Ieri, quando stavo arrivando a scuola, sapevo che sarebbe stata una giornata frizzante e che non sarebbe stato facile contenere per cinque ore l'emozione di ciò che ci attendeva nel pomeriggio. Così, giusto per approfittare, avevo deciso di proporre una semplice frase da proseguire per i nostri testi di inizio mattinata, certa che avrebbe catturato le emozioni e ne avrebbe lasciato traccia sul foglio di carta: "Oggi mi sento proprio...".
Eppure, in un attimo, tutto è cambiato.
Al loro ingresso in aula, ad attendere i bambini c'era una sorpresa. Nella prima isola, entrando a sinistra, era seduta una nuova bambina. Occhi grandi e scuri, smarriti: Seynabou.
All'improvviso, ogni attesa dimenticata. Spazio solo per la curiosità.
Chi è questa nuova bambina? Da dove arriva? Quanti anni ha? Perché è qui?
L'ho presa per mano e l'ho presentata. Ci siamo spostati sulla carta geografica per localizzare continente, stato, città di provenienza e posizione rispetto alla Sardegna. Africa. Senegal. Dakar. Sud-Ovest.
E poi lì ci siamo fermati. Seynabou non poteva raccontarci niente. Per il momento non conosce una parola della nostra lingua e non reagisce ai nostri stentati tentativi in francese.
Perciò, abbiamo abbandonato le chiacchiere per lasciare posto a tutte le altre possibili forme di comunicazione che potessero farla sentire bene tra noi.
E mentre lei ha iniziato ad esplorare con me i primi strumenti di lavoro, ho invitato i bambini a concentrarsi sul loro testo. "Oggi mi sento proprio..."
Il tempo è trascorso in fretta, i testi proposti ad inizio mattinata occupano massimo venti minuti. E quando è arrivato il momento della lettura... una vera sorpresa.
Non c'era che traccia marginale delle emozioni legate al cinema. Le righe erano piene di Seynabou. Così sarebbe stato ogni momento successivo.
Chi cercava di spiegarle le cose, chi voleva starle accanto per aiutarla, chi voleva prestarle il materiale, chi si rendeva disponibile per accompagnarla al bagno, chi la invitava a sedersi nella propria isola per la merenda...
Chi cercava di spiegarle le cose, chi voleva starle accanto per aiutarla, chi voleva prestarle il materiale, chi si rendeva disponibile per accompagnarla al bagno, chi la invitava a sedersi nella propria isola per la merenda...
E mentre li osservavo incantata dalla loro naturalezza che non conosce ostacoli all'accoglienza, sentivo piano piano ammorbidirsi le mie preoccupazioni.
Oggi, a un giorno di distanza, Seynabou era ancora silenziosa, e probabilmente lo sarà per un bel pezzo, ma abbiamo già raccolto qualche timido sorriso e l'abbiamo vista fare squadra ed esultare per il suo primo canestro. Forse è poco, ma io mi sono scoperta fiduciosa.
Inutile negarlo. Non sono sicura di dove andremo. Ma so che troveremo la strada e che, comunque sia, sarà un movimento.
Benvenuta Seynabou!
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