AD ALTA VOCE
Qualche giorno fa ho avuto occasione di leggere la lettera aperta che seicento docenti universitari hanno indirizzato alla Ministra dell’Istruzione, avente ad oggetto il declino dell’italiano nella scuola.
Che dire, che rispondere... che imbarazzo...
Per prima cosa mi piacerebbe capire a quale tipo di scuola si rivolgono e si riferiscono quelle parole; continuo a leggere e scopro che i docenti universitari, quali linee di intervento, propongono: dettati ortografici, riassunti, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale, scrittura corsiva a mano...oltre a verifiche nazionali periodiche quale incentivo per il bambino a fare del proprio meglio...
Leggo, rileggo, ma non riesco a scrollarmi di dosso una sensazione di disagio, avverto come qualcosa che stride, perché nella mia seppur piccola realtà, ovunque mi giro non faccio altro che sentire di bambini carichi di compiti, tanti, troppi, e di quaderni fitti - appunto - di dettati ortografici, riassunti, comprensioni del testo, analisi grammaticale e quant'altro.
Probabilmente c’è qualcosa che non funziona se quello che i docenti universitari propongono è esattamente ciò che avviene nella maggior parte delle scuole, ma che non produce il risultato sperato.
Neppure le verifiche periodiche con tanto di voti e disegni gratificativi, evidentemente, sono sufficienti ad invogliare il bambino ad impegnarsi tanto da garantire quello standard qualificato di italiano che i docenti richiedono e auspicano.
Ciononostante conosco almeno una classe, nella mia piccola città, dove una maestra fin dalla prima elementare ha deciso di perdere del tempo prezioso per leggere ad alta voce ai suoi bambini i libri, tanti libri, libri sulle emozioni, libri con risvolti storici importanti, libri più o meno impegnati ma sempre mirati... al confronto sul testo, al dialogo sullo stile della narrazione, allo scambio di idee, nel tentativo di generare in loro uno spirito critico.
Peccato che l'attività di Aula Aperta sia rivolta esclusivamente ai genitori degli alunni, e non possa invece essere aperta a tutti, mi sarebbe piaciuto che quei seicento docenti universitari – sabato, 18 febbraio - avessero ascoltato il racconto totalmente inventato e scritto da Alessia e Chiara, due bambine di quarta elementare che, oltre alla singolare idea della trama, hanno saputo articolare e raccontare, con dovizia di particolari e in un italiano davvero maturo e consapevole, una loro storia. Letta ad alta voce di fronte a una classe silenziosa e attenta.
Gli stessi docenti avrebbero, altresì, potuto apprezzare con quale prontezza la maestra ha colto le poche imprecisioni del testo per farne spunto teso a rinforzare e dare spazio all'analisi grammaticale, anche nel giorno in cui l’orario scolastico non prevedeva specificamente quella materia.
Vorrei raccontar loro, che la scoperta della lettura, fatta anche attraverso il costante racconto a voce alta, così come la volontà di partecipare sistematicamente al “Festival Tutte Storie” - che comporta l’invito della maestra rivolto ai bambini (come unico impegno estivo) a leggere durante l'estate il libro su cui gli stessi bambini si dovranno confrontare direttamente con lo scrittore - ha, secondo me, contribuito a sviluppare la creatività di quelle bambine, stimolandone la prosa più di qualsivoglia dettato o riassunto.
Ritengo, infatti, che la lettura dei libri, non solo nell'esercizio fine a se stesso, ma soprattutto se rivolta ai bambini e svolta metodicamente e a voce alta, è la vera artefice di un uso corretto della lingua italiana, sia nel lessico che nello scritto.
In ragione di questa considerazione non c’è notte che mia figlia Anna si abbandoni al sonno senza godere di una semplice lettura da parte mia.
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