Dopo le parole di Monica Nobile vi lascio alle parole di Marina Zulian.
Anche a lei il mio grazie per il bellissimo dono ricevuto.
Una bellezza che va condivisa per il significato che porta con sé...
Saltainmente
lettera alla mamma Isabella, alla maestra Enrica, a Sebastian e ai suoi compagni di classe.
Se ti salta in mente di fare un sorriso a un gatto, fallo!
Se ti salta in mente di sussurrare alle nuvole, fallo!
Se ti salta in mente di urlare in mezzo a un bosco, fallo!
Se ti salta in mente di abbracciare gli alberi, fallo!
Se ti salta in mente di credere che tutto il mondo è la tua casa, fallo!
Inizia così quel libro che ho letto ai bambini della classe quarta della Scuola primaria di via Roma di Iglesias.
Come tutte le volte che entro in una classe, sono curiosa, emozionata, felice di incontrare bambini e ragazzi, entrare per un po’ nel loro mondo, conoscere qualche loro pensiero.
Anche questa volta, prima di partire da Venezia, sono andata nella biblioteca BarchettaBlu per scegliere i libri; in base alle informazioni che avevo preparo una bella pila di albi illustrati, racconti, qualche poesia... mi rendo conto che, dovendo andare in aereo da Venezia a Cagliari, non posso portare tutto quel peso e così, a malincuore, ne scelgo solo alcuni.
Quella mattina di febbraio, a Iglesias, quando Isabella, mamma di Sebastian, mi accompagna alla scuola primaria assaporo già in lei una bella emozione; infatti è stata proprio lei, come mamma di un bambino di quella classe e responsabile della sezione di Genitori si diventa, l’artefice di questo incontro e ha voluto e organizzato questa mattinata a scuola.
Parcheggiamo l’auto, entriamo dal portone della scuola, saliamo dallo scalone, incontriamo la bidella e, percorrendo il lungo corridoio, ci avviciniamo all'aula della maestra Enrica Ena. E’ una scuola bella e luminosa, come tante altre scuole, ha corridoi in cui si affacciano tutte le aule e alle nove del mattino i bambini sono in classe e svolgono le diverse attività.
Ma quando arriviamo davanti alla porta della classe quarta, qualcosa di nuovo mi colpisce. Attaccato alla porta leggo il cartello rivolto a tutti quelli che passano lì davanti e che ricorda che se c’è confusione è perché i bambini stanno vivacemente imparando. Penso “Che bello!” Finalmente qualcuno capisce quanto la creatività rumorosa dei bambini non sia solo una questione di educazione, ma sia un meraviglioso fermento inarrestabile che non va sempre ridotto al silenzio. Dentro di me sta già cambiando qualcosa, sono ancora più felice di essere li. Poi bussiamo, si apre la porta e ne esce una maestra che con un foglio in mano, frettolosamente ma con un sorriso, ci dice che dobbiamo aspettare perché sta finendo di leggere un componimento di uno dei suoi bambini.
“Che bello!” Esclamo ancora dentro di me. Non mi offendo che mi fa aspettare, anzi avrei voluto anch'io ascoltare quel tema che Enrica, la maestra della classe quarta, aveva ritenuto così importante da non poterlo interrompere per accoglierci!
Solo più tardi mi rendo veramente conto di come la maestra Enrica ritenga davvero tutti i pensieri e tutte le emozioni dei suoi alunni sinceramente importanti. Sono contenta di aver portato proprio quel libro intitolato Saltainmente perché sottolinea come quello che balza nelle teste dei bambini sia meraviglioso e da ascoltare sempre, proprio come fa quella maestra.
Quando io e la mia collega Monica ci presentiamo in classe c’è silenzio, tutti i bambini sgranano gli occhi e ascoltano con attenzione. Avevamo chiesto di proiettare delle video storie ma davanti allo schermo c’era ancora la cartina geografica dell’Italia. Di nuovo intuisco che non siamo proprio in una classe qualsiasi; la cartina geografica era servita per far vedere Venezia e la regione da dove venivamo. Ma tutta l’aula emanava un’affascinante energia: banchi disposti a isole, tanti libri accatastati in ordine, cartelli e disegni appesi dappertutto...
Potrei proseguire a lungo e descrivere come tanti dei principi pedagogici che riempiono i testi sulla scuola siano così semplicemente, chiaramente e brillantemente realizzati.
Mi colpisce uno dei tanti disegni che riunisce in modo originale una mappa concettuale, calligrammi, giochi di immagini e parole, poesie, acrostici: un cuore con al centro la scritta unione, un albero con la parola forza sulle radici, legame sul tronco e conquista sulla chioma.
Non a caso, e per fortuna, il totale silenzio dura poco e lascia lo spazio alle voci, alle domande, agli sguardi, alle richieste dei veri protagonisti. I bambini sono tanti, ognuno avrebbe bisogno di uno spazio proprio, una considerazione particolare, una continua attenzione alle sue richieste. In una classe numerosa e diversificata, diciamolo chiaramente, è davvero difficile. Io era là per una mattinata ma loro, con la loro maestra Enrica erano là insieme tutti i giorni. I bambini portano naturalmente a scuola anche molto di quello che vivono fuori; chiedono uno spazio per le loro sensazioni, per le loro idee, per le loro difficoltà e per le loro emozioni a volte incomprensibili; chiedono un tempo per loro, ma sono in tanti e spesso è davvero difficile accogliere quasi contemporaneamente tutte queste richieste.
In quella classe però si respirava un’aria piena e ricca.
Leggo le storie, organizziamo il laboratorio creativo per la realizzazione di un videoclip e i bambini divisi in gruppi, iniziano a inventare. Non è proprio corretto dire “divisi”, meglio usare il termine organizzati.
Si, perché per l’ennesima volta emerge tutto il prezioso lavoro che la maestra Enrica ha fatto fino al mio arrivo. In ogni gruppo ci sono dinamiche diverse: i più esperti in computer si mettono subito davanti a schermo e mouse, i più sicuri propongono come procedere con la scelta di immagini e parole, i più timidi osservano ma partecipano.
Qualche discussione viene gestita all'interno del gruppo, qualche regola viene ricordata dagli stessi bambini per non creare dissapori. Ognuno a modo proprio dà un contributo per la realizzazione della storia. I bambini raccontano di cosa “saltainmente” loro in certi momenti e cosa provano dentro il loro cuore, quando la maestra li guarda o quando devono fare una verifica, quando invece di seguire la lezione la loro mente vaga con la fantasia o quando suona la campanella per la ricreazione.
Giro per i gruppi e mi siedo vicino a loro: sento le loro vibrazioni, sento la loro vitalità. Li guardo e loro mi guardano, mi chiamano, mi chiedono aiuto, stabiliscono subito un contatto come solo i bambini sanno fare con immediatezza e vivacità. Frammenti delle loro storie emergono dai loro discorsi. So che in molti casi sono storie di difficoltà, di dolore, di distanza, di sofferenza. Ora non c’è più silenzio e i bambini si muovono per cambiare di posto e provare tutti i ruoli che l’attività richiede, si agitano per far valere i loro punti di vista, si impegnano per trovare una soluzione in caso di indecisioni.
Penso allora a mio figlio, quanto a lui sarebbe piaciuto poter frequentare una classe come quella; penso a quanto tempo la maestra Enrica abbia dedicato a insegnare loro un metodo per affrontare i problemi, della scuola e poi della vita. Penso che non c’è programma scolastico o nozione che sia più importante di quanto stia facendo con questi bambini. Alla fine le storie sono pronte. Le guardiamo sul grande schermo. Di nuovo è tornato il silenzio. Guardo i video ma, senza farmi vedere, guardo le facce dei bambini: sprizzano entusiasmo, energia, voglia di far vedere la loro creazione, desiderio di condividere la loro opera.
La maestra Enrica in tutta la mattinata è sempre stata con noi, con una tolleranza al caos creativo, con una disponibilità alle mille richieste di attenzione, con una dolcezza e una fermezza incredibili.
Non è stata per me una giornata qualunque. Tornando a Venezia mi sono portata un sacco di cose dalla Sardegna; era la prima volta che ci andavo e ora vorrei tornarci ancora. Non solo per le belle città che ho visitato, non solo per i paesaggi e le gustose specialità che ho assaggiato; vorrei reincontrare quella mamma Isabella che tutti i giorni si impegna con i suoi figli e cerca di contribuire in prima persona a quel dialogo educativo fra scuola e famiglia di cui tanto si parla; vorrei progettare con la maestra Enrica attività, iniziative, progetti da diffondere in tutta Italia per dimostrare che c’è chi sul campo realizza una scuola accogliente e stimolante per tutti i bambini, anche nelle difficoltà, con le poche risorse ma con le tante idee; vorrei chiacchierare con la mamma che all'uscita da scuola si è commossa per i nostri complimenti sulla figlia e soprattutto vorrei ritrovare Sebastian e gli altri bambini che mi hanno regalato e insegnato, come dice un bellissimo libro intitolato proprio "I bambini ci insegnano", dello psicologo Piero Ferrucci, la loro verità, la loro innocenza, la loro originalità e la loro bellezza.
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