venerdì 20 novembre 2015

Noi genitori: Comprendere è difficile, conoscere è necessario

Qualche giorno fa, nel post di maestra Enrica, abbiamo letto come i nostri bambini, lunedì, hanno aperto la loro porta, quella della loro classe. Segno di accoglienza e solidarietà, segno di voler rivolgere il loro cuore verso le cose del mondo, verso i drammatici avvenimenti accaduti a Parigi.
Così, quel mondo, accompagnato da maestra Enrica, ancora una volta è potuto entrare in aula, accolto dalla curiosità, dalla sensibilità, dalle emozioni e soprattutto dalle domande attente e precise dei bambini. 
Poi, come capita spesso, quel mondo viene portato a casa e la riflessione vissuta insieme ai compagni e alla maestra diventa riflessione per tutta la famiglia. 
Tutto viene raccontato, ripercorso e spiegato, partendo proprio dalle domande.
- Perché quelle persone vogliono uccidere? Perché lo fanno? Quelle persone senza anima le possiamo incontrare ovunque? Perché è così difficile capire che la diversità è ricchezza? Chi può fermare tutto questo che sta accadendo? Io posso? Perché nel loro cuore c’è tanto odio e cattiveria? Perché non capiscono che stanno uccidendo il futuro, il nostro futuro? Per fermare quelle persone, altre persone dovranno ucciderle? Allora, come si può dimostrare e far capire che uccidere è sbagliato? Perché quelle persone dicono di uccidere in nome di Dio, se Dio è amore?
Non so quante di queste domande siano state affrontate in classe, e quante siano sopraggiunte mentre mio figlio mi racconta, so solo che ascoltandolo, con grande commozione e meraviglia mi rendo conto che tutte le risposte le ha già trovate in classe, in un dialogo e confronto aperto, vero, sincero, semplice e rassicurante, dove la maestra ha semplicemente e delicatamente accolto e guidato la riflessione di tutti, i sentimenti, le emozioni, i pensieri di ciascun bambino. Nessuno giudica, nessuno condanna, ma tutti insieme cercano di capire…fin dove sia possibile farlo…
E proprio perché la riflessione di classe diventa riflessione per tutta la famiglia, ecco giungere un’altra domanda.
- Un giorno, tutto questo potrà mai finire?
- Non lo so. L’unica certezza che ho è quella che non dobbiamo farci vincere dalla paura, che non dobbiamo mai perdere la fiducia e la convinzione che il mondo può camminare verso l’unità, e superare gli scontri e la violenza. Confidare che un giorno si possa raccogliere il grido di dolore e la rabbia di questa umanità e trasformarli in nuova speranza. Credere nella via del dialogo, dell’accoglienza e del rispetto dell’altro, chiunque esso sia e di qualunque provenienza, credo religioso e appartenenza etnica. Questa si chiama tolleranza, si chiama convivenza: rispettare le idee altrui, capire prima di discutere, discutere prima di condannare. Per farlo dobbiamo partire prima di tutto da noi stessi, dalle nostre azioni quotidiane, a casa, a scuola, con gli amici.
Io non posso garantirti che un domani tutto questo finirà, la vita è sempre un rischio. Posso però insegnarti che spetta a tutti noi salvaguardare un futuro di speranza, un futuro desiderabile. Ripeto, la speranza è l’unica vera eredità che io possa lasciarti. E lo voglio fare già da ora.
Allora grazie maestra Enrica, che quel mondo possa trovare sempre la porta aperta della nostra aula e che possa trasferirsi nelle nostre case, perché a volte comprendere è tanto difficile, ma conoscere è davvero necessario.

1 commento:

  1. Isa bello come sempre quello che scrivi. Condivido pienamente. La cosa essenziale è dialogare con i nostri bambini, ascoltare e rispondere alle loro domande con semplicità rassicurandoli e trasmettendo loro il senso del futuro e della vita che, nonostante i problemi, va avanti. E come dici tu non possiamo dire e garantire ai nostri figli che tutti questi atti terroristici gravi non accadano più, possiamo sperare nella solidarietà e fraternità che devono essere le sole risposte a questo tipo di violenza, soprattutto in una società multiculturale come la nostra.
    Debora Cavalli

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