Dopo tanti anni, ricondivido con grande piacere questa riflessione di Aida Dattola, pubblicata nel 2008 (ormai più dieci anni anni fa...) su www.educare.it.
Una condivisione che dedico ancora una volta a tutti coloro che, nonostante gli scenari, sono onorati dell'appellativo di "maestro" e si impegnano perché i bambini, le famiglie e la società possano guardare con fiducia a questa importante figura.
Una condivisione che dedico ancora una volta a tutti coloro che, nonostante gli scenari, sono onorati dell'appellativo di "maestro" e si impegnano perché i bambini, le famiglie e la società possano guardare con fiducia a questa importante figura.
Di Aida Dattola, maestra di scuola primaria
In un mondo in rapida evoluzione è normale che anche certe parole vengano fagocitate dai processi innovativi ed accantonate come “desuete”. Dov’era finito il maestro di quella che, in un tempo non tanto lontano, si chiamava scuola elementare? Soppiantato dalla nuova figura del docente, cioè di colui che insegna…Eppure è bastato un recente decreto ministeriale per farlo tornare alla ribalta e per animare un acceso dibattito sulle future prospettive della scuola legate alla sua “riesumazione”.
L’explicatio terminorum è fondamentale per ridefinirne ruolo e professionalità: analizzando l’etimologia del termine “maestro” dovremmo, noi che apparteniamo alla categoria, sentirci orgogliosi di esserlo. “Maestro” deriva, infatti, dal latino “magister” (da magis, di più); in ebraico maestro è “rabbi”, che significa “grande” ed in sanscrito “guru”, pesante di dignità e prestigio…
Il maestro è, dunque, colui che guida, spiana il cammino; un compito delicato il suo, caratterizzato dalla piena condivisione di ciò che insegna. Il vero maestro, infatti, è colui che dapprima cerca di migliorare se stesso e poi indirizza il proprio intervento sugli altri.
La storia della pedagogia ci insegna che i veri maestri sono coloro che sanno instaurare un rapporto relazionale significativo con l’alunno e rappresentano per lui un valido modello di riferimento. Per essere maestri occorre, quindi, avere un ideale di vita e, attraverso l’insegnamento e l’esempio, produrre nell’alunno il desiderio di condividerlo. Perché nessun maestro può imporre, ma nel rispetto della libertà individuale, deve solo condurre per mano l’allievo sui sentieri della vita, indirizzare e non coercizzare, condividere e non imporre. (...)
Fondamentale è sempre la relazione educativa e la trasmissione del cosiddetto “curricolo implicito”, che è il patrimonio personale di ogni insegnante, più o meno inconsciamente proposto agli alunni. Vivere il mondo della scuola con passione, cercando di tenere ben saldi i punti cardine del proprio operare, è la premessa indispensabile per sentirsi maestri a pieno titolo. Avvertire l’entusiasmo del coinvolgimento, la consapevolezza che spesso i bambini ti guardano per scrutare il tuo comportamento e tu non puoi tradirli perché faresti del male a te stesso e a loro; comprendere che anche una parola fuori posto può ferire un alunno ed aver coscienza del fatto che nelle gioie e nelle fatiche di ogni giorno di scuola si realizza un incontro tra anime: questi sono i nostri delicati ed autorevoli compiti. Rappresentiamo dei modelli di riferimento e non dobbiamo mai dimenticarlo: è questa la grandezza del nostro ruolo e l’impegno che ci deve animare è quello di cercare di migliorare sempre noi stessi per rendere migliori i nostri alunni.
La fase critica che investe la nostra scuola rende necessaria una rivalutazione del ruolo insegnante: maestri si può diventare con l’impegno costante, la ricerca e soprattutto la chiarezza degli obiettivi che si vogliono perseguire. (...)
Il nostro ruolo è determinante ai fini della formazione della personalità degli alunni e noi non possiamo prescindere dall’ascolto, dal rispetto dei tempi, dei ritmi e dei modi di apprendimento di ciascun alunno: garantire una presenza stabile è anche utile per creare un clima sociale positivo e disteso, nel quale sia data ad ognuno la possibilità di esprimersi e di sentirsi compreso. La scuola, per espletare al meglio il suo compito, ha bisogno di maestri che lo siano anche di vita, che aiutino il bambino a fare del sapere il mezzo per vivere meglio con se stessi e con gli altri, per costruire una società più giusta e più a misura d’uomo,sempre orientati da alti valori. Più è tempestivo l’intervento, più immediati saranno i risultati. I maestri della scuola elementare, non solo quella di deamicisiana memoria, ma anche quelli di più recente generazione (cito, fra tutti, il maestro Gianni Rodari) sono quelli che insegnano agli alunni a vivere semplicemente con il loro esempio e la loro gioia. Non dimentichiamo che i bambini, anche se sono cambiati, sono sempre bambini e riescono ancora a stupirsi e a fantasticare: non dobbiamo uccidere i loro sogni, la loro voglia di crescere e di imparare, di scoprire e di fare…non dobbiamo dimenticare che le loro tappe evolutive devono essere rispettate senza inutili “bombardamenti culturali”.
La scuola primaria è la scuola dell’accoglienza e del dialogo, dell’approccio al sapere intenzionale e motivato, della socializzazione e della creatività; ha bisogno di guide serene e motivate, che riaffermino la loro dignità nell’azione sinergica con le famiglie, che tanto più ci apprezzano quanto più siamo capaci di far comprendere la dignità del nostro ruolo e il rispetto per il nostro operato.
La storia è maestra di vita e ciò che di positivo ci ha offerto il passato deve essere rivisto alla luce dei cambiamenti sociali con gli opportuni adeguamenti, ma con la precisa consapevolezza che i bambini hanno bisogno di saldi punti di riferimento. L’importanza di chiamarsi “maestro” è, dunque, motivo di orgoglio per chi ancora crede in questo ruolo.
In un mondo in rapida evoluzione è normale che anche certe parole vengano fagocitate dai processi innovativi ed accantonate come “desuete”. Dov’era finito il maestro di quella che, in un tempo non tanto lontano, si chiamava scuola elementare? Soppiantato dalla nuova figura del docente, cioè di colui che insegna…Eppure è bastato un recente decreto ministeriale per farlo tornare alla ribalta e per animare un acceso dibattito sulle future prospettive della scuola legate alla sua “riesumazione”.
L’explicatio terminorum è fondamentale per ridefinirne ruolo e professionalità: analizzando l’etimologia del termine “maestro” dovremmo, noi che apparteniamo alla categoria, sentirci orgogliosi di esserlo. “Maestro” deriva, infatti, dal latino “magister” (da magis, di più); in ebraico maestro è “rabbi”, che significa “grande” ed in sanscrito “guru”, pesante di dignità e prestigio…
Il maestro è, dunque, colui che guida, spiana il cammino; un compito delicato il suo, caratterizzato dalla piena condivisione di ciò che insegna. Il vero maestro, infatti, è colui che dapprima cerca di migliorare se stesso e poi indirizza il proprio intervento sugli altri.
La storia della pedagogia ci insegna che i veri maestri sono coloro che sanno instaurare un rapporto relazionale significativo con l’alunno e rappresentano per lui un valido modello di riferimento. Per essere maestri occorre, quindi, avere un ideale di vita e, attraverso l’insegnamento e l’esempio, produrre nell’alunno il desiderio di condividerlo. Perché nessun maestro può imporre, ma nel rispetto della libertà individuale, deve solo condurre per mano l’allievo sui sentieri della vita, indirizzare e non coercizzare, condividere e non imporre. (...)
Fondamentale è sempre la relazione educativa e la trasmissione del cosiddetto “curricolo implicito”, che è il patrimonio personale di ogni insegnante, più o meno inconsciamente proposto agli alunni. Vivere il mondo della scuola con passione, cercando di tenere ben saldi i punti cardine del proprio operare, è la premessa indispensabile per sentirsi maestri a pieno titolo. Avvertire l’entusiasmo del coinvolgimento, la consapevolezza che spesso i bambini ti guardano per scrutare il tuo comportamento e tu non puoi tradirli perché faresti del male a te stesso e a loro; comprendere che anche una parola fuori posto può ferire un alunno ed aver coscienza del fatto che nelle gioie e nelle fatiche di ogni giorno di scuola si realizza un incontro tra anime: questi sono i nostri delicati ed autorevoli compiti. Rappresentiamo dei modelli di riferimento e non dobbiamo mai dimenticarlo: è questa la grandezza del nostro ruolo e l’impegno che ci deve animare è quello di cercare di migliorare sempre noi stessi per rendere migliori i nostri alunni.
La fase critica che investe la nostra scuola rende necessaria una rivalutazione del ruolo insegnante: maestri si può diventare con l’impegno costante, la ricerca e soprattutto la chiarezza degli obiettivi che si vogliono perseguire. (...)
Il nostro ruolo è determinante ai fini della formazione della personalità degli alunni e noi non possiamo prescindere dall’ascolto, dal rispetto dei tempi, dei ritmi e dei modi di apprendimento di ciascun alunno: garantire una presenza stabile è anche utile per creare un clima sociale positivo e disteso, nel quale sia data ad ognuno la possibilità di esprimersi e di sentirsi compreso. La scuola, per espletare al meglio il suo compito, ha bisogno di maestri che lo siano anche di vita, che aiutino il bambino a fare del sapere il mezzo per vivere meglio con se stessi e con gli altri, per costruire una società più giusta e più a misura d’uomo,sempre orientati da alti valori. Più è tempestivo l’intervento, più immediati saranno i risultati. I maestri della scuola elementare, non solo quella di deamicisiana memoria, ma anche quelli di più recente generazione (cito, fra tutti, il maestro Gianni Rodari) sono quelli che insegnano agli alunni a vivere semplicemente con il loro esempio e la loro gioia. Non dimentichiamo che i bambini, anche se sono cambiati, sono sempre bambini e riescono ancora a stupirsi e a fantasticare: non dobbiamo uccidere i loro sogni, la loro voglia di crescere e di imparare, di scoprire e di fare…non dobbiamo dimenticare che le loro tappe evolutive devono essere rispettate senza inutili “bombardamenti culturali”.
La scuola primaria è la scuola dell’accoglienza e del dialogo, dell’approccio al sapere intenzionale e motivato, della socializzazione e della creatività; ha bisogno di guide serene e motivate, che riaffermino la loro dignità nell’azione sinergica con le famiglie, che tanto più ci apprezzano quanto più siamo capaci di far comprendere la dignità del nostro ruolo e il rispetto per il nostro operato.
La storia è maestra di vita e ciò che di positivo ci ha offerto il passato deve essere rivisto alla luce dei cambiamenti sociali con gli opportuni adeguamenti, ma con la precisa consapevolezza che i bambini hanno bisogno di saldi punti di riferimento. L’importanza di chiamarsi “maestro” è, dunque, motivo di orgoglio per chi ancora crede in questo ruolo.
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