domenica 15 marzo 2020

Aula Aperta: raccontami...

Post di Isabella Ongarelli e Maura Mei, genitori

Qualche tempo fa.
- Come sta andando Aula Aperta, Maura? Non immagini quanto in questi giorni abbia pensato a voi genitori. Se non sbaglio per te è stata la prima volta. Dai, raccontami un pochino come l’hai vissuta…
- Una cosa mi ha colpito molto, Isa. Ho constatato un grande salto in avanti a livello comportamentale. Una crescita personale di ciascun bambino, ma soprattutto di gruppo dove ho assistito a un continuo aiuto, sia nel dare, che nel ricevere. Un uso consapevole delle tecnologie. Ma la cosa che mi ha colpito profondamente è la voglia di esserci dei bambini: una, due, dieci volte. Perché l’apprendimento è un gioco, l’apprendimento è una conquista, l’apprendimento è superarsi. Col sorriso, con la complicità. Lontanissimi dal nascondersi, dalla paura dell’errore, dalla pesantezza dell’esecuzione di un compito, dall'ansia del voto.
Aula Aperta è un'esperienza straordinaria, è un'opportunità e ogni volta ritorno felice di scoprire che tutto questo non è solo possibile, ma è realizzabile.
Fermo un istante le parole di Maura, le riavvolgo e mi ritrovo nella classe di mio figlio oggi, più presente che mai.
- Riconosco quanto dici. Rivedo il mio stupore nel trovarmi davanti a bambini creatori del loro sapere. Respiro tutta la passione, l’energia. Sento ancora forte il clima sereno, disteso; il luogo senza protocolli e direttive, dove esistono unicamente i bambini con le loro meravigliose storie differenti che abitano la scuola come il posto per trovarsi, per stare bene, per stare comodi, per sentirsi accolti e riconosciuti per quello che sono, certi dei loro valori e pronti ad affrontare le difficoltà senza timore e senza mai sentirsi soli. Abbraccio tutta la bellezza, l’armonia, la reciprocità e il rispetto, valore ben chiaro a tutti dove i diritti di ciascuno sono un dovere per l'altro. Ascolto quel sano rumore educativo. Rivivo quel tempo invisibile così tanto concreto, prezioso, capace di saper ospitare l’inaspettato che alle volte regala di più di quanto si possa mai aver pensato o immaginato; un tempo senza fretta dove esiste ancora l’incanto e la fiducia nell'attesa; un tempo dei tempi, quelli di ciascun bambino. Un tempo in cui il mondo chiede di poter entrare in classe, di presentarsi ai bambini e sedersi accanto a loro, accompagnandoli alla scoperta della vita, diventando il sapere più alto. Rivedo numeri, lettere, momenti storici, luoghi e paesaggi muoversi e incrociarsi in armonia dentro a contesti finemente pensati, ricercati, anche riconosciuti e accolti, organizzati e costruiti.

Mi ritrovo in quelle scelte coraggiose di una maestra che guarda negli occhi i suoi alunni, ancorata al presente sapendo bene che oggi sono bambini, ma capace di intercettare il loro futuro e vederli domani quando diventeranno adulti responsabili, completi e preparati.
E rimango affascinata dalla forma che gli apprendimenti prendono su ciascun bambino e quanto sia grande la loro voglia di esserci, il loro interesse e la curiosità verso le cose. 
- Si, Isa, è assolutamente vero. Loro amano esserci e lo dimostrano con le loro continue mani alzate. Se ci pensi quando noi andavamo a scuola, la paura, la timidezza prendevano il sopravvento e rimanevamo composte al nostro banco, facendoci talvolta piccole dietro qualche compagno, con la speranza che la maestra non pronunciasse il nostro nome.
Rieccomi di nuovo in classe e ho nitida l’immagine delle tante mani alzate. Mani tese e allungate verso l’alto tanto da non riuscire quasi più a stare seduti sulla sedia aspettando con trepidazione e impazienza il proprio turno per poter prendere la parola.
- Maura, credimi, quelle mani alzate rimarranno per sempre. È una delle eredità più belle che la loro maestra ha lasciato ai bambini. Rimarranno per rivolgere domande che aprono. Rimarranno per esprimere le loro opinioni, per difendere una scelta, per sostenere un’idea, per rivendicare un diritto e riconoscere un dovere. Per sostenere i NO di eroica disobbedienza e i SI della vita, con il coraggio di accettare sfide improbabili dove l’utopia non è per loro un sogno o un’illusione, ma è una verità, un progetto, una conquista. Rimarranno per non avere mai paura di offrire uno sguardo anche quando potrebbe rimanere il solo, e se poi non dovesse essere quello giusto, lo riconosceranno nel sapere che esiste sempre la possibilità per rivedersi, per correggersi e andare avanti. Rimarranno per dare voce al loro impegno di essere sempre meglio di ciò che sono con responsabilità, onestà e determinazione.
Tutto questo l’avevo compreso allora, ma oggi ha acquisito un valore diverso, speciale.
E so bene cosa si prova ad entrare in classe e rimanere stupiti dalla crescita dei bambini e distinguerla dentro a ogni apprendimento. Ti rendi conto che l’educazione e l’apprendimento non possono mai percorrere strade diverse e contrarie; educare per formare bambini liberi e autonomi, significa perturbare - rubo il termine alla maestra…- significa diventare un pochino scomodi. Un insegnante, come un genitore sanno che solo se diventano superflui hanno svolto bene il loro compito, come sanno che perché questo avvenga non può esistere un’educazione senza rischi. Educare vuol dire condurre a un bivio, e in quel bivio rimanere fermi, vicini e attenti, attendere con pazienza, non anticipare, scuotere le domande, indicare le possibili strade, spiegarne la percorribilità, ma sempre nel rispetto dei tempi e mai sostituendosi allo sguardo che deve rimanere sempre quello dei bambini.
Apprendere è la stessa cosa.
Come so anche altro, Maura. 
Entrare in classe non solo mi ha permesso di scoprire e conoscere da vicino quel piccolo, grande mondo che ogni giorno accoglieva mio figlio prendendosene cura, ma è stata l’occasione per rileggermi come genitore aiutandomi a guardarlo con gli stessi occhi della sua maestra, occhi onesti e giusti. 
È così che ho avuto la conferma che nessuna storia è e sarà mai perfetta e che è proprio nella sua imperfezione a essere unica, la sola che può essere, e che l’imperfezione alla fine sta solo nel modo in cui guardiamo le cose. 
È così che ho compreso che il mestiere del genitore è un mestiere impossibile e che i figli non possono e non devono essere intrappolati nei sogni di noi genitori. 
È così che proprio in tutto questo ho compreso che quando decidiamo di tracciare un percorso, dobbiamo prima di tutto avere ben chiaro per chi lo stiamo tracciando. Riconoscere non solo dove siamo stati prima, cosa ci ha guidato, cosa abbiamo fatto, ma avere chiaro anche dove siamo arrivati finora, che è il risultato delle scelte fatte, anche di quelle sbagliate e di quello che siamo stati capaci di cogliere. Solo in questo modo si può essere veramente consapevoli di cosa fatto, di cosa è possibile fare ancora, del perché e del come lo dobbiamo fare e di cosa, invece, per riuscire a prendere una nuova direzione dobbiamo liberarci, dobbiamo saper perdere.
Più di tutto, è questo il messaggio più bello che la maestra di mio figlio mi ha consegnato, quanto di più importante mi ha lasciato Aula Aperta: perché tutto accada, c’è sempre qualcosa che dobbiamo essere disposti a perdere per poter poi trovare qualcosa di più grande. 
Ecco…cosa sono disposta a perdere? È la domanda che rivolgo spesso a me stessa, soprattutto nei momenti di disorientamento, che desidero porgerti, perché scoprirai che il disorientamento…la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare. Mi fido di te. Cosa sei disposto a perdere. Mi fido di te. Io mi fido di te.
Perché è proprio così, Maura carissima. Aula Aperta non mi ha solo dato la possibilità di vedere da vicino mio figlio, di toccare con mano i suoi saperi e le sue vittorie, mi ha prima di tutto insegnato che per camminare e costruire insieme, per riconoscere e riconoscersi, per apprezzare e saper guardare, dobbiamo essere presenza vera, saper perdere qualcosa e per farlo bisogna sapersi davvero fidare…

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per aver lasciato un tuo commento! La pubblicazione avverrà entro le 24 ore.
I contenuti offensivi o inadeguati saranno immediatamente rimossi.