Quando è difficile tenere sotto controllo il "programma", perché i percorsi di senso non si svolgono in modo lineare e ascoltano il mondo... Quando ancora non hanno fatto ingresso gli effetti delle "consegne aperte" e non si è ancora imparato a sostare davanti a ciò che più conta: la serenità e la crescita dei propri figli.
Però io sono così, guardo alle conquiste, ai passi fatti, a quello che abbiamo costruito. Proprio come con i bambini. Io inizio il viaggio guardando all'equipaggio che ho, senza paura, so che è con quello che devo lavorare. Non amo sostare sui problemi, e non sento il bisogno di etichette. Credo nella classe comunità che costruisce autonomia e responsabilità, e che mette al centro la cura e l'aiuto dell'altro. Credo nell'apprendimento cooperativo, che fa della diversità risorsa, che mette al centro la crescita di ognuno, valorizzando il più debole come le eccellenze. E non mi fanno paure le mattine nell'apparente caos della differenziazione simultanea. Riesco a starci bene dentro.
Ma forse è vero, va detto. Diamo troppe cose per scontate e la scuola, quella viva, quella che sfugge ai libri, ha bisogno di essere "scoperchiata".
Condivido lo scritto con il quale ho lasciato la mia classe quinta lo scorso anno, credo che, in qualche modo, racconti anche l'altra parte: le sofferenze, i "pezzi" persi, la solitudine.
https://enricaena.blogspot.com/2018/06/a-voi-bambini.html
Grazie a chi ieri mi ha fatto riflettere.
Grazie ancora a Daniela, a Laura e a tutti coloro che mi aiutano a dire a voce alta ciò che da sola non riuscirei...
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